Machepretendi I Giocattoli
7.6

Di storie come quelle de I Giocattoli se ne sentono tante: un gruppo di amici da una vita che si trova per suonare in compagnia, la creatività e il talento che emergono, i primi pezzi inediti, i live, un album in studio e tutto quello che ne consegue. A differenza di molti aspiranti colleghi, però, la band di Palermo ha una qualità che li contraddistingue e li rende degni di nota: la spontaneità. E la velocità con la quale hanno attirato l’attenzione. Il loro primo singolo, Sulla Neve, viene visualizzato più di diecimila voltein soli tre giorni e, soprattutto dopo la pubblicazione del primo singolo Bill Murray, il fenomeno dei Giocattoli esplode sia sui social che nel panorama dell'indie italiano. O ItPop, come lo chiameremo d'ora in poi. 

Ma da dove sbucano questi Giocattoli? Chi sono? E cosa vogliono? Il progetto nasce nel 2016 dall’esplorazione della creatività di Duilio Scalici e Ernst Mormile che sfocia nella realizzazione di pezzi inediti. Un anno dopo Davide Casciolo e Chiara Di Trapani si aggiungono al gruppo e, una volta montati i pezzi, i Giocattoli non perdono tempo, mettendosi subito al lavoro sui brani che comporranno il loro album d’esordio. Finalmente, il 20 aprile nasce “Machepretendi”, primogenito della band palermitana sotto l’etichetta Giungla Dischi e con lo zampino di Carota (Lo Stato Sociale) e Hyppo (KEATON) per quanto riguarda la produzione artistica.

Non ci girerò tanto intorno: i Giocattoli incarnano tutto quello che è figo, sia musicalmente che stilisticamente. Non a caso sono esplosi in questo periodo: i giovanissimi musicisti poco più che ventenni riportano nei brani da loro scritti tutti quegli elementi della cultura pop con cui sono cresciuti e che li circondano quotidianamente. Ed è proprio la dimensione quotidiana in cui è facile rispecchiarsi che rende la musica de I Giocattoli vincente.

L’album si apre con Bill Murray, primo assaggio di “Machepretendi” e singolo che è diventato virale dopo solo qualche giorno dalla pubblicazione. Non è difficile capire il perché: la canzone è sgargiante e moderna, un vero proprio tormentone che non si leva dalla testa. La melodia dinamica gioca con linee strumentali spensierate da falò sulla spiaggia e testi agrodolci che suscitano nostalgia per situazioni mai vissute. La freschezza della chitarra acustica accompagna un testo fatto di “sigarette e serata al sushi bar”, “film di Xavier Dolan” e Ghostbusters. L’esatto ritratto di una tipica serata della nuova gioventù indie.

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Le voci di Duilio e Chiara si intersecano senza mai mescolarsi, creando due linee distinte molto piacevoli. E anche se è un concetto un po’ scontato, mi sembra di avere due visioni diverse che raccontano la stessa storia, lasciando all’ascoltatore la libertà di decidere in quale immedesimarsi.

Quasi tutte le tracce del disco ruotano intorno ad un tema principale: la paura della monotonia. Se in Bill Murray si cerca disperatamente di scappare dalla routine che sembra essere inevitabile, Astronauta indaga tutti i possibili scenari per saltare a piè pari la cruda realtà. Possiamo definire la monotonia come il più grande nemico dei giovani del 21esimo secolo?

Al primo ascolto di Astronauta posso subito dire che sì, questa è sicuramente una hit dell’estate senza essere una hit dell’estate. Il tratto distintivo della seconda traccia dell’album è, ancora una volta, la freschezza. Le percussioni in apertura trasportano in un mondo lontano, quasi esotico. D’altronde, cosa c’è di più esotico dello spazio? Man mano che gli altri strumenti si aggiungono, la melodia diventa sempre più piena fino ad esplodere nel ritornello in una supernova di synth.

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Il testo è improntato unicamente sul periodo ipotetico, fatto di “se io fossi” e promesse future (Come Armstrong con la luna io verrò a trovarti). E’ una canzone che parla di aspirazioni, di amore, del “vorrei ma non posso” e del sogno di essere chi non si è. 

Se io fossi un astronauta
Le uniche stelle che esplorerei
Sarebbero i tuoi nei

Se io fossi un astronauta
Il casco lo leverei
Per respirare tutto ciò che sei

A differenza di un gioco tra bambini, l’immaginazione ha un difetto in Astronauta e anche in molti altri testi dell’album: prima o poi, ci si scontra sempre con la realtà. La realtà arriva presto sotto forma di traccia numero 3. Per la terza volta consecutiva, la band racconta uno scenario molto quotidiano e sorprendentemente familiare nella canzone Ailoviù. La componente giocosa questa volta è nel testo fatto di giochi di parole e immagini che si formano e disfano rapidamente:

Ti ho conosciuta durante il mio erasmus
Anche se forse non l'ho mai fatto
Ma ero fatto, si ero fatto con te
Non mi ricordo com'eri, non ricordo cosa dicevi
Ma ricordo che eri li con me

I fotogrammi sono collegati da un filo di distorsione e ci parlano di un incontro sui social (Quando mi hai aggiunto / mi hai scritto / mi hai punto), di Erasmus, di Trump, di corsie di supermercati in cui poter ballare sulle note robotiche di Ailoviù.

