Era il marzo 2001 quando nei negozi di dischi (sigh) usciva Gorillaz, primo splendido disco dell'omonimo progetto creato da Damon Albarn e Jamie Hewlett. Se all'epoca mi avessero detto che quasi vent'anni dopo la cartoon band, partorita inizialmente come un semplice divertissement dal frontman dei Blur, avrebbe pubblicato il settimo album in studio probabilmente non ci avrei creduto. Eppure, nonostante nel mondo ne siano successe di tutti i colori in questo lasso di tempo, i Gorillaz sono ancora tra noi e il 23 ottobre hanno pubblicato Song Machine, Season One: Strange Timez.

Song Machine, Season One: Strange Timez, fin dalle premesse, ha le sembianze di un mostro mitologico. Un progetto enorme, in grado di trascendere il piano puramente musicale. Non è solamente un album di canzoni, ma è anche una web-series - oltre che una serie di fumetti e, prossimamente, un film animato. Le avventure di 2-D e soci, dal primissimo video Tomorrow Comes Today, sono state sempre caratterizzate da un fil rouge, ma questa volta Albarn e Hewlett si sono spinti un po' più in là creando una vera e propria serie. E come succede spesso, anche la serie TV dei Gorillaz ha, al suo interno, tantissimi cameo: slowthai, Beck, St. Vincent, Robert Smith, Elton John, Peter Hook sono solo alcuni dei nomi che hanno preso parte al progetto. In totale, lungo l'intero disco conteremo ben 24 ospiti. Da questo punto di vista, anche la campagna promozionale è stata influenza da questa serializzazione, tramite la pubblicazione di singoli e video musicali (o forse dovremmo dire episodi?) a cadenza mensile. L'uscita, infine, di Song Machine, Season One: Strange Timez può essere quasi considerata come il season finale. Com'è, quindi, questa prima stagione di Song Machine?
Bottled water world, surgical glove world, beach washing world
I'm twitching in the grimy heat, I think I might be spinning
The unicorn degrading, no horseplay, no diving
Cuttin' grass with scissors, whilst the great leaders
Il disco parte subito forte con Robert Smith e Strange Timez, un brano che fonde le atmosfere goth tipicamente a là Cure a un accompagnamento di synth ipnotici. Una traccia che urla 2020 da tutte le parti, tra guanti in lattice, cambiamenti climatici e riferimenti a particolari metodi per combattere il COVID-19 proposti da noti politici (ehm Donald Trump ehm). Insomma, sono proprio strange times. Nella successiva The Valley Of The Pagans, la presenza del nostro loser preferito Beck si amalgama talmente bene che sembra quasi che abbia sempre fatto parte della gruppo. Se la malinconica The Lost Chord scivola via senza alcun sussulto, Pac-Man ha il grande merito di farci risvegliare subito dal momentaneo torpore. Eh sì, perché mentre 2-D e ScHoolboy Q si dividono la scena immaginando di vivere all'interno di un videogame, noi veniamo immediatamente trasportati alle atmosfere di Plastic Beach - probabilmente l'apice nella carriera dei Gorillaz.
Uno dei punti di forza di questa prima stagione si riscontra sicuramente nell'abilità di Albarn nel far sentire a proprio agio gli ospiti d'onore. Non è un caso se i brani più a fuoco sono quelli in cui le guest star donano il proprio tocco personale alle tipiche produzioni R&B/trip hop a cui ci hanno abituato i Gorillaz. A tal proposito, la tripletta The Pink Phantom, Aries e Friday 13th rende esplicito questo concetto: la prima, grazie allo strano duo Elton John e 6LACK è una ballata baroque-trap (termine appena coniato) in cui il carisma del Baronetto si alterna all'auto-tune del rapper statunitense. Nella seconda, invece, i Gorillaz giocano a fare i New Order e il velenoso giro di basso di Peter Hook ci riporta direttamente al 1983. Chiude il trittico il dub di Friday 13th in compagnia di Octavian, artista che già avevamo già apprezzato con i Blaze. Non tutti gli ospiti brillano e, purtroppo, era lecito aspettarsi molto di più dalla collaborazione con St. Vincent in Chalk Tablet Towers, un brano anonimo in cui la presenza di Annie Clark è quasi sprecata.

Se volessimo rimanere in ambito seriale Dead Butterflies, Désolé e Momentary Bliss sarebbero un po' come gli ultimi tre episodi di Breaking Bad, avete presente? Ecco, forse il paragone è un po' azzardato, ma non stupisce la scelta di Albarn di inserirli in coda al disco. Si tratta di tre brani ben differenti, ognuno con le proprie peculiarità, ma in grado di chiudere alla grande la prima stagione di Song Machine e lasciandoci con un discreto hype per la successiva. Dead Butterflies è una delicata ballata R&B in cui 2-D racconta di una relazione fallita, di come sia stato abbandonato nel momento del bisogno e di come si senta appunto una dead butterfly; in un periodo storico in cui viaggiare non è più così scontato, l'uptempo di Desolé - impreziosito dalla presenza della cantante maliana Fatoumata Diawara - ci teletrasporta in un'Africa piena di speranza e colori. slowthai e gli Slaves, infine, sono i grandi protagonisti nella conclusiva Momentary Bliss, un irresistibile brano ska-punk che esplode nella seconda parte grazie alla contagiosa follia del rapper di Northampton e di 2-D.
L'album, teoricamente, non sarebbe terminato qui perché sulle piattaforme di streaming è presente la deluxe version con sei tracce aggiuntive. I Gorillaz - anche in questo caso - vengono accompagnati da ospiti illustri, come Joan As A Police Woman, Unknown Mortal Orchestra, JPEGMAFIA, Tony Allen e Skepta: possiamo affermare, senza remore alcuna, che questi brani non aggiungono pressoché nulla a ciò che abbiamo ascoltato nelle precedenti undici canzoni. Anzi, al contrario, il rischio è quello di stancare l'ascoltatore, con un album eccessivamente lungo e con qualche episodio filler.
In definitiva, dopo un'ora e cinque minuti, qual è il giudizio su Song Machine, Season One: Strange Timez? Nonostante l'eccessiva lunghezza. come detto poc'anzi, e la presenza quasi sprecata di alcuni ospiti, il settimo album in studio dei Gorillaz è un disco godibile e variegato in cui il trip hop e l'R&B tipici della virtual band vengono contaminati da altri differenti generi: dalla new wave al punk, dal dub alla trap. Albarn e Hewlett sono ben consci del fatto che l'hype nei confronti della loro creatura non sia più quello di un tempo e, probabilmente, la scelta di un progetto audiovisivo che coinvolgesse altri media e innumerevoli artisti è da inquadrarsi in quest'ottica. A fronte di tutto ciò, ascoltando questa prima stagione di Song Machine sembrerà di trovarsi sulle montagne russe: una giostra in cui, non si viene solamente sballonzolati da una parte all'altra, ma dove si compiono anche un paio di giri della morte.
Insomma, dopo quasi vent'anni, 2-D, Noodle, Murdoc e Russell sanno ancora come farci divertire. Con la speranza che la seconda stagione sia ancora meglio.