31 maggio 2018

UP&COMING: City Final

 

Nome: City Final

Nazionalità: Italiana

Per quelli a cui piacciono anche: Morrissey, Primal Scream, Bauhaus

Miglior canzoneLearn Again

Pubblicazioni: Due album, di cui uno – “Anecdotes” – freschissimo di stampa. Poi un piccolo tributo ai Bauhaus nel mentre.

Raccontateci un po' la vostra storia. Da dove venite? 

City Final nasce a Roma sul finire del 2009 dalle ceneri di Passione Nera – progetto a sua volta concepito nel 2005 dopo anni di militanza nel mondo hardcore-punk. City Final è l’evoluzione ‘full band’ di Passione Nera, una specie di avventura solista improntata su ricerca e rottura entro i confini folk-pop. In tal senso, il desiderio di dare continuità all’attività live ha giocato un ruolo fondamentale nella transizione verso City Final e la forma gruppo. Una decade e svariati cambi di line-up più tardi, il cerchio si chiude spostando la band da Roma a Firenze nel 2017, proprio in virtù di una formazione che ora include amici di lunga data, anche loro parte della scena punk e post-punk degli anni zero.

Perché avete iniziato a suonare?

Per un genuino desiderio di condivisione. Non riesco a concepire l’idea di arrivare a scrivere qualcosa che tu stesso desideri riascoltare e tenerlo tutto per te.

Il vostro sound è molto internazionale e, in un certo senso, retrò. Da cosa o chi prendete maggiore ispirazione?

Dal cinema alla musica, qualsiasi lista sarebbe sconfinata, quindi ti risparmio l’agonia. Quando ho iniziato come Passione Nera, mi sarebbe piaciuto comunque riuscire a combinare Scott Walker con gli Swans. Ovviamente senza potersi portare dietro un’orchestra è andato tutto in cavalleria in men che non si dica. L’idea di compensare la mancanza di archi e fiati attraverso arrangiamenti più convenzionali (chitarre-basso-batteria) credo – spero? – sia comunque rimasta in qualche modo...

Siete italiani, ma cantate in inglese e avete lavorato con nomi quali Liam McKahey (Cousteau), Nicola Manzan (Bologna Violenta, Il Teatro degli Orrori, Baustelle, ecc.) o Giorgio Condemi (Motta). Cosa ne pensate della scena musicale italiana?

Negli ultimi dieci anni si è creato un grosso divario tra l’underground e il mainstream. Per certi versi, una morsa letale perproposte non convenzionali o non conformi. Sono anni in cui sono venuti a mancare punti di riferimento (persone e luoghi) e una sorta di mutualismo in favore di una logica di consumo usa-e-getta. E con queste, credo, anche opportunità di riscatto ed emancipazione per la musica indipendente nostrana. Nostalgia o lospecchio dei tempi che cambiano, non saprei. Al netto di tutti gli ostacoli, c’è molta speranza. In un panorama in cui Edda fa uscire dischi fenomenali come “Graziosa Utopia” e i Massimo Volume sono ancora tra noi, c’è ragione di guardare avanti con fiducia. E augurarsi che la musica italiana, qualsiasi la lingua in cui ci si esprima, possa anche tornare oggetto da esportazione.

Quali consigli dareste ad una band che volesse intraprendere il vostro stesso percorso?

Di fare le cose con la stessa passione e perseveranza, senza inimicarsi troppo gli dei.

Se aveste la possibilità di vedere dal vivo un artista che non c’è più, chi sarebbe?

Oggigiorno rimpiango non aver visto dal vivo Alton Ellis.

Descrivete la vostra band con un drink: Gin tonic con una punta di angostura.

Descrivete la vostra band con 3 aggettivi.

Ci hanno ripetuto ‘cinematici’ e ‘soavi’ finché non abbiamo iniziato a crederci. L’ultimo lo lascio a voi.

Dove vi possono trovare i nostri lettori?

Ovviamente in carne e ossa ai concerti, perché ogni live è una festa. Poi online su www.cityfinal.net e a farvi rubare dati personali su FacebookSe proprio non vi fidate a fare acquisti a busta chiusa, su Spotify trovate invece tutta la discografia.