07 marzo 2022

A lezioni di leggerezza da Francesco Bianconi – l’intervista

Sarò banale, ma per me c’è una citazione, che gira parecchio per l’internet e che a quanto pare viene erroneamente attribuita a Calvino, che dovrebbe essere un mantra: “Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore.”. Ma la parola leggerezza spesso si accosta a cose e persone frivole, di poco spessore, non troppo serie, insomma tutto il contrario di ciò che si può pensare di Francesco Bianconi.

Con il repertorio dei Baustelle ci aveva già abituato ad un cantautorato alto, ricercato, spesso pieno di citazioni e immagini colte, con il suo primo lavoro solista Forever poi ci ha spalancato le porte della musica da camera, ad arrangiamenti piano, voce e archi non proprio comuni a quella che si definirebbe musica leggera (anzi leggerissima). Alto, dinoccolato, serio, Bianconi con la sua presenza elegantissima, quasi regale, sembra agli antipodi del concetto di leggerezza e invece un mese fa ha stupito tutti pubblicando un album di cover, Accade. 10 brani dove la sua voce si accompagna alle note di piano di Angelo Trabace, con cui ha spaziato da Guccini a Baby K (non avrei mai pensato di dirlo) e con cui si è finalmente riappropriato di alcune sue canzoni scritte per altri: Io Sono (per Paola Turci), La Cometa di Halley e Bruci la città (per Irene Grandi). Un divertisment fuori da qualsiasi canone musicale attuale, che arriva all’improvviso, spiazza ma lascia tutti piacevolmente incantati. Ovviamente non mi sono fatta sfuggire l’occasione di parlare con la mente di questo progetto, e devo dire è stato un piacere e un onore passare 40 minuti al telefono con Bianconi.

Inizierei l’intervista partendo dal primo singolo estratto dal tuo nuovo album, che è la cover di Playa di Baby K, quando è uscita ho avuto una sorta di dibattito con un mio amico perché lui era abbastanza perplesso invece per me è un esperimento molto interessante perché quella canzone cantata da te, da uno degli artisti più rispettati comunque del cantautorato italiano, mi trasmette il messaggio che non bisogna mai prendersi troppo sul serio. Tu cosa ne pensi?

Beh, sono d’accordo con te. Non bisogna mai prendersi troppo sul serio. Allora…bisogna fare le cose seriamente [ride], diciamo così, il che significa, dal mio punto di vista, che chi fa mestieri creativi deve fare le cose seriamente, significa con professionalità ma soprattutto con uno spirito sperimentale. Secondo me, sperimentale non significa cose inascoltabili o dissonanti o atonali, sperimentare per me è mettersi in gioco di continuo, dal punto di vista proprio della produzione musicale, artistica in generale. Se no, come dire, diventa tutto molto noioso questo mestiere, e non mi interesserebbe più. Per cui io cerco sempre, lo faccio, l’ho sempre fatto credo con i Baustelle, con Forever, da solo, cerco sempre delle strade divertenti, di complessità, alternative, ai codici, diciamo, codici stabiliti, cerco di evitare l'ordinario, la banalità. Detto questo, significa che tutto ciò non deve automaticamente trasformare. Questo riguarda l'atto, il processo creativo, non significa che poi bisogna che chi fa, il produttore, il creatore, (non utilizzo la parola artista perché se no poi disconfermo quello che sto per dire) si dia delle spocchie e si prenda molto sul serio, per cui si forma il cantautore con la C maiuscola che automaticamente indossa un bel paio di paraocchi nel giro di un secondo. In Italia siamo storicamente molto bravi a fare queste separazioni, creare dei ghetti, e lo dico anche, appunto, molto criticamente nei confronti dei cantautori, che si credono magari di eseguire delle canzoni di qualità superiore a, che ne so, agli autori di canzoni, che sono stati per anni considerati di serie B. Io credo invece che in Italia, come ovunque, si possano scrivere scrivere canzoni in maniera, passami di nuovo questo termine, sperimentale sia a livello, diciamo, cantautorale, di song writing, ovvero di chi scrive e canta da sé le proprie cose, ma anche a livello di, quella che si chiamava, musica leggera o, ignobilmente, commerciale. Come dire, Bacharach era secondo me sperimentale, David e Bacharach hanno scritto tutte le canzoni e le hanno arrangiate in una maniera sperimentale, ed erano canzoni che passavano in radio in America, sono delle mega hit. Tutto ciò significa che appunto ci si prende molto molto sul serio ed è sbagliatissimo io non voglio essere un cantautore con la C maiuscola, voglio essere un musicista, ecco.

