Le sogniamo, le aspettiamo con ansia, facciamo multipli conti alla rovescia finché finalmente arrivano: parlo delle vacanze estive, le manciate di settimane che da tradizione si prendono ad agosto per fuggire dal tran tran e dalla calura della città. In questo periodo oltre a noi si ferma metà Paese, ma per fortuna non la musica. Quest'anno tra i vari festival che costellano la Penisola c'è una new entry: Transumare Fest, dal 22 al 24 agosto a Roseto degli Abruzzi (TE), che si prospetta essere l’evento di punta dell’estate abruzzese e uno dei più grandi festival musicali del Centro Italia. Se vi trovate sulla costiera adriatica e avete voglia di una serata alternativa il punto di ritrovo è il Lungomare Trento 83, che accoglierà migliaia di persone dal tramonto fino a tarda notte, al suono, tra gli altri, di Cosmo, Tre Allegri Ragazzi Morti, Laila Al Habash, Whitemary, Bruno Belissimo, Queen of Saba e Marco Castello. Proprio con quest'ultimo per l'occasione abbiamo scambiato quattro chiacchiere al telefono. Il suo secondo album, Pezzi della sera, uscito a fine 2023, ci aveva completamente stregato, con le sue atmosfere vintage e mediterranee e i suoi testi acuti e sarcastici. L'artista siciliano è una gemma rarissima nel panorama nostrano, un cantautore che non scende a patti con niente e con nessuno, fiero delle sue origini e della sua coraggiosa indipendenza, che lo rende l'incarnazione della parola indie. Se dovessi puntare tutte le mie fiches su nome emergente italiano me le giocherei tutte su di lui: le molteplici doti di Marco Castello lo stanno già ripagando, e chissà dove lo porteranno.

Parto da una parola che va molto di moda a Milano e che personalmente inizia a starmi stretta: su di te al momento c’è un sacco di hype, a vederti al Mi Ami c’era un sacco di gente e sempre più miei amici mi dicono “che bomba Marco Castello”, tu come la stai vivendo questa cosa?
Mah, a parte delle notifiche in più sui social tutto normale come prima.
Tutto tranquillo? Non ti senti troppe aspettative addosso?
No no, assolutamente no, anche perché quello che dovevo fare l’ho fatto. Prima che ricomincerò a fare qualcosa per cui ci sia qualche aspettativa passerà almeno un altro po’.
Direi che quest’estate tu sarai abbastanza concentrato sul tuo tour, hai tante date in giro per l’Italia. Come stanno andando?
Benissimo, benissimo! C’è sempre un sacco di gente, cantano tutti, è sempre divertentissimo. Poi stiamo sperimentando questa modalità un po’ nuova... Di solito si organizza un tour a blocco, quindi uno parte, sta fuori per un po’, fa tutte le date concentrate, poi torna, invece noi stiamo sperimentando questa cosa di aver spalmato le date in tutti e tre i mesi dell’estate e quindi è tutto molto rilassato e godibile.
Ma se ti dicessi di provare a convincere chi leggerà questa intervista a venirti a vedere cosa diresti?
No, non ti voglio convincere, ascoltami e se ti piace vieni!
Qual è la cosa più divertente, buffa, che ti è successa durante un concerto? Tipo, che ne so, la gente che si fa le proposte di matrimonio.
Proposte di matrimonio fortunatamente non ce ne sono state. È sempre bello ricevere regali buffi. È successo a Bologna che dei ragazzi mi regalassero un cappellino della polizia municipale, è stato molto divertente.
Giusto per alimentare il meme.
Sì, esatto. (ride, ndr)

Solo qualche mesi fa eri in tour con Erlend Øye, il vostro live in Santeria era stato veramente molto bello. Cosa ti sei portato a casa da questa esperienza di suonare con un artista internazionale?
Beh, in realtà è partito tutto da lì, perché ho cominciato a suonare con lui prima ancora che registrassi i miei primi pezzi, quindi è stata un po’ la scintilla che poi ha generato tutto quello che è venuto dopo. Sicuramente è stata una bella palestra per il palco: gestire le emozioni, il restare concentrati, abituarsi ad eventuali figure di merda e non pensarci troppo e concentrarsi sulle cose buone.
Secondo te c’è un approccio diverso tra artisti internazionali e artisti italiani a quella che è un po’ la dimensione live?
