E chi, del resto, non ha mai sognato di cambiare il mondo?
Siamo nel 2014. Una giovanissima band proveniente dalla provincia di Bergamo decide di aprire il suo EP d’esordio con questo quesito. Per poi procedere senza troppi indugi con una citazione colta: una versione musicata della poesia di Pier Paolo Pasolini Siamo stanchi di diventare giovani seri. L’album in questione è Il re è nudo, la canzone In Vento. Ho lasciato per ultima l’informazione più importante: la band si chiama Pinguini Tattici Nucleari. Adesso direi che le coordinate sono chiare. D’altra parte, parliamo di un gruppo che ormai non ha più bisogno di troppe presentazioni.
Ma facciamo un passo indietro. Fermiamoci per un momento a In Vento. Pur essendo la canzone con cui inizia l’EP non è stato il primo brano che i Pinguini abbiano mai rilasciato. Ma c’è un motivo se insisto proprio su questo pezzo: è stato il primo che io abbia mai ascoltato della discografia dei Pinguini. Perché proprio questo? Ovviamente, come spesso mi succede con le scoperte in campo musicale, del tutto random. Di ritorno da un concerto delle Luci Della Centrale Elettrica ho trovato una foto con come didascalia «Vorrei vedere più gente al concerto di Vasco Brondi e magari qualcuno di meno al concerto di Vasco Rossi». Ho riso – perché ero un po’ nella fase indie-snob che in realtà non ho mai superato del tutto anche se sono migliorata – e ho voluto cercare da dove provenisse questo verso. Ed ecco qui, Google mi ha ricondotto a In Vento. Ho iniziato ad ascoltarla. Se mi avessero detto che la band che avevo appena scoperto un giorno sarebbe arrivata terza al Festival di Sanremo, beh, forse non ci avrei creduto. Sanremo è in qualche modo sempre adatto al grande pubblico, i Pinguini al tempo di certo non lo erano. Non può essere mainstream una canzone in cui si vuole vedere «Pasolini in prima serata su Italia Uno che insulta il capitalismo e la logica del consumo». Cos’ha di radiofonico una ballata folk come Jack il Melo Drammatico, in cui si racconta la tragicomica storia d’amore tra due alberi? Probabilmente poco. E che dire di Cancelleria? Ricordo solo di aver pensato «questa è geniale». Io esagero sempre, ma è stato con questa canzone che mi sono realmente resa conto del valore della band che stavo ascoltando.

La strada verso il successo è stata lunga. L’anno successivo Me Want Marò Back è stata trasmessa da Radio Popolare permettendo ai Pinguini di farsi conoscere un po’ di più. Il terzo EP, Gioventù Brucata, ha rappresentato la prima virata verso sonorità più pop, perlomeno in pezzi come Tetris e Sciare. Ma è stato Fuori dall’Hype, l’album pubblicato nella primavera del 2019 con Sony, che ha concesso ai Pinguini di compiere definitivamente il salto che li ha fatti conoscere al grande pubblico. Il resto è storia recente, il terzo posto a Sanremo, la popolarità sempre crescente, la (quasi) definitiva svolta pop delle canzoni e il progressivo abbassamento dell’età media del pubblico che li ascolta. Chiarisco subito: va bene così. I Pinguini non sono più quelli delle origini, su questo non c’è dubbio. Ma non ho intenzione di mettermi a dire «belli i primi, poi venduto». È vero, in passato mi hanno divertito pezzi decisamente poco radiofonici come Ninnananna per genitori disattenti, ma nel vedere i Pinguini a Sanremo ho provato una sorta di orgoglio. Li ho visti in prima serata (non su Italia Uno) con dei completi color evidenziatore e ho pensato «ce l’hanno fatta». È stata una soddisfazione. Perché, nonostante tutti i cambiamenti, questa band continua a comunicarmi qualcosa.
Cosa mi comunica? Domanda difficile. Faccio sempre fatica a definire quello che provo con le canzoni di una band che mi piace.