E quando hai detto a Baby K che avresti fatto una cover di una sua canzone e l'avresti voluta nel pezzo, lei come ha reagito?

Molto bene perché lei è stata molto gentile, dolce con me. Io ho fatto questa versione già durante il primo lockdown, in una sorta di format che mi ero inventato, la avevo cantata dal vivo piano e voce nel mio studio, era una cosa che si chiamava “storie inventate”, una sorta di passatempo dell’epoca del covid. E poi evidentemente qualcuno gliel’aveva fatta sentire e mi ricordo che già lì aveva apprezzato e mi aveva fatto piacere, poi, io sta canzone l’ho cantata in altre occasioni, quando si sono finalmente potuti fare un po’ di concerti, l’estate scorsa l’avevo in scaletta, tra le varie cover nei concerti la eseguivo, per cui quando poi è venuta l’idea di fare il disco di cover e di inserirla ho pensato da subito “potrebbe essere interessante proprio invitare anche lei a cantare la mia versione”. Lei mi ha preceduto, devo dire, per questo ho apprezzato, perché ha fatto un suo concerto a Radio Italia e mi ha chiesto super timidamente: “ah ma ti andrebbe di venire ospite? Facciamo la tua versione, non ti preoccupare” ed io sono andato, per cui all'interno del suo set c'era questo momento in cui salivamo sul palco io e Angelo, il mio pianista, e facevamo questo pezzetto di Playa nella versione, diciamo, mia. E per cui, insomma, a maggior ragione ho detto “la invitiamo e le chiedo se le va di cantare” e ovviamente è stata molto carina. Sono anche molto soddisfatto perché ha fatto delle cose, delle armonizzazioni che ha cantato di suo, insomma, sono bellissime, nella versione incisa intendo, nel disco. Per cui una persona dolcissima, carinissima.

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È stato tutto molto naturale insomma.

Moltissimo, appunto si creano divisioni spesso, boh, per delle sorte di partiti presi o opposizioni, preconcetti, pregiudizi, in maniera sbagliata, in fondo lei è una cantane di musica leggera, e se i Flaming Lips cantano con… come si chiamava? C’era il disco con la tipa che aveva incominciato nella Disney, adesso non ricordo il nome, non vedo perché, con risultati per altro molto interessanti. Si possono fare le contaminazioni, se no siamo sempre lì a parlare di contaminazioni, però poi rimaniamo chiusi, no? Il premio Tenco deve rimanere il premio Tenco, coso deve rimanere quell'altro. Io non dico che si devono fare le robe assurde a tutti i costi, ovvero i mostri no? Bianconi che canta con Topolino, però a volte se è giustificato artisticamente, perché no. E chi se ne frega se è una roba inusuale, anzi, meglio, cioè non mi importa di fare la canzone, il duetto con, non lo so, qualcuno che tutti ci si aspetta io faccia il duetto, non è interessante. Nick Cave fece questa cosa bellissima, questo disco di un po’ di anni fa, in cui c'era il pezzo famoso con PJ Harvey, quello fa parte della stessa cerchia, ma c'era anche il pezzo con Kylie Minogue, che è una cantante pop, e come dire, insomma, si può fare, anzi si deve fare quando c’è una ragione artistica, un progetto.

Tra l’altro ho letto che è stata tua figlia, in un qualche modo a farti scoprire questo singolo alla radio.

Allora è stata mia figlia, nel senso io sì la ascolto la radio soprattutto guidando, mi capita magari d’estate di guidare più che d’inverno, per questioni di vacanze, eravamo al mare e lei aveva raggiunto per la prima volta un’età in cui si interessava, diciamo così, alla musica pop, aveva 6 anni mi sembra, due estati fa forse, e per cui era tutta super fan di questa canzone. Per cui sì è merito di mia figlia in generale che mi ha fatto tenere la radio accesa durante quelle vacanze estive, quell’estate passava molto la canzone e mi sono accorto che in un qualche modo quella canzone aveva un potere di attrazione su di me, io da subito, appena l’ho sentita, sono rimasto un po' innamorato di quel pezzo, me lo son sempre immaginato in versione di ballad, chissà boh, una visione proprio.

