13 febbraio 2020

"È bellissimo tornare a casa": intervista ai Mighty Oaks

Per chi è solito bazzicare la scena folk quello dei Mighty Oaks non è di certo un nome nuovo. Il trio, composto da Ian Hooper (USA), Claudio Donzelli (Italia) e Craig Saunders (UK) ha infatti avuto l'occasione di farsi conoscere nel corso degli anni anche grazie al ruolo di opening per band del calibro di The Lumineers, Chvrches e Kings of Leon.
Lo scorso 7 febbraio è stato pubblicato il loro terzo album in studio, All Things Go, e per l'occasione abbia scambiato quattro chiacchiere con l'italianissimo Claudio: ecco cosa ci ha raccontato!

Come vi siete conosciuti? Come sono nati i Mighty Oaks?

Ci siamo conosciuti ad Amburgo nel Febbraio 2009 ad un piccolo festival per cantautori chiamato Melodica. Craig viveva già ad Amburgo con la sua ragazza e aveva dato una mano ad organizzare il festival. Ian era ad Amburgo per un’esperienza di scambio. Io a quel tempo vivevo a Bologna, ma ero stato invitato a questo festival per esibirmi con il mio progetto solista di allora. Qualche mese dopo mi trasferii a Berlino per un dottorato di ricerca e per coincidenza anche Ian si spostò da Amburgo a Berlino per lavoro. Nel tempo libero iniziammo a scrivere e registrare musica insieme. Dopo circa un anno decidemmo di lasciare il nostro lavoro per dedicarci esclusivamente alla musica, prima da soli e poi sotto la guida di un giovane produttore, allora alla sua prima esperienza. Decidemmo di invitare Craig ad unirsi a noi in questa avventura. Dopo circa due anni di lavoro sodo avevamo una trentina di brani pronti che diventarono poi le nostre prime uscite musicali.

Quale delle vostre canzoni sceglieresti per presentare il vostro progetto a qualcuno che non vi conosce?

Horsehead Bay! È una canzone che parla dei posti dai quali veniamo, rispettivamente Seattle (USA), Pesaro (Italia) e Bridwater (UK). È anche un pezzo nel quale facciamo grande uso di armonie vocali. Ci piace un sacco cantare insieme, armonizzare con la voce. È forse da sempre un nostro marchio di fabbrica.

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Qual è la canzone che ti ha fatto pensare "da grande voglio fare il musicista”?

Direi che ho sempre saputo fin dalle prime lezioni di pianoforte a 6 anni, che la musica sarebbe stata parte della mia vita in ogni caso. Devo dire che da piccolo mi capitava di cantare e suonare spessissimo brani di Zucchero e Jovanotti, immaginando di stare sul palco e cantare per la gente. Era una sensazione bellissima. Poi qualche anno dopo, mentre stavo svolgendo lo sguardo verso la scena musicale britannica, credo che “Paranoid Android” dei Radiohead sia stato un primo momento di epifania musicale totale.

Uno di voi è italiano, uno inglese e l'altro americano, ma siete di base a Berlino: le vostre provenienze vi hanno influenzato musicalmente? E quanto vi ha influenzato la capitale tedesca?

Non credo che le nostre origini e il fatto che viviamo a Berlino influenzino la nostra musica in maniera diretta. A Berlino regna la scena delle discoteche che non ha niente a che vedere con la musica che facciamo. Forse c’è una certa sensibilità musicale sviluppata da ascolti passati. Sicuramente un’attitudine, un modo di approcciare la musica professionalmente che ho imparato a Berlino e che non conoscevo prima. Berlino è una città piena di idee, entusiasmi e tanta voglia di fare. Vivere a Berlino è anche essere parte di una scena, un certo tipo di cultura che da valore alla musica e all’arte in generale. Mi ha certamente aiutato a prendere sul serio la mia passione per la musica.

Il vostro nuovo album All Things Go è uscito lo scorso 7 febbraio. Cos'è cambiato rispetto ai lavori precedenti?

Quello che ci auguriamo sempre è che un disco arrivi al cuore di chi lo ascolta e che lo porti in mondi, lo faccia sognare ad occhi aperti. In particolare in questo lavoro, abbiamo fatto uso di arrangiamenti più sofisticati e ci siamo svincolati dal rispettare unicamente quella forma canzone tipica del cantautorato folk. Ci siamo affacciati su altri stili musicali, creando contaminazioni interessanti.

Quale canzone rappresenta meglio All Things Go?

Tutte! :) No, seriamente, abbiamo messo insieme un disco in cui ogni canzone è un mondo a sé e necessaria per capire il tutto. Ma se proprio devo sceglierle un paio direi che All Things Go rappresenta un po’ un pezzo di passaggio da lavori precedenti a questo disco. Si sente ancora l’anima cantautorale ma si iniziato a intravedere suoni più moderni. I Need You Now è uno shuffle che molleggia come un pezzo dei Modest Mouse, e forse lascia intravedere un’anima più indie. Forget Tomorrow, invece, è un brano che non vediamo l’ora di suonare live per la sua natura celebrativa di festa! Infine Lost Again che ha influenze ambient e arrangiamenti eterei, sparsi.

Siete tutti diventati papà: in che modo la paternità ha influenzato la vostra musica e la vostra vita?

Credo di poter parlare anche per Craig e Ian dicendo che diventare genitore ha portato estrema chiarezza nella mia vita come musicista. Per diversi motivi: per prima cosa vista la limitata disponibilità di tempo ci si trova a usare il tempo a disposizione in maniera molto efficiente. Secondo, ti obbliga a fare i conti con le ragioni che ti portano a stare settimane a volte mesi lontano da casa e dalla tua famiglia. Essere genitore è una sorta di filtro su tutte le cose. Non le vedi più solo in funzione di quello che posso essere per te, ma anche in funzione di come possono creare un mondo migliore per tuo figlio. Ti dà prospettiva e discernimento.

Come funziona il vostro progetto creativo? Chi si occupa di scrivere i testi e chi di comporre la musica per i vostri brani?

Ian di solito arriva in studio con delle idee di parole e una manciata di accordi, che poi elaboriamo insieme come band. Ian scrive i testi. Io mi occupo della maggior parte degli arrangiamenti. Craig ha un orecchio e una conoscenza musicale incredibili.

Quali nuovi artisti folk suggeriresti ai nostri lettori?

Non nuovissimo ma forse non è tanto conosciuto in Italia: Gregory Alan Isakov.

Il prossimo 17 febbraio partirete per un lungo tour che vi porterà in giro per l'Europa e poi per il Nord America, mentre a maggio tornerete finalmente in Italia dopo il caloroso benvenuto che avete ricevuto all'Alcatraz di Milano come opening band per i Lumineers. Siete emozionati all'idea di tornare nel nostro paese? Puoi darci qualche anticipazione del tour?

Sì, assolutamente. Sia io che anche Ian e Craig adorano suonare Italia. L’accoglienza è sempre incredibilmente calorosa, tutti che cantano i pezzi a memoria dall’inizio alla fine. Per me è stupendo poter fare concerti in Italia. È bellissimo tornare a casa!

I Mighty Oaks saranno in tour nelle seguenti città italiane: 

25 maggio - Bologna, Locomotiv
26 maggio - Roma, Monk
27 maggio - Milano, Magnolia

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