The Magic Whip Blur 24 aprile 2015
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Sperimentazione.Questo può essere considerato come il comune denominatore del nuovo album dei Blur,The magic whip,soprattutto se si tiene presente il modo in cui questo lavoro è venuto alla luce:correva l'anno 2013 e Damon Albarn e compagni decidono di partecipare ad una serata evento a Hong Kong per ripercorrere la loro carriera,celebrando anche il ritorno nel gruppo di uno dei membri storici del gruppo,Graham Coxon. Succede però che l'evento viene annullato all'ultimo,ma questo imprevisto non sembra preoccupare la band di Colchester,la quale decide di chiudersi in uno studio di registrazione e dar vita a una semplice session improvvisata;così giusto per vedere cosa esce fuori dopo tanti anni.Da quello studio ci usciranno dopo cinque giorni con 12 pezzi strumentali belli e pronti;il progetto viene inizialmente messo da parte per poi essere ripreso dallo stesso Albarn,il quale provvederà alla stesura dei testi.

Arriviamo quindi al 2015 ,l'album desta molta curiosità in quanto pubblicato esattamente 12 anni dopo l'ultimo Think Tank.Ciò che traspare fin dal primo ascolto è che sembra che il tempo non fosse mai passato,come a voler riaprire un discorso interrotto nel 2000 con l'addio(momentaneo) di Coxon.Ci sono le tipiche sonorità riferite all'epoca dell'alternative e del britpop britannico degli anni'90,sound divenuto poi il marchio di fabbrica della band.

E' chiaro,parlando di sperimentazione che nessuno dei pezzi presenti nell'album ha un carattere commerciale;per intenderci:difficilmente queste canzoni saranno ai vertici delle classifiche dei brani più trasmessi dalle radio italiane.Forse quello che più si avvicina è I Broadcast che rimanda subito alla celeberrima Song 2 (senza il caratteristico "woo-ooh").Sperimentale è anche il modo che è stato scelto dal gruppo per promuovere il disco,ovvero dalla selezione dei due brani che hanno anticipato l'album: Go out e Lonesome street.
Infatti questi non sono singoli che colpiscono al primo ascolto,ma sono dei brani aventi una struttura ritmica e musicale complessa,che per certi versi sembrano non decollare,andando alla ricerca di un qualcosa di indefinito.Una conferma ulteriore la si ha ascoltando il brano Thought I was a spaceman una suite di sei minuti basata principalmente su un tappeto di tastiera che accompagna la voce di Albarn,il cui timbro vocale sembra ricordare la voce di David Bowie in Space Oddity. Questo pezzo può anche essere la prova di ciò che viene considerata fonte di ispirazione per i Blur: il rock progressivo della Londra underground di fine anni'60.Tutta la prima parte dell'album pare infatti ruotare attorno a questo universo musicale con riferimenti anche ai Doors e ai Pink Floyd ai tempi di Syd Barret.

Ad offrire gli spunti migliori sono le canzoni:My terracotta heart e There are too many of Us probabilmente le due canzoni con l'arrangiamento migliore e anche quelle che più rimangono 'impresse' nella mente grazie al falsetto di Albarn che caratterizza il ritornello della prima,e alle tastiere che fungono quasi da accompagnamento orchestrale nella seconda e rendono meno pesante la frase che dà il titolo alla canzone, continuamente ripetuta dal cantante della band,fino quasi all'esaurimento.

Per certi versi questo può essere considerato anche un album carino,ma sicuramente non è allegro;a dominare infatti c'è un'aria decisamente cupa che in alcuni tratti rende l'album 'noioso', e la canzone conclussiva,Mirrorball,una ballata accompagnata da un arpeggio di chitarra distorta,sembra essere la fine di un lungo travaglio,come se uno scaltaore riesce finalmente a raggiungere la cima della montagna. Se non si è ancora capito quest'album non fa sobbalzare dalla sedia,mi sarei aspettato più energia visti i molti anni di silenzio.E' un tipico album da ascoltare la sera per rilassarsi,dopo una giornata di lavoro;intanto staremo a vedere tra quanto tempo il gruppo londinese pubblicherà il prossimo lavoro,sperando che siano anche un pò più allegri.