E prima di pubblicare questa tua versione gliel'hai fatta sentire, per avere un suo parere?

Sì certo, gliel’ho fatta sentire, gliel’ho suonata, è una bambina di 6 anni, se le fai sentire il suo successo un po' modificato… all’inizio era un po’ critica, nel senso “no papà qua non fa così, qua tu la canti troppo lentamente", oppure "hai cambiato questa nota qua”, poi ha capito, adesso ha capito [ride].

Questo, per altro, non è l'unico pezzo che, diciamo, è legato alla tua famiglia perché leggevo anche la cover del pezzo di Guccini, ad esempio, è legata a tuo padre, giusto?

Guccini a lui piaceva, me lo ha fatto sentire quando ero piccolo, adesso non ricordo, per cui lo conosco bene, quello è stato una sorta di educazione proprio familiare, nel senso a mio padre piaceva e soprattutto siamo andati a tanti concerti con mio padre per cui per me Guccini è un cantautore che, boh, mi ricorda momenti belli anche legati al restare, ad esempio, con mio padre in questa situazione esotica, avventurosa. Tieni conto che ero un bambino, in una frazione di Moltepulciano, insomma non è che ci fossero locali dove vedere i concerti, bisognava comunque prendere la macchina e andare a vedere il concerto di qualcuno da qualche parte, a Siena, a Firenze, a Perugia, per cui questa cosa dell’andare ai concerti con mio padre era una cosa bella, avventurosa e molto esotica,  speciale per cui me li ricordo con grande felicità, come se si va a fare una cosa magica, con papà, con la macchina, andiamo, che so, alla festa dell’Unità a Firenze a vedere il concerto di Guccini.

Tornando agli ospiti del disco, l’altro ospite è Lucio Corsi, che adoro e che tu hai messo in Michelle. Questa non è la prima volta che comunque collaborate perché lui aperto diversi concerti per i Baustelle, tu gli hai prodotto il suo ultimo disco. Come è nato il rapporto tra voi due?

Con Lucio ci conosciamo per questioni, anche lì, di mare, di vacanza. Adesso io non mi ricordo quando ci siamo incontrati per la prima volta però io vado al ristorante di sua mamma e di sua nonna forse da prima che lui nascesse, perché i miei hanno una casa al mare in Maremma e per cui, insomma, quel ristorante lì è un posto storico, si mangia bene, si sta bene, è un posto popolare ma buonissimo, adesso senza fare pubblicità, però ecco insomma, vado lì, non mi ricordo effettivamente la prima volta che ci siamo conosciuti. Poi ad un certo punto sicuramente ho visto un suo video, ho sentito un pezzo perché leggendo da qualche parte del suo primo EP e boh forse poi ho ricollegato, insomma ci siamo conosciuti, incontrati. Che gli vuoi dire a Lucio? È il più bravo, secondo me, dei nuovi in circolazione. Ed ha una personalità sua, che mi sembra nessun altro ha, è intransigente, non ha concessioni, come dire, non gliene frega niente se va di moda la canzone, i cantautori che tendono a somigliare a Luca Carboni o a Lucio Dalla, e se quella è l’onda del momento a lui non frega nulla, per dire, ha le idee molto chiare sul suono, sugli arrangiamenti, su chi vuole essere, è molto maturo e assolutamente non si lascia trascinare dal mondo, in un certo senso, è giusto essere, soprattutto se si fanno certi mestieri, contro il mondo.

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Io l’ho intervistato proprio quando è uscito il suo ultimo disco e parlando dei Baustelle è venuto fuori il tema della moda e di Gucci. Tu e lui avete sfilato insieme per Gucci a Firenze e in comune, secondo me, avete il fatto che entrambi avete sempre un look molto ricercato, molto raffinato, che è parecchio in linea con quello di Gucci. Per te quanto è importante l'elemento moda nella tua musica? Che ruolo ha?

