Wilder Mind Mumford & Sons
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Nel settembre 2013, terminata la leg americana del tour, Marcus Mumford e soci annunciarono di volersi prendere una pausa a tempo indeterminato. Tra urla di gioia di chi non ne poteva più di sentirli alla radio e in qualunque festival da un lato e pianti disperati e attacchi di panico dei fan dall’altro, nessuno ha fatto in tempo a dimenticarsi di loro che già erano di ritorno sulle scene. Nel gennaio 2015 infatti, con l’annuncio della presenza del quartetto londinese tra gli headliners di vari festival (tra cui Reading & Leeds), si sentiva già nell’aria il profumo di un ritorno, che è avvenuto prima del previsto e in maniera del tutto inaspettata.

Che i Mumford & Sons non potessero pubblicare un terzo album uguale a Sigh No More (2009) e Babel (2012) era però chiaro per vari motivi: Sigh No More era piombato come una novità nel panorama del folk rock, rilanciandone la popolarità; Babel è stato il suo continuum per successo e per stile, ed è servito sia alla band per affermarsi in maniera definitiva sia ai fan, che in fondo del banjo e delle canzoni in quello che era diventato ormai lo “stile Mumford” non ne avevano abbastanza. Dopo più di 7 milioni di copie vendute e vari riconoscimenti (tra cui un Grammy per Album of the year per Babel) i Mumford & Sons hanno però deciso di abbandonare il sentiero battuto e di cambiare strada.720x405-Mumford-&-Sons-Press-Shot-2nd-March-(1)La notizia che ha fatto più scalpore nel quadro dell’atteso ritorno della band è stata quella riguardante l’abbandono dello strumento che li aveva caratterizzati, il banjo. Subito si sono fatte strada nella mente di fan e haters scene apocalittiche con falò di forche, forconi, bretelle, chitarre acustiche e banjo - o, in alternativa, scene di distruzione degli strumenti stessi in un fienile come suggerisce il video di Hopeless Wanderer, ultimo singolo estratto da Babel. Che fosse un segno premonitore?. Al contrario, Marcus & Co hanno dichiarato che la loro dipartita dal sound folk è stata del tutto naturale, avendo iniziato ad abbracciare sonorità più “rock” con le quali erano cresciuti.

Wilder Mind, prodotto da James Ford (Arctic Monkeys, Florence & The Machine, Haim) è caratterizzato infatti da un sound in cui il banjo di Winston Marshall e la chitarra acustica di Marcus Mumford sono stati sostituiti da due chitarre elettriche, che si alternano in momenti diversi all’interno dei brani (e del disco) fino a diventarne le protagoniste. La maggior parte dei brani segue infatti questa struttura, partendo con un intreccio tra la tastiera di Ben Lovett e il basso di Ted Dwane, per poi arricchirsi con riff di chitarra che da lenti e isolati diventano più veloci e intricati. Altra novità che si nota subito dall’apertura dell’album è la presenza di una vera batteria che scandisce il ritmo di tutti i brani e che non viene mai messa in secondo piano, a differenza della “comparsa” del kick drum suonato dall’ormai ex tuttofare Marcus, che è passato dal cantare/suonare non stop la chitarra acustica tenendo il ritmo col piede e sgolandosi a ritmi di “har har” al dover ora soltanto cantare accompagnandosi a volte con qualche accordo di chitarra.

L’album si apre con Tompkins Square Park, un ottimo inizio che suggerisce quello che sarà il ritmo e l’andamento generale del disco. Da subito si sentono le novità del sound della band londinese, tra cui la presenza della batteria, del basso (ora non più “soffocato” dagli altri strumenti) e dall’alternarsi di un lento-crescendo, motivo presente in tutto l’album. Seguono poi Believe e The Wolf, le tracce pubblicate in anteprima. Il crescendo del ritmo prosegue, raggiungendo l’apice in The Wolf, unica traccia che sprigiona energia dall’inizio alla fine, con le chitarre elettriche come protagoniste. E’ proprio in queste prime tracce che la voce di Marcus inizia a mostrare il suo timbro potente e graffiante.

Il ritmo del resto dell’album segue poi due strade diverse: si alternano infatti brani come Wilder mind, Monster e Cold Arms più in stile “rock 1035x1035-unnamed_zpsozcjnw3hatmosferico” , seguendo la struttura del crescendo,  e brani con una melodia più standard, ritmata e uniforme come Just Smoke, Broad Shouldered Beasts e Ditmas, con ritornelli da cantare in coro (quasi) in vecchio stile Mumford. Snake Eyes, situato proprio a metà dell’album, e Only Love sono una sintesi di tutte le caratteristiche principali del disco: l’inizio lento, il ritmo crescente segnato dalla batteria e poi dalle chitarre, un ritornello orecchiabile e la varietà dello stile della voce di Marcus Mumford, che segue un climax ascendente, passando dal sussurrare le parole in tono confidenziale per poi arrivare all’apice del brano con le note più acute.

Tra i punti di forza di questo album c’è sicuramente la voce del leader della band, che a differenza dei due album precedenti diventa la vera protagonista, mettendo in atto tutte le sue potenzialità: dal canto quasi sussurrato alle note più alte e lunghe che tengono testa a strumenti che non sono più acustici. I testi sono più personali e più “dark”: Le penne sono passate da una a quattro, con testi scritti da tutti i membri della band, che hanno però seguito due direzioni diverse: quella dell’amore felice e stabile (per Marcus Mumford e Ben Lovett), e quella della fine di relazioni che ormai duravano da tempo (per Ted Dwane e Winston Marshall), ed è proprio quest’ultima sfumatura che sembra prevalere. Abbandonati i toni pseudo filosofici/religiosi/letterari presenti nei testi dei primi due album, Wilder Mind parla di amori difficili, rimpianti e storie finite, senza però lasciare che questi vengano percepiti come il tema esclusivo. Il disco ha un tono dolceamaro, che si chiude sulle note di due tracce – Only Love e Hot Gates – che sembrano invece quasi lanciare un messaggio positivo e ottimista.

Insomma, Wilder Mind è un bell'album, omogeneo e coerente con le scelte fatte, che si ascolta volentieri dall’inizio alla fine, anche se forse a dirla tutta manca di una scintilla, soprattutto se paragonato agli album precedenti o ai brani usciti in anteprima. Ma d’altronde questo è solo il primo passo lungo il nuovo cammino intrapreso dalla band, e sarà interessante vedere sia come questo nuovo sound verrà sviluppato e portato avanti in album futuri, sia come i nuovi brani verranno accostati ai vecchi successi nei prossimi concerti.