17 settembre 2017

Yves Saint Laurent by Hedi Slimane: come ti porto l'indie in passerella

Due volte l’anno mi ritrovo a fare il giro del mondo sfogliando le pagine delle riviste di moda: New York, Milano, Parigi. Le tre fashion week più famose di sempre si sono concluse da poco, portandosi dietro come sempre un chiacchiericcio patinato. Chiara Ferragni con un crop top marinaretto giro-seno, la sfarzosa festa tutta made in Italy di Dolce e Gabbana allestita in via Monte Napoleone, l’uomo che si è divertito (a sue spese) a prendere in braccio Gigi Hadid, il debutto di Maria Grazie Chiuri a Dior. In passerella vecchie conferme: le trasparenze e l’iper sensuale vedo-non-vedo in seta, bagliori metallici su scarpe e accessori, il classico navy, e il tocco rock sui chiodi e i giubotti in jeans, sempre più personalizzati con ricami e patch. Ci sono 3 iconiche lettere che sintetizzano uno stile dal carattere forte, indipendente, sofisticato, in poche parole l’anima del rock: YSL, Yves Saint Laurent.

Tutto nacque da un incontro. Yves incontrò, poco più che diciottenne, Christian Dior che lo prese subito sotto la sua ala protettrice e alla sua morte, nel 1957, divenne il direttore creativo della maison. Sfortunatamente nel 1960 fu chiamato ad arruolarsi nell’esercito e fu licenziato da Dior, ciò non fece altro che peggiorare la sua precaria situazione psicologica. Yves però non demorse e citò in tribunale la maison parigina per non aver rispettato i termini del contratto da lui stipulato, e grazie alla vittoria e alla ricompensa ottenuta, fondò insieme al compagno Pierre Bergè il proprio marchio: Yves Saint Laurent. A partire dagli anni ’60 lo stilista stravolse e rivoluzionò completamente il mondo della moda: ebbe il coraggio di prendere i quadri di Mondrian e trasportarli dalla tela alla stoffa dei suoi tubini, inventò la sahariana, e soprattutto Le Smoking. E poi Il capo per eccellenza maschile, giacca e pantalone nero, revers in raso lucido, camicia bianca inamidata, il tutto addosso ad una donna ed immortalato da Helmut Newton. “Chanel ha liberato le donne, io gli ho dato il potere”.
Nel corso degli anni, il marchio vide periodi di luci ed ombre: il crollo negli anni ’90, l’acquisto da parte di Gucci, Tom Ford al pret-a-porte, fino al ritiro dalle scene nel 2002 dello stesso Yves Saint Laurent, il quale scomparse nel 2008. Non è mai facile tener testa ad un genio, soprattutto quando il genio ha cambiato il corso della storia, non lo è stato per chi è successo a Coco, e recentemente nemmeno a chi è dovuto venir dopo Valentino. Penso si senta costantemente alle spalle la presenza di qualcosa di più grande, di molto più grande di sé, qualcosa a cui si punta, ma che si sa già di non poter uguagliare, con migliaia di occhi puntati addosso. Nel 2012 a YSL qualcosa però inizia a cambiare: è la volta di Hedi Slimane alla direzione di una delle case di moda più famose al mondo.