Mah, non è importante l’elemento moda è importante l’elemento immagine nel rock n roll, dal mio punto di vista, non mi piace niente di cui non mi appenderei anche un poster in cameretta, se avessi una cameretta e ben vestiti… non è bene o male, sono vestiti in una maniera che è funzionale e ripeto, non significa che bisogna per forza sfilare per Gucci o Saint Laurent, ti sto dicendo soltanto che l’immagine nel rock n roll è molto importante e lo sapevano i Beatles, lo sapeva Iggy Pop, lo sapeva Mick Jagger, lo sanno tutti. Come dire, tutte le cose che mi piacciono sono cose che hanno un’importanza anche iconografica. L’importanza iconografica ce la puoi avere anche se sei brutto, non vorrei essere frainteso, ma comunque devi avere quello che una volta si chiamava look, no? Devi avere un’immagine, che non è quella che fanno gli stylist, devi avercela tu. Gli Stooges nel '68/'69 sul palco avevano un’immagine che si facevano loro, senza nessuno stilista, ma spaccavano gli occhi degli uomini e delle donne dal punto di vista dell’immagine, o i Ramones, per dire, non sono belli ma avevano una incredibile cura, oltre che per la musica, un aspetto che era il loro, che era assolutamente significante e importante quanto la musica che facevano.

Se parliamo di immagine si può parlare anche di fotografia e se non ricordo male tu hai degli scatti con Mick Rock. Giusto?

Mick Rock anche lì fa parte della campagna di Gucci, io ho fatto prima la sfilata e poi ho fatto questo perché mi sembra Michele (Alessandro Michele, ndr) mi avesse chiesto di partecipare a questa campagna fotografica e io ho accettato, anche perché avevano chiamato Mick Rock, voglio dire… Povero è morto di recente. Come si poteva non accettare? E sì fa parte del rock n roll l’immagine, assolutamente.

Tornando al disco, come è stato riappropriarsi, in un qualche modo, delle tue canzoni, delle canzoni che hai scritto per Paola Turci e Irene Grandi?

Bello, nel senso che è stato inaspettatamente soddisfacente… perché, allora, non sempre è possibile questa cosa, quando tu scrivi una canzone per altri descrivi, almeno nel mio caso, io faccio così, io la scrivo molto su commissione, per cui qualcuno mi chiede una canzone e io cerco di fare questa cosa che mi diverte molto, motivo per cui cerco ogni tanto di fare il mestiere per altri, ovvero cerco di entrare dentro l'altro, che significa, tecnicamente parlando, conoscere la sua voce, la sua estensione, la vocalità dell’interprete  che canterà. Cioè tu devi scrivere una canzone che sia credibile in bocca ad un altro, per cui di quella persona devi conoscere la faccia, per l’appunto, l’immagine, la fisicità, devi toglierti un po' dal tuo ego, spogliarti dai tuoi panni e travestirti dall’altro a cui hai dato la canzone, quindi devi in un certo senso uccidere te stesso. E una volta che sei morto non è detto che poi si ritorna indietro [ride]. Insomma è difficile da morti, in questo senso, riappropriarsi di una cosa che è andata, è stata fatta su misura. Un bel vestito fatto per un altro, ecco questa metafora mi piace di più: tu hai fatto un vestito per un altro, in questo caso da donna poi, per indossarlo non è facile, anche se hai una taglia giusta per indossare un vestito da donna, però in questo caso ha funzionato. Anzi sono sorpreso, soprattutto di quella di Paola Io Sono, pensavo che non avrebbe funzionato invece è una canzone in cui mi ritrovo molto, pensavo che non avrebbe funzionato perché l’avevo scritta proprio pensando a lei, alla sua voce ma anche proprio alla sua vita, e invece funziona anche su di me e sono contento di averla inclusa. C’è un punto del testo in cui dice insieme a tutto un elenco di cose che lei non vuole essere, in questo caso che io non voglio essere, dice “fata delle favole, no non lo sono”, e pensavo “bah fata delle favole, boh forse dovrei trovare…” e invece no rimane femminile, è bellissimo, mi dà un piacere pazzesco gridare al mondo “io non sono la fata delle favole”.