So che c’è qualcosa. So di aver ascoltato a ripetizione Ridere quando è uscita all’inizio di quest’anno. So che sentire Bergamo durante il lockdown mi ha commosso, anche a causa della situazione. So che La storia infinita ha segnato la fine dell’estate. C’è qualcosa. So che quando ascolto i Pinguini ho di fronte una band che ha compiuto una scalata al successo notevole e, aggiungo, meritata. Che li ha condotti dai concerti praticamente gratuiti ai palazzetti. A tal proposito, il biglietto che mi avrebbe portato al Forum di Assago il 29 febbraio è gelosamente custodito nel mio cassetto. In attesa di poterlo finalmente usare.

Oltre al biglietto, custodisco gelosamente anche il mio bloc-notes: idee per articoli, canzoni mai terminate, scarabocchi. Se si apre a pagina 17 potreste notare un titolo interessante: «Conferenza stampa Pinguini Tattici Nucleari».
Ebbene, sì, perché con l'uscita di AHIA! siamo stati invitati alla conferenza stampa di presentazione del nuovo EP e i Pinguini erano veramente lì, collegati telematicamente dalla Mondadori di Piazza Duomo a Milano. Erano «tutti e sei» ha puntualizzato Valerio Lundini, il comico-moderatore dell'evento che ci ha strappato più di un sorriso. Un incontro all'insegna del divertimento e dell'accettazione del fatto che essere mainstream non li preoccupa. Sanno bene di aver cambiato sempre genere da un disco all'altro e sono sicuri di loro stessi. Citano perfino Calcutta, il quale esordì proprio con l'album Mainstream. Ai tempi era un emergente, ma oggi è l'esempio perfetto di cosa voglia dire cantare e suonare indie in Italia.
Parlando in modo più approfondito dell'ultimo lavoro targato Pinguini Tattici Nucleari, il disco porta lo stesso nome del romanzo scritto dal cantante Riccardo Zanotti, uscito giusto un mese fa. Raccontano di un album nato in pieno lockdown, che è stato anticipato dai singoli La storia infinita e Scooby Doo. Il titolo dell'EP è esemplificativo: prende questo titolo proprio per rappresentare gli imprevisti del 2020, anno che per i Pinguini Tattici Nucleari doveva essere ricco di impegni e si è rivelato difficile, ma che è stato affrontato con la loro consueta ironia.
Nella mezz'ora di conferenza stampa si dicono leggermente preoccupati per quanto riguarda il modo in cui gli ascoltatori potrebbero recepire l'album, poiché hanno utilizzato metodi di produzione nuovi, ma ne vanno orgogliosi, racconta Riccardo. A livello tematico c’è il rimando ad alcuni argomenti del romanzo, le relazioni figli-genitori, il discorso sulle maschere e le apparenze, ma anche storie nate da semplici immagini di vita. Rivela che un brano l’ha scritto dopo aver osservato una ragazza sul tram.
È d'obbligo il riferimento all'anno che sta per volgere al termine: lo definiscono «paradossale» ma anche ricco di successi perché si confrontati con il mondo del mainstream e del pop. Quella che è mancata è stata la musica live, con un tour programmato nei palazzetti in stand-by, il salire sul palco ed esprimere loro stessi. D’altro canto ci sono stati tanti «premi di consolazione», tra cui il passare in radio ma dicono che «senza la musica dal vivo il lavoro del musicista è difficile».
Noi vi consigliamo l'ascolto di Pastello Bianco e Ahia!, la title track, perché posseggono quella giusta miscela di suoni per affrontare la giornata con la consapevolezza che i Pinguini Tattici Nucleari sono tornati e hanno di nuovo reinventato il loro stile, rinnovandosi ma mantenendosi comunque fedeli alla loro maschera di artisti duttili e capaci di adattarsi ad ogni occasione che gli si presenta davanti.
Articolo scritto a due mani da Giovanni e Greta.