11 ottobre 2015

Differenze tra un concerto a 15 anni e uno a 30

Premessa: chi scrive di anni non ne ha né 15 né 30, bensì 22, numero che, per ironia della sorte, si trova proprio a metà tra gli altri due. Perché, dunque, non trarre vantaggio dalla posizione privilegiata di quest’età dell’oro per gettare uno sguardo sui secoli bui? La definizione dei  15 e dei 30 anni come secoli bui può sembrarvi eccessiva ma è un modo per a) infarcire la frase con una bella figura retorica per sembrare più intelligente e b) mettere in luce gli aspetti effettivamente negativi di questi due traguardi traumi di vita. Per citarne alcuni: le mode imbarazzanti che seguivate per sentirvi parte del gruppo a 15 anni, il rendersi conto di essere ormai a metà della propria vita avendo fatto 1/3 delle cose che si volevano fare a 30. Per elencarli tutti, specialmente gli scheletri nell’armadio della vostra adolescenza, servirebbero 50 pagine. Magari un’altra volta...

Tante cose cambiano nel corso degli anni, per tutti i casi umani, musicomane incluso: se a quindici anni avevate in camera dieci poster del vostro gruppo preferito e la notte sognavate di sposarne uno dei membri (è inutile che neghiate), a trenta – si spera – i muri di camera vostra sono intonsi e i vostri sogni hanno altri protagonisti. C’è una cosa però che il vostro Io quindicenne ha in comune con il vostro Io trentenne: la passione per i concerti. Vediamo ora nel dettaglio come il fardello dell’età che avanza incide sul modo di vivere la musica dal vivo (in altre parole: preparatevi a rivivere il disagio dei vostri quindici anni e ad immaginarvi ancora concertari a trenta).

 

1. L’ATTESA

10948713_959381000741272_1151465046_n
Google immagini ci offre questo esempio di countdown in stile art attack per il concerto dei 5 Seconds of Summers. Non so voi, ma all'epoca i miei erano più spartani

 A 15 anni il concerto era visto come un eventone, la cui importanza era pari solo alle vacanze estive.
Si partiva col lavaggio del cervello ai genitori, spesso vittime sacrificali costrette a fare da accompagnatori-sostenitori-portapanini-rompiballe, costretti a dirvi di si per dire no all’esaurimento nervoso. Si passava poi all’ossessivo countdown su calendari, diari, telefoni: il conto dei giorni che vi separavano dall’attesissimo evento era il primo pensiero la mattina assieme alla colazione. Quando arrivava il fatidico giorno, anche i cugini di quinto grado e la cassiera del supermercato di fiducia sapevano dove ti trovavi.

A 30 anni, di fronte all’imminente annuncio di un concerto, si pregano gli dei affinché il giorno del suddetto evento vada ad incastrarsi perfettamente nell’agenda tra i mille impegni. Se va di fortuna, lo si segna sul calendario con soddisfazione e i mesi passano alla velocità della luce per poi esclamare: "ah ma domani c’è il concerto! Quasi mi dimenticavo!"
N.B. E’ sempre meglio segnarselo sul calendario e sull’agenda, altrimenti si potrebbe confondere il giorno della piscina dei bambini con quello del concerto.

 

2. I SOLDI
A 15 anni si dovevano mettere da parte le mance di Natale/Pasqua/Compleanno ("paghetta" è un concetto sconosciuto alla sottoscritta) nella speranza di un possibile concerto. La bancarotta era uno stile di vita, soprattutto quando i concerti a cui andare erano troppi.

Amico random: "Usciamo stasera?"
Io: "Ehm no non mi sento tanto bene, scusami..."

Tutto ciò perché 10euro x 3 bidoni tirati = un biglietto. Chissene della vita sociale, gli amici si incontrano anche in transenna.

A 30 anni i soldi, si spera, non sono un problema. Il lavoro comporta tanta fatica, ma anche la soddisfazione di aver guadagnato dei soldi che verranno spesi come meglio si crede. E allora vai, 5 date dello stesso tour di una band. Poco importa che sentiate la voce di vostra madre – o della vostra coscienza – che vi sussurra "ma non ti sembra di esagerare?!". NO. I soldi sono vostri, se spenderli così vi rende felici ben venga. E poi seguendo una band in tour fate anche girare l’economia di più paesi, scusate se è poco.