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Aquilone si apre con la voce fluttuante di Chiara e i synth che si innalzano fino a riempire la stanza. Quella che sembra essere la canzone più leggera dell’album esplode in un assolo inaspettato di chitarra e in un coro liberatorio che, appunto, ripete “voglio essere libero”.

A mio parere l’album si spacca a metà a partire da Frida e i Giocattoli si trasformano in videogiochi. Sarà il testo semi-deprimente accompagnato da una linea strumentale gioiosa, sarà che il mio lato indie pop è stato sovrastimolato a questo punto, ma Frida mi ricorda una scena tratta dal film “Noi siamo infinito”, quella dove il protagonista è ad una festa ma in disparte che cerca di dissolversi con il muro e ad un tratto viene trascinato dagli amici a ballare. Ecco, i pochi cambiamenti ritmici fanno di Frida una canzone in stile arcade, una di quelle da ballare ad una festa per scrollarsi di dosso i brutti pensieri e dire “ma sì, chissene”.

Non sarebbe un album indie pop che si rispetti se non ci fosse almeno una canzone un po’ dark. E visto che adoro il lato oscuro di questo genere, Cuore di Lego si classifica come uno dei brani più interessanti a livello strumentale. Il paragone con gli arcade mi starà sfuggendo di mano, ma quando sento le note iniziali non posso fare a meno di pensare alle canzoncine dei livelli dove si annida il boss del gioco. La melodia, infatti, trascina in un ambiente più cupo in cui anche il testo è più riflessivo e amaro. Nella caverna di “Machepretendi” riecheggia la voce di Duilio, questa volta distorta ruvida e distorta come le chitarre che l’accompagnano. Uno spaccato sul lato buio del gruppo. D’altronde, mica può essere tutto rose e fiori.

Ci avviciniamo verso la fine dell’album e il ritmo funky di Nonostante Noi scopre un ulteriore lato dei Giocattoli, quello fatto di laser e beat da discoteca sui quali è impossibile stare fermi. Nel loro album di debutto, la band ItPop viaggia nel tempo inserendo Verde, una personale interpretazione del singolo dei Diaframma, band post-punk italiana attiva dagli anni 80. Una cover interessante e un omaggio alle proprie influenze artistiche. I Giocattoli, infine, chiudono l’album con Il Ragno in versione live che è probabilmente uno dei pezzi più belli della scena indie italiana degli ultimi anni. L’immagine di volersi immedesimare in un ragno per poter sempre stare accanto alla propria metà è inquietante e dolce al tempo stesso:

Come sarebbe bello essere piccolissimo
sussurrarti qualcosa all'orecchio, scivolarci dentro
e farmi spazio tra i tuoi organi arrivare al tuo cuore
e rimanere lì avvolto dal suo calore

L’ultima canzone è decisamente una scelta azzeccata che aggiunge originalità al disco e regala uno scorcio di come possono suonare dal vivo i ragazzi di Palermo.

La mia impressione di “Machepretendi” è più che positiva: un album moderno e genuino al tempo stesso, frutto della creatività personale e influenzato dai trend del periodo. E’ convincente perché rispecchia la realtà in cui viviamo, i miti che adoriamo, le innumerevoli preoccupazioni con cui lottiamo e le infinite aspirazioni che coltiviamo.

Il disco sembra dividersi in due parti: una fresca e sbarazzina (le prime cinque canzoni), l’altra nettamente più riflessiva e, a livello musicale, un po’ asciutta. Forse preferisco la prima parte, quella spensierata senza mai essere superficiale, ma questo è un giudizio puramente personale. La seconda parte, da Cuore di Lego fino alla fine, ha degli elementi interessanti, ma è meno armoniosa, forse a causa della disposizione dei brani e del ritmo vivido che si smorza lentamente.

Le tematiche sono abbastanze vaste, toccano elementi della cultura pop, scene quotidiane, sentimenti comuni e molto personali, anche se sono convinta ci sia ancora tanto da scavare e da raccontare. I Giocattoli sono una piacevole rivelazione, una delle realtà più interessanti del panorama ItPop che suscita il desiderio di essere scoperta più a fondo. E proprio per chi (come me) vuole vedere come si evolve questo gruppo, il 20 aprile è partito l’atteso tour che porterà I Giocattoli sui palchi di tutta Italia. Non perdete l’occasione di tornare bambini e giocare con la buona musica:

24.04 - Super Nova Festival w/ Cosmo, Genova

25.04 - Anfiteatro Del Venda, Galzignano Terme (PD)

26.04 - sPAZIO211, Torino

27.04 - Covo Club, Bologna

28.04 - Capanno Black Out, Prato

01.05 - Associazione Culturale Ohibò , Milano

04.05 - TILT - tattoo bar events -, Avellino