15 settembre 2017

Con Ludovico Einaudi non si rimorchia più

“E tu che musica ascolti?”
Quante volte durante la prima uscita con una ragazza siamo inciampati tra le infinite possibili risposte sbagliate a questa domanda? Lo sappiamo che dovremo arrivare a quel punto del discorso ma ancor meglio sappiamo che non saremo mai in grado di rispondere nel giusto modo per impressionarla.

Per fortuna Facebook ci dà la possibilità di stalkerare una persona prima di incontrarla, e allora possiamo già conoscere i gusti musicali della ragazza che di fronte a noi sta sorseggiando un caffe macchiato o - quando va meglio - una birra scozzese. La sua passione è per la musica meno conosciuta del pianeta: musicisti norvegesi di cui neanche siamo riusciti a leggere il nome, cantanti islandesi che cantano con parole inventate, un pianista armeno con 250 likes e che neanche i suoi genitori sono andati ad ascoltare al saggio di musica della quinta elementare.

A quel tavolino del bar ci sentiamo impreparati e sotto esame come mai prima d’ora, ma non possiamo permetterci di apparire goffi e titubanti sul tema musicale proprio alla prima uscita. Qualche volta però dobbiamo fare i conti con la realtà: il concerto di Ligabue in acustico a teatro è stato il live più impegnato a cui abbiamo partecipato, e ci siamo dovuti andare solo per accompagnare la nostra cuginetta di tredici anni.

D’altro canto sarebbe precipitevole anche la situazione opposta, cioè presentarci immediatamente millantando la passione per una musica ancor più ricercata e complessa. Parlare di Bach, Miles Davis o John Cage potrebbe essere una pessima mossa. Rischieremmo di dare il via ad una competizione tra chi dei due conosce la musica più articolata, e potremmo finire col mostrarci agli occhi di lei come l’antagonista che cerca di banalizzare i Concept album registrati nelle foreste finlandesi che tanto la fanno sentire alternativa. Serve quindi una strada intermedia, qualcuno famoso – ma non troppo - che suona musica poco mainstream, ma comunque molto orecchiabile. Quel genio di Giovanni Allevi è perfetto. Chi meglio di un pianista come Giovanni Allevi può farmi sembrare attraente sul tema musicale ai suoi occhi? Poi però mi ricordo che una sua musichetta è stata colonna sonora di una pubblicità della Fiat, allora forse è meglio rinunciare. È probabile che se ascolta tutto quell’indie, dream pop, alternative-hipster, ecological-pop, sia una di quelle ragazze che combatte contro il capitalismo e che vuole cambiare il mondo. Allevi non è abbastanza alternative per lei, o più semplicemente c’è buona probabilità che suo papà sia uno dei tanti operai licenziati da Marchionne. Meglio evitare in tutti i modi l’argomento.

Però non smetto di pensare ad Allevi, mi concentro sulla sua figura di pianista sopravvalutato e mi ricordo che vicino al suo stile musicale ci sono le melodie di Ludovico Einaudi, ma è questa la fregatura peggiore. Ludovico Einaudi possiede la straordinaria fortuna di assomigliare a Michael Nyman. Il suo carattere sempre sobrio ed elegante e lo sguardo serio e concentrato sono le caratteristiche che gli permettono di fare concerti ovunque.

Ludovico Einaudi
Michael Nyman

 

 

 

 

 

 

 

Ludovico Einaudi non rimane rinchiuso dentro le playlist di youtube che ascoltavamo mentre facevamo i compiti di matematica al liceo, ma va in giro per il mondo per manifestare quella che è la sua vera identità: essere la trappola di ogni rapporto di coppia. Se la ragazza che abbiamo di fronte (quella che sta bevendo un caffè macchiato, o quando va meglio una birra scozzese) è una sua fan, non potremo poi deluderla, e verso il decimo appuntamento saremo costretti a regalarle il biglietto del concerto “Ludovico Einaudi and His Band”; che tradotto significa “70€ di musichette che anche il bambino cinese di 5 anni che abita nel palazzo accanto al nostro saprebbe suonare”.
Con Ludovico Einaudi non si rimorchia, ma quando va bene ci va anche peggio. 

Kaja Draksler

La soluzione definitiva la dobbiamo cercare all’estero ed ha un nome e cognome:
Kaja Draksler.

Kaja Draksler è una pianista Slovena di 30 anni che vive da qualche anno ad Amsterdam. La sua pagina su wikipedia esiste solo in tedesco, ed una volta aver imparato a pronunciare il suo nome, la conversazione sarà tutta in discesa. Diremo alla nostra futura amata di esser stati ad un concerto di piano di questa ragazza; che sono state le due ore più entusiasmanti della nostra vita; che tutto il pubblico era senza fiato, estasiato dalla musica che usciva da quel centinaio di tasti bianchi e neri; che il suo mischiare il jazz classico nella musica contemporanea ci ha fatto arrendere ai sogni migliori; che la sua giacca a quadri tanto Indie si abbinava perfettamente ai suoi occhiali tondi tanto Hipster.

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Kaja Draksler è la risposta perfetta alla domanda “E tu che musica ascolti?”. Oppure no, è la peggiore cosa che potremmo dire. La ragazza che abbiamo di fronte ci sentirà esaltare euforicamente il talento di una giovane donna slovena che abbiamo conosciuto per caso durante una serata passata da soli a teatro, e che probabilmente mai più rivedremo. Capirà che siamo già innamorati di un’altra donna o che ci illudiamo, come fanno i ragazzini, dell’esistenza degli amori per le donne distanti e più grandi di noi.

La ragazza che abbiamo di fronte ci saluterà ancora prima di aver finito il suo caffe macchiato (o quando va meglio una birra scozzese), lasciandoci soli al tavolino di un bar in preda a quella maledetta domanda: “e tu che musica ascolti?”, a cui ormai dobbiamo rassegnarci, riconoscendo a noi stessi di non essere in grado di dare una risposta corretta, consapevoli che quel dialogo ci continuerà a portare verso una esagerata banalità o ad una prevedibile straordinarietà.

Era molto meglio dieci anni fa, quando per conquistare una ragazza bastava dedicarle Favola dei Modà.

Kaja Draksler con gli occhiali di Einaudi