20 settembre 2018

UP&COMING: Boxerin Club

Di band e artisti italiani che con i loro tour hanno girato l’Europa e non solo ce ne sono stati parecchi. Il problema di base sta nel fatto che al termine “artisti italiani” siamo portati a pensare ai grandi nomi: da Ligabue a Caparezza, da Zucchero a Battiato. Spesso e volentieri si tende a dimenticare il fatto che anche e soprattutto le giovani band italiane emergenti si imbarcano in tour europei.  Magari non su tour bus o in comodi hotel ma stipati in van presi in prestito, con tutta la loro attrezzatura e la loro voglia di farsi conoscere al di fuori di un contesto musicale nazionale dove chi ha del talento, quello vero, spesso e volentieri viene sorpassato dal bel faccino con l’estensione vocale di un bicchiere uscito da talent show che di talent ormai hanno poco. Dove quando ti viene chiesto cosa vuoi fare nella vita, alla risposta “il musicista” la gente ti ride in faccia e ti chiede se è un lavoro per davvero, dove paradossalmente quando qualcuno di giovane vince un festival importante viene criticato da altri giovani (avete guardato Rai 1 ultimamente? Se contemporaneamente scorrevate il vostro feed Twitter, sapete a cosa mi riferisco).

Quando una tra le più interessanti tra queste giovani promesse è sbarcata a Londra venerdì scorso, alla 100esima data del proprio tour promozionale per l’album d’esordio “Aloha Krakatoa” dopo aver toccato Olanda, Belgio, Francia e molti altri paesi europei, non potevo di certo farmi sfuggire l’occasione di incontrarla. Parlo dei romani Boxerin Club, band formata a Roma nel 2010 da Matteo Iacobis (Chitarra/Vocals), Matteo Domenichelli  (Basso/Backing Vocals) Gabriele Jacobini (Chitarra), Francesco Aprili (Batteria/Backing Vocals) e Edoardo Impedovo (Tromba/Percussioni).

I ragazzi sono reduci di un passato già glorioso, che li ha visti vincitori del premio Sonicbids all’Arezzo Wave Festival con la conseguente partecipazione alla Cmj Marathon di New York. Come se questo non bastasse a farvi incuriosire e correre ad ascoltarli, sono stati inoltre scelti da La Repubblica XL per esibirsi al Music Italy Show 2013 di Bologna e come opening act per il tour italiano degli inglesi Egyptian Hip Hop. Per quanto riguarda la loro avventura inglese, sono già stati selezionati in passato da niente meno che NME per il suo party Club NME.

I ragazzi si preparano a sbarcare in UK. (Photo credits: Boxerin Club, Facebook)
I ragazzi si preparano a sbarcare in quel di Albione (Photo credits: Boxerin Club, Facebook)

Li ho incontrati a poche ore dalla loro esibizione al Camden Barfly e, nell’ambiente esclusivo del tour bus (leggi: furgoncino bianco con sedili posteriori momentaneamente adibiti a letto per parte della crew) della band ho fatto due chiacchere con Francesco, il loro batterista, per farveli conoscere meglio.

Il vostro è un genere molto eclettico, difficilmente inquadrabile in una precisa categoria. Quali sono le vostre ispirazioni e influenze musicali?

Ce ne sono molte. Ascoltiamo molta musica in comune, però allo stesso tempo ognuno di noi ha un gusto personale. Gli artisti che ci hanno ispirato di più per quanto riguarda il nostro album ma anche il nostro modo di proporci live sono i Talking Heads e Paul Simon, in particolare il suo disco “Graceland” che rappresenta una visione occidentale della musica africana. Quando l’abbiamo ascoltato ci è piaciuto fin da subito per il suo suono molto fresco, le ritmiche africane, ne siamo stati rapiti. Ovviamente tra le nostre influenze c’è anche della musica più recente come i Grizzly Bear, Dirty Projectors, Unknown Mortal Orchestra, ma anche qualcosa di più inusuale come la musica nera di Ben Harper, il Jazz e la musica latina e brasiliana.

In alcune interviste precedenti, avete rivelato che il titolo del vostro album d’esordio “Aloha Krakatoa” deriva dal nome del vulcano Krakatoa, la cui eruzione rappresenta una delle catastrofi naturali più disastrose di sempre ed il cui boato fu avvertito nel raggio di 5000 Km. Il nome non è l’unico elemento insolito: il disco è stato registrato interamente in analogico. Perché questa scelta?

E’ un’idea nata inizialmente dal nostro produttore, Marco Fasolo dei Jennifer Gentle. Lui ha una vera e propria passione per la registrazione in analogico. Ci è piaciuto da subito il suono grezzo e vivo che produce, molto vicino al live ma decisamente più pulito. Abbiamo voluto sperimentare sulla nostra musica, e devo dire che il risultato ci piace particolarmente in quanto è unico e diverso nel contesto del panorama musicale odierno: ora i dischi si possono registrare anche a casa, Damon Albarn l’ha fatto addirittura con il proprio Ipad.  Noi abbiamo preso lo Studer a 8 canali, un armadio gigante con le bobine che girano…cose dell’altro mondo! E non è stata assolutamente una questione di “fare i fighi che tornano indietro nel tempo con l’analogico”, è stata una scelta volta a catturare l’atmosfera del live su disco, a presa diretta.