Allora, io ti posso parlare di quella che è la maniera in cui me la vivo io quando faccio i concerti miei e quando invece faccio i concerti insieme alla Comitiva. Chiaramente avendo un pubblico italiano che capisce i testi delle mie canzoni è sempre molto bello essere capiti o anche non essere capiti e sentire le interpretazioni della gente che ascolta e si fa i trip sui testi. Però una cosa che a me manca all’estero è il fatto che hai un po’ meno la possibilità di buttarla in cazzeggio, di fare i cretini, di usare l’ironia, di prendersi un po’ meno sul serio. Invece se vieni a un live nostro, ti renderai conto, tu lettore, che invece è tutto fatto molto alla cazzo di cane e il bello è proprio quello, perché comunque ci piace tanto anche improvvisare e non avere nulla di preparato. È come quando facciamo le prove e jammiamo fra noi: ce la viviamo nella maniera più naturale possibile.
Credo che il segreto dietro all’hype che c’è su di te è anche un po’ questo: perché se la gente viene a vederti ha proprio questa sensazione di naturalezza, sembra che tu sia lì a suonare con i tuoi amici, ed è molto molto bello.
Eh sì. E poi anche tutta quest'insalata di meme che sta venendo fuori negli ultimi mesi (ride, ndr) contribuisce anche ad alimentare questo alone un po’ più comico della situazione, del progetto.
Io grande fan di questa wave dei meme devo dire, continuiamola!
Sì, anche io!

Invece se guardiamo dentro i confini di casa nostra, tu sei orgogliosamente siciliano. Che elementi della tua terra ti porti nella tua musica? Oltre ovviamente all’aspetto linguistico.
Allora, l’odio per il turismo e per i turisti senza dubbio e poi gli squallori e il trash oltre a tutte le bellezze che, vabbè, sono evidenti a tutti, sono sempre una fonte di ispirazione fortissima.
Se penso alla Sicilia il primo artista che mi viene in mente è Battiato a cui sono molto legata, tu hai qualche legame con lui?
Io ho rosicato tantissimo perché avrei voluto conoscerlo, in realtà l’ho visto soltanto una volta e non ho avuto il coraggio di avvicinarmi. Anche musicalmente l’ho approfondito un po’ dopo rispetto ad altri giganti italiani. Però una cosa che mi ha affascinato sempre, che mi ha fatto apprezzare tantissimo Battiato, era proprio il fatto di mettere dei temi super filosofici in un contesto sonoro che poteva sembrare invece super frivolo e leggero a volte, super pop, super glam. Questo contrasto faceva la magia ed è quello che cerco pure io. Allora, il paragone mi sembra abbastanza improbabile però comunque apprezzo tantissimo questa cosa di Battiato, ecco.
Invece hai qualche rapporto con altri artisti tuoi conterranei ma contemporanei? Mi vengono in mente ad esempio Colapesce e Dimartino o La Rappresentante di Lista.
Allora, con La Rappresentante Di Lista in realtà, a parte un follow reciproco su Instagram, non c’è mai stato nessun incontro finora, purtroppo, mi farebbe super piacere conoscerli. Con Colapesce invece, da quando ho registrato il primo disco, abbiamo legato subito. Lorenzo mi ha aiutato tantissimo anche durante il mio percorso di esordio e adesso ogni volta che possiamo ci incontriamo, facciamo bellissimi barbecue insieme, bagni a mare, insomma ce la spassiamo quando possiamo.
Vi trovate a casa nelle poche volte in cui non siete in giro in pratica.
Sì esatto, qualche volta ci incontriamo anche in giro.

Parliamo del tuo ultimo disco Pezzi della sera, per me una delle migliori uscite dell’anno scorso. Le tue canzoni non hanno filtri e certe volte dici delle cose che potrebbero far storcere il naso a più di una persona, come ad esempio in Pipì in cui tu dici “ammazzo Fabio Fazio”. Quando scrivi ti fai qualche remora?
In realtà me le faccio eccome proprio perché purtroppo o per fortuna siamo in un momento in cui non è facilissimo dire proprio tutto quello che si vorrebbe e quindi quello che viene fuori nel disco è già filtrato, per quanto possa sembrare strano. Però penso che comunque uno debba essere un po’ libero di poter esprimere quello che vuole finché, diciamo, non urti in maniera diretta nessuno. Chiaramente non andrò ad uccidere Fabio Fazio: è un omicidio metaforico per esprimere la mia rabbia di fronte a uno yes man, ad una persona che sia perennemente pacata, cordiale e mai troppo critica. E comunque questa cosa qui un po’ mi fa incazzare perché, come dici tu, molti possono storcere il naso secondo me perché nella musica cantata e suonata non siamo abituati a sentire nulla di troppo fuori dal canonico nei testi della musica leggera che ci sono in Italia, per lo più “sole, cuore, amore”, quando invece se uno va ad ascoltare, che ne so, l’hip hop si dicono le peggio cose e nessuno si sogna mai di indignarsi.