Negli ultimi quattro anni, fino al 31 marzo 2016, i micro chiodi in pelle nere, i party dress metallizzati e le pellicce rosse hanno portato la firma Hedi Slimane. Bastava aprire le pagine di Vogue o Elle e con un colpo d’occhio avremmo pensato “Saint Laurent, chi altro”, sognando ad occhi aperti per i successivi 5 minuti, non dando peso al fatto che il blazer che indossa Cara Delevigne costi 2290 euro. Il suo è uno stile deciso, lontano dagli altri, se ne frega del bon ton della haute couture classica, è uno stile personale, indipendente. Indie. Guardando le sue collezioni e le modelle avvolte nei suoi capi, non è difficile pensare al Pete Doherty dei bei tempi: alto, magro, pallido, stile essenziale, ma che se lo vedi per le strade di Londra, in mezzo ad altre centinaia di persone, ti fa fermare e seguirlo con gli occhi. Non a caso Hedi, nel 2005, fotografò un giovane e sconosciuto artista inglese: proprio Pete Doherty. Slimane infatti, oltre ad essere uno stilista è un fotografo con un occhio pazzesco per i particolari, e uno dei suoi particolari preferiti è la musica, quella alternativa soprattutto. Per tutto il periodo in cui è stato a capo della maison, ha voluto creare personalmente una campagna pubblicitaria chiamata: Saint Laurent Music Project. Hedi, macchina fotografica alla mano, ha chiesto ad alcuni artisti di posare per lui, dando la possibilità agli stessi musicisti di scegliere tra i pezzi più importanti della collezione di quell’anno. Ma le rockstar non potevano essere immagini statiche su un pezzo di carta, dovevano essere parte integrante delle sue collezioni, infatti ad alcuni di loro commissionò delle canzoni apposta per le sfilate. Tra Marilyn Manson e Courtney Love spiccano anche: Daft Punk, Josh Homme, Beck, Jake Bugg, Tobias Jesso Jr., Kim Gordon dei Sonic Youth, James Edward Bagshaw (il cantante dei Temples), Julia Cumming (la cantante dei Sunflower Been). Una Primavera Sound della moda. Il bianco e nero mozzafiato delle fotografie racchiude il personalissimo stile di ognuno di loro. Prendiamo la foto di Jake Bugg: sfondo completamente nero, come lo stesso giubbotto e la maglia che indossa, faccia imbronciata, il passaporto del cantante di Nottingham. Se la fotografia potesse parlare, si sentirebbero le note di “On my One” o “Broken”, quel dolce-amaro caratteristico di Bugg, quasi sempre diviso tra le storie della sua città e quelle di un amore ormai finito da tempo. Oppure prendiamo gli scatti dello scorso anno di Tobias Jesso Jr., tutte molto luminose, in mezzo al verde, ma faccia malinconica, labbro superiore sempre all’ingiù e abito scuro, sembra quasi di sentire il limpido e malinconico piano di “Hollywood”. Tra le centinai di pubblicità modaiole a colpi di flash, Il Music Project si fa notare, ha un retrogusto tutto su, un po’ dark, un po’ alternative, infatti ha come obiettivo quello di far tornare il marchio ai vecchi fasti e ricollegarlo all’immaginario della rockstar per eccellenza: non è un caso che Yves Saint Laurent, nel 1971, vestì Mick e Bianca Jagger per il loro memorabile matrimonio a St. Tropez.

 

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In realtà Hedi Slimane non doveva nemmeno diventare uno stilista. Ad undici anni ricevette la sua prima macchina fotografica e imparò a sviluppare in camera oscura. Poi una laurea in giornalismo e una in storia dell’arte e subito dopo un apprendistato presso una casa di moda maschile. Poi Yves Saint Lauren, Dior HOMME e il personalissimo cambio di nome in Saint Laurent. Nel mezzo creò gli abiti per i tour di Franz Ferdinand, The Libertines, The Kills, Jack White e Beck. Tutto documentato minuziosamente nel Rock Diary, molto simile al progetto web di Terry Richardson, ma molto meno piatto e pacchiano, attraverso decine di istantanee prese al momento, alle volte mosse, ma per questo vive e reali,  dove si intravedono un giovanissimo Alex Turner durante un concerto a Londra, all’alba della sua carriera, polo Ralph Lauren e guance ancora coperte da foruncoli, oppure i Franz Ferdinand in studio di registrazione nel lontano 2004, o ancora i Drums, magliettina a righe, jeans strettissimo, risvoltino e vans ormai logore dall’ammontare dei palchi che hanno calcato. Tutto ciò sarà poi trasportato in passerella negli anni successi costruendo un leitmotiv ricorrente fatto di skinny jeans e chelsea boots. Con i suoi capi Slimane è riuscito a creare e rinforzare la nuova e giovane cultura indie, portando ciò che facciamo passare ogni giorno nelle cuffiette dell’ipod (fatto principalmente di vecchi accessori e scarpe spesso tappezzate da buchi) agli alti ranghi della moda e aiutandoci a creare il classico immaginario indie bianco, nero e rosso: lui, il perfetto lui, magro, jeans stretto, nero oppure slavato, camicia e giubottino; lei, la perfetta lei, magra, trucco scuro, jeans stretto e strappato al ginocchio, stivaletti e giubottino in pelle. Non a caso, per i Grammy 2016, i Tame Impala al completo hanno deciso di vestire Saint Laurent, rispecchiando perfettamente la nomination a “Best Alternative Album” e risultando tra i migliori look della serata. E come lessi in un tweet che commentava il loro red carpet della sera precedente: "Imparate uomini”.