Bobine che girano a parte, immagino avrete incontrato delle difficoltà.

Tantissime. Oltre al fatto che Aloha Krakatoa è il nostro primo “vero” disco dopo i tanti demo ed EP (il loro primo EP "Tick Tock (Here it Comes)" si può ascoltare e scaricare gratuitamente qui), la registrazione in analogico ci ha messo di fronte alle nostre difficoltà: finché nel live fai un errore nessuno se ne accorge, invece in questo caso sei costretto a rifare il tutto. Più che difficile, è stato davvero faticoso.

Visto il risultato, direi che ne è valsa la pena. Per quanto riguarda i vostri testi, da dove traete l’ispirazione per scriverli?

Con i nostri testi abbiamo voluto estrapolare l’ascoltatore dal suo contesto quotidiano, parlandogli di cose che magari non ha mai visto ma di cui allo stesso tempo ha un’idea molto vivida nel suo immaginario. Si può parlare di una città che diventa un luogo dall’atmosfera caraibica, con il sole, il calore e i suoi colori particolari. Con il fatto che alcuni di noi vivono vicino al mare, la spiaggia è praticamente il nostro habitat naturale! La nostra musica è una specie di veicolo, lo prendi ma non sai dove va a finire.

Un po’ come il vostro tour europeo: siete attualmente alla vostra 100esima data (quella del 13 Febbraio al Barfly), un fatto che dimostra quanto sia importante per voi la presenza live. Vi sembra che la vostra musica venga accolta meglio quando suonate all’estero o in Italia?

Sin dagli inizi siamo nati come live band, siamo persone che si trovano a loro agio sul palco, una grandissima fortuna che abbiamo. In Italia capitano molte situazioni in cui veniamo messi in un contesto caratterizzato da poca attenzione per il live, dove la nostra musica fa semplicemente da “sottofondo” ad una serata e non è la protagonista principale. Quando suoni in un locale all’estero la gente non viene soltanto ad ascoltare musica, è molto attenta e vuole essere parte integrante dell’esperienza live. E’ un concetto che si sta ancora sviluppando in Italia, mentre all’estero è già affermato.

In conclusione: come band, qual è la vostra massima aspirazione? Il vostro “sogno nel cassetto” se così si può definire.

Un obbiettivo che abbiamo tutti è sicuramente vivere di musica.  Non dico “farne un lavoro”, perché penso che vedere il fare musica come tale sia sbagliato in quanto assume una connotazione troppo vigile e seria. C’è bisogno di perdersi in quello che si fa di tanto in tanto, si sta pur sempre parlando di un tipo di arte. Sicuramente un punto di arrivo a cui aspiriamo oltre a campare è fare bei dischi, perfezionarci sotto questo punto di vista come abbiamo fatto con il live, con il tempo. Vogliamo andare avanti, fare sempre di più, e farlo sempre meglio.

Qualche ora dopo, i Boxerin Club salgono sul palco dopo le altre tre band in lista per la serata: Hyena, New Villains ed una nostra vecchia conoscenza, gli Waco (Il cui cantante Jak ci ha in seguito rivelato di apprezzare particolarmente il loro sound. Se avete la memoria corta, trovate qui la nostra intervista con la band).

Alcuni scatti dal live. (Photo credits: Corinne @ facebook.com/Jubileeclubnight)


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In questo caso più che mai, dulcis in fundo: dopo tre band che variavano dal rock al punk, i Boxerin Club sono arrivati sul palco come una vera e propria ventata di “aria calda”: non fresca, perché con il loro sound così vibrante a fare da colonna sonora l’atmosfera era quella estiva ed inebriante di una spiaggia caraibica: tutto d’un tratto sotto a quel palco nessuno, italiano o inglese che fosse, riusciva a stare fermo.

L’intera sala è stata improvvisamente trasportata in un vortice di colori e suoni e di colpo non ci sentivamo più in una stanzetta buia durante una grigia e piovosa serata londinese, ma nel mezzo di una gran festa un locale su una qualsiasi spiaggia esotica. No, non era il rum e coca che avevo in mano ad alterare la mia percezione dello spazio. Erano il talento, la forza e la naturalezza con la quale i ragazzi coinvolgevano il pubblico con il minimo sforzo: era loro musica così fresca, variopinta ed unica nel suo genere a compiere la magia. Come direbbero gli inglesi, i Boxerin Club sono decisamente “one of a kind”. Cosa aspettate? Correte ad ascoltarli!

Ascolta e scarica Aloha Krakatoa: Bandcamp  || Bomba Dischi

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