Run Fast Sleep Naked Nick Murphy 26 aprile 2019
8.8

Nick Murphy e Chet Faker non sono la stessa persona.

Di Chet Faker, Nick Murphy dice che era un progetto, un punto di partenza: «all’inizio mi chiedevo cosa trovassi figo, poi ho iniziato a considerare il nome che i miei genitori mi hanno dato e allora la domanda è diventata “cosa mi piace?”». Così, come David Bowie con il suo Ziggy Stardust, il cantante e produttore australiano ha appeso al chiodo i panni di Faker nel 2016 ed è tornato a lavorare su se stesso. Non è solo una questione anagrafica: Chet e Nick sono veramente persone diverse. Cambiare nome, racconta, è bastato a renderlo consapevole di tutti quei limiti che non sapeva di avere; così facendo è riuscito a liberarsi delle riflessioni su cosa fosse musicalmente giusto o appropriato e ha imparato a fidarsi dell’istinto. E Nick Murphy ha un istinto formidabile.

Chet Faker era tutta un’altra storia: Built On Glass, l’album con cui ha debuttato, era pesato ed intimista, scuro e controllato. Al contrario il ritrovato Nicholas è ribelle e sregolato, pubblica un EP folle (I’m Ready e Forget About Me ne sono gli esempi più evidenti) e lo intitola Missing Link, collegamento mancante, il ponte tra la fase appena conclusa e il nuovo capitolo che si apre con Murphy ai posti di comando.

Run Fast Sleep Naked è il punto di arrivo di questa esplorazione identitaria durata quasi cinque anni, un viaggio che ha i colori vibranti delle dune sabbiose che il cantante australiano ha scelto come copertina dell’album. Con un’orchestra completa e più di 15 musicisti ad accompagnarlo, il Nick ha preso piuttosto sul serio la missione di correre veloce e dormire nudo, che fuor di metafora è un invito a prendersi la libertà di essere ciò che si desidera, di comportarsi come si vuole; ha registrato le parti vocali dell’album tra la casa vacanze che condivideva con la famiglia in Nuova Zelanda, uno studio a Tokyo, il suo appartamento nella Grande Mela ed il salotto della nonna, perchè«se ti siedi in un posto per un lungo periodo di tempo, ti rilassi e inizi a vivere il mondo in modo nuovo».

In un’intervista il fu Chet Faker spiegava che spesso le canzoni rischiano di sopraffarti, perché  l’artista che le esegue mette in mostra solo il suo talento finisce per rubare la scena al brano; al contrario, lui avrebbe voluto creare pezzi che fossero in grado di dare il benvenuto, di accogliere l’ascoltatore. Un obiettivo, il suo, che solo con Run Fast Sleep Naked può dire di avere raggiunto appieno. Perchè, lo sappiamo, Nick Murphy è un grande musicista, a suo agio nell’elettronica, nel pop, nel soul e nel trip hop, a suo agio con i testi impegnati e le melodie complesse, ma ha una strana tendenza a prendersi parecchio sul serio; con questo nuovo album, forse, ha imparato ad essere meno cerebrale e ad agire di pancia, quasi come a dire: “entra nel pezzo insieme a me, ti sto aspettando”.

I'm not made of stone
I was put here with a bleeding heart
To help somebody else's start

Run Fast Sleep Naked si apre con la voce di Murphy in solitaria, con un sottilissimo accompagnamento musicale, come spesso accade in questo album (in particolare in Hear It Now e Harry Takes Drugs on the Weekend, che sono i primi due brani della tracklist). È una grossa differenza rispetto ai suoi lavori precedenti, nei quali era il suono ad occupare la gran parte dello spazio, ad essere messo al centro dell’attenzione. Non fraintendetemi, ci sono momenti in Run Fast nei quali Nick si dedica esclusivamente all’esplorazione sonora, come accade nella lunga coda di Novacaine and Coca Cola, per raccontare paesaggi e realtà esotiche, vitali.

In questo caleidoscopio di atmosfere, a parer mio, c’è anche un briciolo di bipolarismo: prendete Yeah I Care, con quegli archi arabeggianti che evolvono in una sviolinata elettronica sul finire della canzone, prendete la stessa Hear It Now, che da inno alla libertà si trasforma in un cupo ripetersi di «I can hear it now». Prendete Some People, che credo essere il pezzo più forte dell’album: non dirò troppo su quello che accade durante il brano, ma ad un certo punto succede qualcosa. È come quando mangi una caramella ripiena che si scioglie lentamente in bocca e lascia dietro di sè il gusto familiare dello zucchero; poi, senza troppo preavviso, il guscio duro si rompe e lascia spazio al sapore intenso del ripieno. Allora sì che ne è valsa veramente la pena!

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Some People procede così, un folk arpeggiato, una sezione d’archi, nulla di troppo innovativo, fin quando Nick non cambia le carte in tavola e rompe completamente gli schemi di gioco. Run Fast Sleep Naked è ricco di questi momenti, spiazzanti, dirompenti, complice la combinazione di diversi stili, dal soul all’elettronica; accanto ad essi però troviamo brani più convenzionali: Never No e Harry Tales Drugs on the Weekend ricordano i Coldplay di Viva la Vida e a tratti si può quasi sentire un’eco di James Bay (prima che decidesse di tagliare i capelli). L’album è stato anticipato dal singolo Sanity, accompagnato da un video singolare, un’allucinazione sensoriale che ritrae Murphy prima perso nel deserto, circondato da sedie volanti e volti liquidi, poi in una casa, con una serie di repliche di se stesso. Si tratta di uno dei momenti più pop di Run Fast, insieme a Sunlight, una canzone che non avrebbe mai trovato posto nei lavori del suo alter ego. Chet Faker fa capolino sul finale, in Believe Me e Message You At Midnight, che quasi stonano se paragonate al calore che trasmettono tutte le altre canzoni presenti nel disco.

Nick Murphy, oggi, condivide la scena con diversi artisti, tra gli altri il produttore venezuelano Arca (che ha collaborato con Frank Ocean, Bjork e FKA Twigs) e il cantautore inglese Sampha (già al lavoro con Drake, Kanye West e Solange Knowles), che fanno della commistione di generi il loro punto di forza, ed è stato così anche per lui, quando ancora era Chet Faker. Questo album aggiunge un tassello interessante alla storia di Murphy, che abbandona un po’ della sua raffinatezza e inizia a respirare a pieni polmoni. C’è una sincerità che forse è mancata ai meravigliosi esercizi di stile di Thinking in Textures e Built On Glass e credo che, in fondo, sia arrivato il momento di salutare Chet e accogliere con un sonoro applauso Nick Murphy.

Nick Murphy sarà live in Italia il 7 ottobre al Teatro della Concordia di Torino.