29 ottobre 2016

Come sarà la musica tra dieci anni?

Ho sempre sostenuto che l’umanità possa essere facilmente divisa in due tipi di persone: persone da ketchup e persone da maionese, persone da gatto e persone da cane, eccetera eccetera. Il mondo della musica non fa eccezione, e vede lo scontro titanico tra progressisti e nostalgici. Questo articolo delizierà i primi e farà disperare i secondi, perché, in caso vi fosse sfuggito il titolo, l’argomento è:

 

Come sarà la musica tra dieci anni?

 

Ve lo siete mai chiesto? Io sì. Quindi ho inforcato metaforici occhiali, rispolverato la nerd che è in me, raccolto tutte le informazioni possibili e messo insieme quel che ho trovato. Eccolo qui.

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La prima domanda che mi son posta è stata: Qual è il genere del futuro?

Le profondità di Google suggeriscono che pop psichedelico ed elettronico supereranno il rock in popolarità (ciao nostalgici!). Ma questo cambiamento aleggia nell’aria già da un po’, e lo potete annusare nelle playlist di Spotify, dietro tutti i brani pop con il “feat.”. È davvero la febbre del feat.: il suono elettronico in tutte le sue sfumature si sta espandendo a macchia d’olio, contaminando tutti i pezzi pop su cui riesce a mettere le mani. Se questi generi iniziassero a imporsi in termini di popolarità, da qui a un cambiamento profondo del concetto di musica il passo sarebbe breve – c’è già chi parla del futuro della musica come “elevation sensation”, qualcosa di indefinibile e molto più sottile delle familiari canzoni d’amore accompagnate da una chitarra. Qualcuno si è già spinto tanto in là da dire che già nel 2020 non ci saranno più rock band capaci di scalare le vette delle classifiche, panorama non tanto inimmaginabile a ben pensarci, considerando che la storia del “ah ma i primi album erano meglio…” gli amanti del rock se la raccontano già da un po’ di anni.

Il rap è un altro genere che continuerà ad aumentare in notorietà, perché diciamocelo, il rap è un’infezione, che prende piede velocemente una volta che lasciamo aperto uno spiraglio. Ogni etichetta discografica negli Stati Uniti vuole avere almeno un paio di rapper nel proprio portafoglio adesso, e questi ragazzi ci vedono probabilmente più lontano di noi.

 

Fino a questo punto mi sono sentita rincuorata dall’assenza di novità drammatiche – perlomeno, niente che non mi aspettassi, finché non ho letto della presunta ascesa musicale del mercato asiatico. C’è qualcuno che sostiene realmente che un giorno non troppo lontano ascolteremo musica cinese, giapponese, techno sudcoreano, hip-hop indiano, così, come se niente fosse *gasp*. Da popoli che riescono a copiare qualsiasi cosa ci si può aspettare di tutto: anche una versione asiatica dei Beatles.

 

Sempre rimanendo sul tema generi musicali, saranno sempre meno rilevanti e sempre più indefinibili. Le contaminazioni saranno troppe e troppo profonde per cercare di inscatolare un brano in una categoria: il rock, il pop, il jazz, il country puro non esisteranno più così come li conosciamo oggi. Di conseguenza, recensioni e critica musicale perderanno significato: non avrebbe senso sforzarsi di esprimere creativamente il convergere di generi diversi, descrivere un brano citando un altro brano che richiama un altro brano eccetera. Ve lo immaginate? La recensione di un nuovo album suonerebbe più o meno tipo “una forte impronta dei Doors, una spruzzata di Frank Ocean e un accenno di Justin Bieber, condito con una spolverata di Fleetwood Mac”. Avrà molto più senso accogliere il fatto che quel brano somiglia ad una sensazione, e che come tale non può essere efficacemente descritto, ma solo vissuto e sentito sulla pelle.

 

Fare previsioni sui supporti, anche a termine più breve, è semplice: banalmente, spariranno, diventando chicche da mercato vintage. In pochissimi anni guarderemo un iPod con lo stesso sguardo incantato con cui oggi guardiamo un grammofono. La musica sarà sempre più digitale, accessibile ovunque in qualunque momento: l’abbonamento a Spotify (o a un suo successore più economicamente sostenibile) sarà già incorporato nel cellulare o nella macchina che acquisteremo.

Se i supporti spariranno, tanto più lo faranno i dischi e tutte le altre forme di hardware, che già da molti anni hanno vita dura: questo implica un cambiamento di gravità nell’economia della musica, che dovrà farsi in quattro per inventare dei modelli che permettano agli artisti di guadagnare le stesse cifre di adesso. Molto probabilmente dovranno esserci più live – dal momento che tutti siamo e saremo sempre disposti a pagare per l’”esperienza” – e ci saranno molte più partnership tra artisti e brand. Le band potrebbero iniziare a puntare molto di più sui video, facendone dei pezzi d’arte – che attraverso nuove tecnologie potrebbero essere proiettati come ologrammi, in 3D, nei nostri salotti e camere da letto (sì, le feste in casa raggiungeranno tutto un altro livello)

 

A questo punto, lo so, i nostalgici tra voi saranno pieni di disgusto e sull’orlo di una crisi di nervi. Ma ragazzi, per quanto il futuro possa essere fosco per voi, vi lancio un appello: non attaccatevi al passato. Ascoltare solo e soltanto gli Oasis fino ai trent’anni sarebbe un po’ come continuare a stalkerare la vostra ex ragazza del liceo – morboso e indice di squilibrio mentale. La musica di oggi, e del futuro, regala e regalerà emozioni tanto come quella degli -anta, e lo scoprirete anche voi se vi prenderete la briga di spulciare un po’ nelle profondità di Spotify e affini invece che fermarvi a sbuffare di fronte alla banalità delle greatest hits. Abbiate fiducia nella musica, perché pensateci: ogni band alla fine è nata in un garage o in una camera da letto di una casa di periferia, e dietro ognuno di quelli che potreste definire la debole imitazione di un frontman c’era un quindicenne con l’acne e la chitarra che ha avuto il coraggio di seguire un sogno.

I modi in cui ascolteremo la musica cambieranno, ma se siete i tipi di persone che mi aspetto voi siate, dal momento che avete deciso di leggere fino in fondo questo articolo, nel profondo di tutti voi ci sarà ancora e sempre l’adolescente che ascolta gli Strokes, Bob Dylan, gli Arctic Monkeys, i Kooks, Simon & Garfunkel dallo stereo, sotto le coperte, mentre fuori piove. Quell’adolescente tenetevelo caro, ma tiratelo fuori dalla sua zona di comfort e troverete sempre una nuova canzone meravigliosa.