02 novembre 2017

Quello giusto al momento sbagliato

“Guarda tu sei giusto, ma non per me, non in questo momento almeno”. Non vergognatevi, piccoli Quasimodo friendzonati dalla Esmeralda di turno, tutti abbiamo sentito questa frase almeno una volta nella vita. Siamo stati tutti quello giusto o quella giusta, ma il momento non era dei migliori, il problema non siamo mai noi, “sono io che sto passando un periodo un po’ così”.

Allora a te, povero melomane, dopo l’ennesimo rifiuto, non resta altro da fare che andare in camera tua e metterti quelle cuffie che tante volte ti hanno aiutato e scegliere quello che, per te, è il cd giusto. A volte, però, spulciando in cerca di ciò che aneliamo ascoltare, ci capita tra le mani qualcosa che avevamo completamente rimosso di avere e che avevamo relegato nell’antro più oscuro e polveroso dove riporre i nostri cd o vinili o qualunque cosa usiate.

È in una situazione analoga che mi è capitato tra le mani un album che nemmeno ricordavo di avere: “Aqualung” dei Jethro Tull. Ricordo di averlo comprato quando avevo circa quindici anni e di aver speso parole decisamente poco carine nei suoi riguardi. All’epoca ero un piccolo metallaro in erba che se non sentiva circa diecimila note al secondo e distorsioni bollava qualunque cosa come “musica commerciale”. Che idiota.

Un po’ per curiosità, un po’ per nostalgia, lo metto e, mi piace. Perché non l’ho apprezzato prima?

Così ho cominciato a chiedermi: esiste un momento sbagliato anche per la musica che ascoltiamo?

Prendiamo sempre il caso di Aqualung. Cosa è cambiato in tutti questi anni dal primo ascolto? Beh, sono cambiato io.

Col tempo i miei ascolti sono cambiati, i miei gusti si sono evoluti, ho incontrato altre persone, ho fatto altre esperienze, insomma, sono completamente diverso da quel piccolo discepolo dei Dream Theater che godeva sugli assoli di Petrucci e che voleva canzoni da minimo sei minuti.

Dopo questa rivelazione sono andato a riprendere altri album che in passato avevo scartato per vedere se avrei avuto lo stesso effetto. Alcuni di essi mi sono piaciuti, altri no. Canzoni che ero solito saltare sono diventate canzoni che ascolto con piacere, altre no, ma, in generale, molte delle cose che non amavo, ora le capisco meglio e mi piacciono.

Prendiamo un altro mio caso personale, recentissimo ed ancora in corso. Alzi la mano chi di voi conosce Andres Calamaro. Su, qualcuno! Nemmeno uno? Per la maggioranza di voi che non lo hanno nemmeno mai sentito nominare “il maestro” Andres Calamaro è un cantante argentino che personalmente non saprei come collocare. Diciamo stile rock con pennellate di folk qua e là e, naturalmente, tutta la passione che da sempre contraddistingue gli argentini.

Al primo ascolto non è che mi abbia fatto impazzire, ho pensato: “ecco un altro di quelli che si crede il nuovo Bob Dylan”. Faccio subito ammenda per i miei peccati maestro Calamaro, non era mia intenzione peccare così.

Passa qualche giorno e decido di ripescare dal cilindro qualche suo pezzo. Comincio ad ascoltare con attenzione i suoi testi, ad apprezzare le melodie e mi ritrovo nel giro di un paio d’ore ad avere una forte dipendenza da Calamaro (e no, non parlo del pesce).

È anche una questione di momenti, di esperienze vissute. Fino a poco tempo fa l’idea di ascoltare un tizio argentino con un cognome che in Italia descrive una componente importante della frittura di pesce non mi avrebbe nemmeno sfiorato. E invece, ora, questo signore, sta scalando posizioni nella mia personale classifica musicale, e sto cercando di imparare lo spagnolo per capire meglio le sue canzoni. Tutto perché mi riesco finalmente ad identificare con ciò che dice ed ho la maturità necessaria per capire quello che vuole trasmettere.

A volte facciamo l’errore di partire con dei pregiudizi nei confronti di un artista che, forse, abbiamo ascoltato tempo prima e non ci è piaciuto, oppure lo colleghiamo ad uno specifico momento che per noi è stato doloroso. Questo però rischia di farci perdere di vista perle nascoste che magari entrerebbero senza fatica nella nostra playlist. Magari lui ha avuto un’evoluzione, ha cambiato stile, o semplicemente il momento brutto a cui lo collegavamo abbiamo capito che non era poi così tragico come ci era apparso all’epoca.