Infatti ti devo dire che mi ha fatto sorridere leggere una tua intervista a Elle in cui ti definivano un perculatore irresistibile.
(ride, ndr) Può essere, mi sa che mi sono auto-definito io perché era un comunicato stampa che avevamo fatto girare all’inizio, proprio per comunicare l’uscita del disco e quindi quella della perculanza me la sono auto-affibbiata, perché comunque la rivendico con orgoglio. La rivolgo anche a me stesso, cioè non lo farei se non fossi io il primo a essere vittima, tra virgolette, dell’iper-criticità e delle prese per il culo di me stesso.
A livello di sound l’album è molto coraggioso per essere un disco italiano, nel senso che non rientra in quelli che sono i canoni di quello che va di moda in Italia. Paradossalmente potrebbe essere un disco molto più apprezzato all’estero che qui, questo tipo di cantautorato perché emerga ha bisogno di anni di gavetta oppure di un Sanremo, come appunto è successo con Colapesce e Dimartino. Facendo questo disco non hai mai pensato “oddio non lo ascolterà nessuno”?
Allora, partendo dal presupposto che se io mi ponessi questo dubbio non farei nulla, provo a fare innanzitutto qualcosa che piaccia a me. Penso che in realtà non è vero, adesso nel 2024 probabilmente è così, ma in realtà tutti i riferimenti che escono fuori nella musica dei miei dischi sono tutti italiani, semplicemente sono riferimenti italiani di 30/40 anni fa. Per me c’è stato proprio un bivio ad un certo punto per cui la musica italiana che poteva essere originale, identitaria e peculiare di appunto un paese, di un popolo, ad un certo punto è semplicemente cominciata a non esserlo più. Probabilmente era così pure prima, semplicemente prima la tendenza globale era più verso quella cosa lì, penso che ne so a Battisti, Dalla, chiaramente loro si rifacevano ad un certo suono che veniva dagli Stati Uniti, così come adesso i grandi del pop italiano si rifanno a quello che arriva adesso sempre dagli Stati Uniti. Però, boh, non mi sento molto coraggioso o pioniere in questo senso, perché penso che semplicemente è un dire “abbiamo fatto delle cose bellissime, ripartiamo da là”.
Ultimissima domanda: mi sembra di percepire nel tuo progetto molta indipendenza e molta voglia di fare un po’ quello che ti pare, è il motivo per cui ti sei aperto la tua etichetta discografica?
Sì, la ragione dietro questa scelta è che sempre grazie al fatto che ho avuto l’opportunità di approcciarmi un po’ ad una visione più internazionale della musica e del live, cosa che probabilmente non è molto facile per chi invece prova a fare musica normalmente in Italia, semplicemente sono arrivato alla conclusione per cui in realtà tutta la prassi che c’è dietro l’uscita di un disco o la spinta di un artista è dovuta al fatto che negli anni l’industria musicale ha fatto sì che questa fosse la regola, ma in realtà non è più così scontato. Nel senso, non è detto che serva necessariamente un’etichetta per fare un disco adesso, non è detto che serva necessariamente un ufficio stampa per fare le interviste come quella che stiamo facendo noi adesso, non è detto che serva necessariamente una distribuzione per essere ascoltati o un agenzia di booking per fare i live. Nulla togliendo a chi sceglie di avere tutte queste strutture dietro di sé. Io semplicemente ad un certo punto non ero soddisfatto dall’esperienza che era capitata a me e la rabbia piano piano è diventata frustrazione, anzi la frustrazione piano piano è diventata rabbia ed ad un certo punto ho detto “vabbè fanculo provo”. Alla fine avevo capito più o meno come funzionava, avevo capito più o meno quello che serviva per provarci in maniera indipendente e l’ho fatto. Anche se comunque per le strutture che avevo prima io i risultati raggiunti sono comunque dovuti al fatto che all’inizio il calcio in culo me lo avevano dato loro, in qualche maniera loro vorrebbero sempre appropriarsi del merito di questo pseudo successo che c’è in questo momento, quando invece secondo me dipende dal fatto che ho fatto qualcosa di vero: non mi sento di aver mai finto nulla, di aver mai fatto nessun compromesso e questa cosa evidentemente ha funzionato.
