11 maggio 2014

Una vita in transenna - Part 3

Ti sei perso le puntate precedenti? Corri a leggere! Parte 1: Una vita in transenna - Part 1 | Parte 2: Una vita in transenna - Part 2

Amici amicissimi amicerrimi!

Nelle scorse puntate di questa oramai disperata rubrica ci eravamo lasciati con un vicino urlante ed una sensazione di disagio disarmante, un disagio che si può solo tradurre con “cazzo-cazzo-cazzo-si-stanno-spegnendo-le-luci-adesso-entra-la-band-come-mi-chiamo-non-mi-ricordo-AAAAAAAAAAAAAAAAH” . Insomma, ci siamo lasciati nel panico. Cosa succede ora? Succede che anche tu inizi ad urlare, non sai bene per quale motivo, ma senti l’urgente bisogno di un Ventolin.

La band esce e nemmeno fai in tempo ad urlare tutto l’alfabeto in modo isterico per accoglierli che circa 15.000 persone decidono di usarti come personale divano, come appoggio, come trampolino di lancio per avvicinarsi al palco. L’HAI VOLUTA LA TRANSENNA, EH?!

Entri in apnea e concentri tutte le poche forze rimaste per spingere indietro un po’ di gente e ristabilire la tua supremazia in transenna. Ci provi, almeno, perché minimo in quel momento quel sadico del frontman di turno verrà proprio dalla tua parte a prendersi un po’ di applausi e tu vedrai di nuovo la morte in faccia. Grazie, band demmmerda.

 

La prima canzone inizia e tu non puoi fare a meno di iniziare a cantare a squarciagola e saltare come un canguro…perché scusa, cosa pensavi di fare, la bella statuina? Eddai, mica hai affilato l’ascia bipenne per niente! E poi potresti avere anche una costola incrinata, la sciatica, una rotula fuorisede che, volendo o no, TU SALTERAI. Perché quando sei ad un concerto devi tener conto di una cosa: il 50% dei movimenti saranno comandati al tuo corpo dal tuo cervellino, il restante 50% saranno una conseguenza della folla, una sorta di onda anomala. Quindi tranquillo, se ad un certo punto ti troverai sollevato dal suolo sarà tutto normale, così normale che potrai finalmente esclamare “Jack, sto volando!” poi, ecco, prenditi le tue responsabilità.

 

Insomma, sei a questo benedetto concerto che hai aspettato da…circa la tua nascita. Hai il cartello da best fan, hai la maglietta del gruppo addosso, stai urlando, cantando, saltando, c’è solo una cosa che ti manca...

INCROCIARE LO SGUARDO CON UN COMPONENTE DELLA BAND.

Non scherzate, questo è un rito mistico importantissimo.

Non importa che il suddetto musicista sia accecato da 50 luci di colori diversi, che stia suonando, che magari sia pure miope e senza lenti a contatto. Nel momento in cui casualmente abbasserà leggermente lo sguardo verso il pubblico, magari nemmeno verso il pubblico ma ai tuoi occhi sembrerà così, ecco il momento mistico. HA GUARDATO ME! PROPRIO ME! E’ AMOREEEEH!

Accidentalmente questo momento importante della tua esistenza verrà condiviso con minimo altre 50 persone che affermeranno la tua stessa cosa ma, che ciarlatani! Solo tu conservi nel profondo del tuo cuore la sacra realtà, ossia che il musicista in questione abbia guardato SOLO E SOLTANTO TE. E poi, vogliamo mettere? Avevi anche il cartello da best fan!

Hai ancora il cuore pieno d’ammmmoreh e potresti vivere (sopravvivere, visto la situazione) solo con quello se non fosse che, track, a furia di urlare la tua gola si è inaridita più del deserto sahariano. Decidi, in un moto di coraggio, di tentare la missione impossibile: girarti leggermente, prendere lo zaino, aprirlo e tirare fuori l’acqua. (Acqua?! Ma i tappi all'inizio, il rene…come puoi avere dell’acqua? Eddai, devo davvero spiegarvi anche il trucchetto del tappo di cambio in tasca? SUVVIA) Lo spirito di Rambo torna ad impossessarsi di te e combattendo tra spintoni, salti e sudore di altre 40 persone addosso a te riesci nell'impresa, la gola ringrazia.

 

Ti stai giusto risistemando, incastrandoti un po’ qui ed un po’ li che una nuova sensazione si impadronisce di te: IL VUOTO. Dopo un’ora e passa riesci a respirare in modo umano, a muoverti , le persone improvvisamente non sono più pressate contro di te. Sei un po’ confuso, pensi d’aver qualche visione.

…poi vedi lo sguardo della band sul palco. Lo stesso sguardo che probabilmente potrebbe avere solo Satana intento a squartare un agnellino. Quello sguardo folle che hai visto solo una volta in vita tua ed era da parte del tuo prof di matematica mentre all'esame di maturità si accingeva a farti una domanda impossibile.

Ti giri, terrorizzato, e capisci che le tue paure erano fondate.

Dietro di te si è creato un buco, la folla è tutta a lato pronta a scattare all'inizio del ritornello e ricreare una mischia più mortale di quelle medievali.

Il Circle of Death è pronto E TU SEI NELLA TRAIETTORIA DI CHIUNQUE.

Reagisci bestemmiando. C’è poco da fare, ti giustificherebbe anche Dio stesso, lo stesso Dio che tra l’altro è appena comparso di fronte a te per darti l’estrema unzione.

Nell'ultimo tentativo disperato di suscitare pena osservi la band sperando che faccia qualcosa, che interrompa quel massacro.

Niente.

Da stronzi quali sono attaccano il ritornello PROLUNGANDOLO.

Chiudi gli occhi e ti prepari alla fine.

Il tuo ultimo pensiero è: “cazzo, non ho dato da mangiare al gatto…”

 

"Dimmi, oh prode concertaro, quale è la tua ultima confessione?"
"Dimmi, oh prode concertaro, quale è la tua ultima confessione?"

 

Sopravvivi, ma solo per morire nella prossima fase del concerto: IL LANCIO DEI PLETTRI.

La band ha finito di suonare e si sta sadicamente godendo la visione del proprio pubblico sudato, ammaccato, un pubblico di sopravvissuti. Come da tradizione lancia plettri e bacchette e, sempre come da tradizione, la gente si tramuterà in caimani del Nilo pur di averne uno. MEMORABILIA!

Purtroppo nessun testimone è mai sopravvissuto per raccontare cosa succeda durante questa pericolosa fase, quindi direi di sorvolare per non turbare i deboli di stomaco.

 

Insomma, la cosa bella dei concerti è forse una, a parte tornare a casa con lividi artistici sparsi per il corpo, meravigliosi souvenir grandi come patate ed ottimi per effettuare il test di Rorschach.

Per un’ora, due, ti dimentichi tutto quello che c’è fuori dall'arena e ti senti libero da ogni pensiero che non sia il cantare quella determinata canzone a squarciagola con altre 15.000 persone che improvvisamente non sono più sconosciuti ma compagni (un po’ stronzi, soprattutto quello che ti sta infilando il gomito tra la costola sinistra e qualche altra parte del corpo in quel momento non identificabile) di un’avventura. Sei dentro un’arena con degli sconosciuti ed ognuno sta provando quello che provi tu, ognuno sta cantando quelle parole sentendole sue, che sia per un motivo o per l’altro. Non c’è esperienza più bella di un concerto per capire quanto effettivamente sia potente la musica nel mondo e di come possa unire le persone.

 

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