Fashioniste, indie e appassionati di fotografia, questo è il sito per voi: https://www.hedislimane.com

102201dda8065925a416e49a489b704dDue volte l’anno mi ritrovo a fare il giro del mondo sfogliando le pagine delle riviste di moda: New York, Milano, Parigi. Le tre fashion week più famose di sempre si sono concluse da poco, portandosi dietro come sempre un chiacchiericcio patinato. Chiara Ferragni con un crop top marinaretto giro-seno, la sfarzosa festa tutta made in Italy di Dolce e Gabbana allestita in via Monte Napoleone, l’uomo che si è divertito (a sue spese) a prendere in braccio Gigi Hadid, il debutto di Maria Grazie Chiuri a Dior. In passerella vecchie conferme: le trasparenze e l’iper sensuale vedo-non-vedo in seta, bagliori metallici su scarpe e accessori, il classico navy, e il tocco rock sui chiodi e i giubotti in jeans, sempre più personalizzati con ricami e patch. Ci sono 3 iconiche lettere che sintetizzano uno stile dal carattere forte, indipendente, sofisticato, in poche parole l’anima del rock: YSL, Yves Saint Laurent.

Tutto nacque da un incontro. Yves incontrò, poco più che diciottenne, Christian Dior che lo prese subito sotto la sua ala protettrice e alla sua morte, nel 1957, divenne il direttore creativo della maison. Sfortunatamente nel 1960 fu chiamato ad arruolarsi nell’esercito e fu licenziato da Dior, ciò non fece altro che peggiorare la sua precaria situazione psicologica. Yves però non demorse e citò in tribunale la maison parigina per non aver rispettato i termini del contratto da lui stipulato, e grazie alla vittoria e alla ricompensa ottenuta, fondò insieme al compagno Pierre Bergè il proprio marchio: Yves Saint Laurent. A partire dagli anni ’60 lo stilista stravolse e rivoluzionò completamente il mondo della moda: ebbe il coraggio di prendere i quadri di Mondrian e trasportarli dalla tela alla stoffa dei suoi tubini, inventò la sahariana, e soprattutto Le Smoking. E poi Il capo per eccellenza maschile, giacca e pantalone nero, revers in raso lucido, camicia bianca inamidata, il tutto addosso ad una donna ed immortalato da Helmut Newton. “Chanel ha liberato le donne, io gli ho dato il potere”.
Nel corso degli anni, il marchio vide periodi di luci ed ombre: il crollo negli anni ’90, l’acquisto da parte di Gucci, Tom Ford al pret-a-porte, fino al ritiro dalle scene nel 2002 dello stesso Yves Saint Laurent, il quale scomparse nel 2008. Non è mai facile tener testa ad un genio, soprattutto quando il genio ha cambiato il corso della storia, non lo è stato per chi è successo a Coco, e recentemente nemmeno a chi è dovuto venir dopo Valentino. Penso si senta costantemente alle spalle la presenza di qualcosa di più grande, di molto più grande di sé, qualcosa a cui si punta, ma che si sa già di non poter uguagliare, con migliaia di occhi puntati addosso. Nel 2012 a YSL qualcosa però inizia a cambiare: è la volta di Hedi Slimane alla direzione di una delle case di moda più famose al mondo.