3. I VIAGGI
A 15 anni andare ad un concerto all’estero era pressoché un’impresa titanica. Solo l’idea di dover avanzare la richiesta ai genitori faceva venire i brividi anche all’adolescente più impavido e sfacciato. Poco importava che ci si arrendesse in partenza o che si proseguisse nell’impresa: la percentuale di fallimento era pari al 99%. Pochi erano quei genitori il cui animo si inteneriva di fronte all’importanza che i loro figli quindicenni  attribuivano al vedere dal vivo il loro cantante preferito.
(Un grazie ai miei genitori, vvb. Oggi dopo tanti anni sono io che mi intenerisco vedendo i vostri volti rassegnati di fronte alle parole "compro i biglietti per andare a sentire X a Timbuctù" che pronuncio regolarmente).

A 30 anni andare all'estero per un concerto è più semplice. Se siete fortunati, basta avere due cose:
1. dei giorni di ferie che siete disposti a sottrarre alla vacanza al mare estiva;
2. dei genitori comprensivi a cui sbolognare i vostri ipotetici figli per qualche giorno cacciando la scusa di un bel viaggio di lavoro.
Se siete sfortunati, siete voi nel ruolo di genitori assillati e, memori della vostra esperienza da ragazzi, contribuirete a ridurre il tasso di fallimento di cui parlavamo sopra.

 

1960 con i Beatles 2012 con i One Direction; I tempi cambiano, il disagio delle fangirl resta.

4. LA TRANSENNA
A 15 anni si hanno l’energia e la determinazione sufficienti per allestire accampamenti all’alba di fronte al luogo dell’evento, si sopportano con facilità i morsi della fame e il freddo e, all’apertura dei cancelli, poco importa se dal palco vi separano una corsa in salita (fatto), 100 gradini (fatto) o ostacoli umani (fatto): si hanno le ali ai piedi, Forrest Gump come spirito guida e non ci si ferma di fronte a niente e a nessuno. Il rispetto per l’altro è un concetto relativo, se non del tutto inesistente: siete pronti a sacrificare la migliore amica che vi accompagna per essere anche solo 2 centimetri più vicini al vostro idolo artista preferito.

A 30 anni la transenna diventa una meta sempre più lontana e irraggiungibile, un po’ come la pensione. Non si hanno né il tempo, né la voglia, né amici pazzi quanto te disposti, dopo anni di sofferenze e traumi psico-fisici, ad accompagnarti nell’impresa. Last but not least, è il corpo il primo a ribellarsi alle idee malsane della mente: gli ostacoli prima riportati per la conquista della transenna che a 15 anni superavate come gazzelle diventano a 30 anni possibili cause di morte.
P.S.: a 20 anni, quelle volte in cui con grandi sacrifici riesco a conquistare la transenna, la frase è sempre quella: "non ho più l’età".

5. IL RAPPORTO CON GLI ARTISTI
A 15 anni il modo in cui ti vesti corrisponde alla musica che ascolti.  Ogni gruppo sociale vive il rapporto con i propri beniamini dal vivo in modo diverso. Le più provate a livello psicologico sono le ragazze, specie nei casi in cui il cantante è giovane e di bell’aspetto. Andare al concerto di una band/boyband significa – soprattutto per i poveri genitori– uscire dal luogo dell’evento e recarsi direttamente in un centro Amplifon. C’è una necessità quasi fisica di essere il più possibile vicino al proprio idolo, e gesti come uno scambio di sguardi o uno sfiorarsi con quest’ultimo vengono interpretati su una scala che va da dichiarazioni d’amore a vere e proprie promesse di matrimonio. La fase del fangirling è una costante nell’adolescenza delle ragazze, prima o poi se ne esce. Lentamente e con difficoltà, staccando un poster alla volta, ma se ne esce.

A 30 anni la musica che ascolti è diversa da quella che ascoltavi a 15 (si spera). I tuoi idoli non sono più nel tuo iperuranio personale per bellezza o simpatia, ma per il loro talento effettivo e per quello che hanno saputo fare nel corso della loro carriera. Vai ad un concerto e ti emozioni per quella canzone che magari non era in scaletta da anni, e che hai legato ad un ricordo o ad una persona in particolare. A 30 anni l’artista che vai a sentire non è un "idolo", ma è un compagno di vita, colui che probabilmente ha scritto parte della colonna sonora della tua vita. L’importante non è essere in prima fila a tutti i costi: l’importante è che la musica ti arrivi, alle orecchie e al cuore.

Amici, dopo tante parole al vento siamo giunti al termine della lista. Nella speranza che vi siate riconosciuti nella vostra vita, a tratti disagiata, da concertari adolescenti, fateci sapere se la situazione a trentanni è come quella descritta. Ci sentiamo in ogni caso di concludere questa riflessione constatando che forse l'età migliore per andare ad un concerto restano proprio i ventanni, sintesi di un fangirling moderato unito all'indipendenza e alla libertà dell'età adulta.