Questo discorso è estendibile a tutto il mondo musicale, anche al tanto bistrattato pop. Per esempio, ultimamente, complice anche la voglia di farsi bello con una ragazza, ho iniziato a sentire Bruno Mars. Ora, non fucilatemi, ma ho scoperto che mi piace.

Il signor Mars io vi giuro che l’ho letteralmente odiato ai tempi di “Lazy Song”. Invece ora mi ritrovo con il suo ultimo album in macchina a cantare a squarciagola le sue canzoni. Perché? Perché sono cambiato e perché è cambiato lui. Fosse rimasto a fare cose tipo “Lazy Song” continuerebbe ad essere sulla mia personalissima lista nera, tra Justin Bieber e Vasco Rossi (sì non mi piace Vasco Rossi, e in tutto questo discorso è l’unico per il quale non farò mai l’errore di riascoltare ciò che ha fatto. Motivi personali).

E poi c’è il caso peggiore. Quello che ti fa sentire “sporco dentro”. Ovvero quando un artista che odi con tutto te stesso tira fuori una canzone che, ascoltata in un momento preciso della tua vita, ti calza a pennello e fa apposta per te. Probabilmente sarò linciato, o tacciato di essere spocchioso (ultimamente me lo dicono spesso), ma a me i Thegiornalisti non calano proprio. Le loro canzoni non riesco ad ascoltarle.

Eppure in un giorno di pioggia (no non ho incontrato Licia per caso) dalla riproduzione automatica di YouTube parte “Io non esisto”. È stato un colpo allo stomaco di quelli decisamente forti, ma non potevo smettere di ascoltarla. In questo preciso momento è una canzone di cui ho bisogno, ma non sapete quanto me ne vergogno. Mi sento come un ateo convinto che va a pregare in chiesa per ottenere una grazia.

ionicons-v5-c

Alla fine si riduce tutto al voler dare una seconda possibilità a ciò che in passato non ci è piaciuto. Forse quando li avete ascoltati la prima volta non eravate abbastanza maturi, musicalmente parlando, per comprenderli appieno, come nel caso di Aqualung.

Forse non eravate ancora entrati nel mood giusto oppure non avevate ancora provato le sensazioni che l’artista cerca di trasmettere, come nel caso di Calamaro.

Forse a cambiare è stato proprio l’artista in questione che ha avuto un’evoluzione che è riuscito a farlo avvicinare alle vostre preferenze, leggasi Bruno Mars.

Forse vi trovate in una situazione descritta perfettamente da un gruppo che avete pubblicamente e privatamente bistrattato e dovete cominciare ad inventare scuse plausibili per giustificare la loro presenza in macchina vostra agli amici che da anni vi cercano di convincere del loro valore, come per i Thegiornalisti.

Poi è naturale che i gusti sono gusti ed ognuno ha le sue personalissime nemesi (appunto come me e il tizio di Zocca) che per nessun motivo al mondo accetterò mai di considerare per un riascolto. In fondo, però, cosa ci costa perdere tre minuti ad ascoltare il nuovo pezzo del pinco pallino di turno, magari ci piace, chissà.

Se è vero che la vita col passare del tempo cambia e non rimane mai la stessa, è anche vero che nemmeno noi rimaniamo gli stessi. Ogni persona che incontriamo, ogni nuova esperienza che facciamo, ogni persona che perdiamo, tutto contribuisce a creare una sorta di piccolo universo interiore che cambia il nostro punto di vista ed il nostro modo di essere col passare del tempo.

E se è vero che noi cambiamo in continuazione, anche il nostro modo di ascoltare musica cambia con noi. Diventiamo più attenti col passare del tempo, ed ogni piccolo dettaglio può farci amare o odiare una canzone o un artista.

Siamo “anime in continuo mutamento” (chissà se qualcuno coglierà la citazione) e, come tali, metteremo sempre in discussione le nostre scelte passate. L’importante, però, è dare e darsi sempre una seconda possibilità di capire, perché, forse, “quello giusto”, lo avete sempre conosciuto, ma non lo avete mai guardato con attenzione.