Negli ultimi quattro anni, fino al 31 marzo 2016, i micro chiodi in pelle nere, i party dress metallizzati e le pellicce rosse hanno portato la firma Hedi Slimane. Bastava aprire le pagine di Vogue o Elle e con un colpo d’occhio avremmo pensato “Saint Laurent, chi altro”, sognando ad occhi aperti per i successivi 5 minuti, non dando peso al fatto che il blazer che indossa Cara Delevigne costi 2290 euro. Il suo è uno stile deciso, lontano dagli altri, se ne frega del bon ton della haute couture classica, è uno stile personale, indipendente. Indie. Guardando le sue collezioni e le modelle avvolte nei suoi capi, non è difficile pensare al Pete Doherty dei bei tempi: alto, magro, pallido, stile essenziale, ma che se lo vedi per le strade di Londra, in mezzo ad altre centinaia di persone, ti fa fermare e seguirlo con gli occhi. Non a caso Hedi, nel 2005, fotografò un giovane e sconosciuto artista inglese: proprio Pete Doherty. Slimane infatti, oltre ad essere uno stilista è un fotografo con un occhio pazzesco per i particolari, e uno dei suoi particolari preferiti è la musica, quella alternativa soprattutto. Per tutto il periodo in cui è stato a capo della maison, ha voluto creare personalmente una campagna pubblicitaria chiamata: Saint Laurent Music Project. Hedi, macchina fotografica
893029_10152054347753850_1891961927_o-800x11292alla mano, ha chiesto ad alcuni artisti di posare per lui, dando la possibilità agli stessi musicisti di scegliere tra i pezzi più importanti della collezione di quell’anno. Ma le rockstar non potevano essere immagini statiche su un pezzo di carta, dovevano essere parte integrante delle sue collezioni, infatti ad alcuni di loro commissionò delle canzoni apposta per le sfilate. Tra Marilyn Manson e Courtney Love spiccano anche: Daft Punk, Josh Homme, Beck, Jake Bugg, Tobias Jesso Jr., Kim Gordon dei Sonic Youth, James Edward Bagshaw (il cantante dei Temples), Julia Cumming (la cantante dei Sunflower Been). Una Primavera Sound della moda. Il bianco e nero mozzafiato delle fotografie racchiude il personalissimo stile di ognuno di loro. Prendiamo la foto di Jake Bugg: sfondo completamente nero, come lo stesso giubbotto e la maglia che indossa, faccia imbronciata, il passaporto del cantante di Nottingham. Se la fotografia potesse parlare, si sentirebbero le note di “On my One” o “Broken”, quel dolce-amaro caratteristico di Bugg, quasi sempre diviso tra le storie della sua città e quelle di un amore ormai finito da tempo. Oppure prendiamo gli scatti dello scorso anno di Tobias Jesso Jr., tutte molto luminose, in mezzo al verde, ma faccia malinconica, labbro superiore sempre all’ingiù e abito scuro, sembra quasi di sentire il limpido e malinconico piano di “Hollywood”. Tra le centinai di pubblicità modaiole a colpi di flash, Il Music Project si fa notare, ha un retrogusto tutto su, un po’ dark, un po’ alternative, infatti ha come obiettivo quello di far tornare il marchio ai vecchi fasti e ricollegarlo all’immaginario della rockstar per eccellenza: non è un caso che Yves Saint Laurent, nel 1971, vestì Mick e Bianca Jagger per il loro memorabile matrimonio a St. Tropez.

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In realtà Hedi Slimane non doveva nemmeno diventare uno stilista. Ad undici anni ricevette la sua prima macchina fotografica e imparò a sviluppare in camera oscura. Poi una laurea in giornalismo e una in storia dell’arte e subito dopo un apprendistato presso una casa di moda maschile. Poi Yves Saint Lauren, Dior HOMME e il personalissimo cambio di nome in Saint Laurent. Nel mezzo creò gli abiti per i tour di Franz Ferdinand, The Libertines, The Kills, Jack White e Beck. Tutto documentato minuziosamente nel Rock Diary, molto simile al progetto web di Terry Richardson, ma molto meno piatto e pacchiano, attraverso decine di istantanee prese al momento, alle volte mosse, ma per questo vive e reali,  dove si intravedono un giovanissimo Alex Turner durante un concerto a Londra, all’alba della sua carriera, polo Ralph Lauren e guance ancora coperte da foruncoli, oppure i Franz Ferdinand in studio di registrazione nel lontano 2004, o ancora i Drums, magliettina a righe, jeans strettissimo, risvoltino e vans ormai logore dall’ammontare dei palchi che hanno calcato. Tutto ciò sarà poi trasportato in passerella negli anni successi costruendo un leitmotiv ricorrente fatto di skinny jeans e chelsea boots. Con i suoi capi Slimane è riuscito a creare e rinforzare la nuova e giovane cultura indie, portando ciò che facciamo passare ogni giorno nelle cuffiette dell’ipod (fatto principalmente di vecchi accessori e scarpe spesso tappezzate da buchi) agli alti ranghi della moda e aiutandoci a creare il classico immaginario indie bianco, nero e rosso: lui, il perfetto lui, magro, jeans stretto, nero oppure slavato, camicia e giubottino; lei, la perfetta lei, magra, trucco scuro, jeans stretto e strappato al ginocchio, stivaletti e giubottino in pelle. Non a caso, per i Grammy 2016, i Tame Impala al completo hanno deciso di vestire Saint Laurent, rispecchiando perfettamente la nomination a “Best Alternative Album” e risultando tra i migliori look della serata. E come lessi in un tweet che commentava il loro red carpet della sera precedente: "Imparate uomini”.

Fashioniste, indie e appassionati di fotografia, questo è il sito per voi: https://www.hedislimane.com

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