Oltre a Paola Turci e Irene Grandi, forse è solo una mia sensazione però mi sembra che in questo disco ci sia una forte presenza femminile, oltre a queste due canzoni che tu hai scritto per queste due artiste ci sono comunque le cover di Baby K e Ornella Vanoni e questo elemento si ritrova anche nella produzione dei Baustelle, mi basta pensare a Veronica o Amanda Lear. Tra tutte le donne che vengono citate nelle sue canzoni a quale figura sei più legato?

A quale sono più legato? Mah no non sono legato, sono legato a tutto l’immaginario femminile del percorso delle canzoni, non ce n'è una, anche se è molto strana questa cosa, perché poi alcune donne sono figure, sono delle immagini, sono come dei santini, Amanda Lear, come dire, è una citazione di un personaggio esistente, nome e cognome, poi la canzone parla di un'altra donna, ma in ogni caso mi piace questa cosa delle canzoni, per cui poi tutto diventa fuori da te, anche le cose molto personali, ci sono canzoni che ho scritto pensando a delle donne che sono esistite nella mia vita, nel mio privato però la canzone le trasfigura, qualcosa di così intimo e privato poi diventa fuori da te, diventa di tutti per cui sono democraticamente affezionato a tutte le donne che aleggiano nelle mie canzoni.

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C'è un motivo dietro al fatto che queste cover sono tutte in italiano? Te lo chiedo perché a me piace tantissimo la cover che hai fatto di Eyes Without a Face.

Tu dici perché non praticare di più la lingua non italiana? Forse per contrasto anche un po’ a Forever, era un disco pensato come, diciamo, ultra-italiano, nel senso era pensato come una roba che non doveva essere necessariamente italiana, ci doveva essere la lingua italiana, ma c’erano canzoni in altre lingue, stavolta boh, forse volevo fare… visto che musicalmente era, in un certo senso simile, molto da camera, pianoforte e voce anche qua sono gli strumenti principali, magari per non rischiare di fare un Forever parte 2 inconsciamente ho scelto canzoni in italiano, forse è una roba venuta un po’ così. Perché erano tante le canzoni candidate e che avevamo preparato, anche dal vivo magari facciamo altre cover, nel disco ne abbiamo scelte 10. Ad esempio, c’è una canzone che abbiamo suonato su Storie Inventate di Neil Young, adesso non mi ricordo come si chiama [ride], è bellissima, comunque adesso mi verrà in mente. C’è quella, ad esempio facevamo una canzone di Françoise Hardy in tedesco, c’era una canzone in francese di Clara Luciani, insomma ci sono un po’ di cose anche in lingue diverse che abbiamo preparato come cover con Angelo Trabace, però boh, il disco chissà perché, chissà quale spinta inconscia ci ha fatto concentrare sulla lingua italiana sta volta.

Non per forza ci deve essere una ragione comunque.

No no, ma infatti guarda questo disco mi piace un sacco il fatto che è totalmente slegato, cioè ci sono canzoni… potremmo anche non dir nulla, sai i tuoi colleghi e anche tu molto probabilmente dite “ah in questo disco” si cerca sempre una concettualizzazione, una cornice, “ah questo è un disco… mi sembra che tutte le canzoni parlino di morte, mi sembra che parlino di amore” e invece qua sta volta sono canzoni di altri pensate così, veramente, un po’ a caso, senza nessuna logica, nessun filo conduttore fra una e l’altra e guarda mi sento veramente felice a poter dire che sono semplicemente canzoni buttate lì dentro un contenitore. Perché tutte le volte sempre sta roba concettuale, “e avete fatto un disco così, e avete fatto un disco cosà”, no sta volta ho semplicemente scelto delle canzoni che mi piacciono ed ho cantato. Soprattutto a volte è bello anche fare delle cose in cui l’atto sperimentale è appunto l’incoscienza con cui tu lo fai, lo compi questo atto, no? Non è tanto, come dire, il suo inscatolamento intellettuale, a quel punto sono più gli altri che daranno un significato, un’interpretazione al fatto che mi è venuto di getto di cantare una canzone delle Vanoni, e appunto il risultato è lì e insomma non c’è bisogno che lo spieghi io o che non lo spieghi troppo io. È una roba che a me andava di fare, mi ha dato piacere, ho pensato che artisticamente potesse essere complesso e sperimentale farne una versione cantata da me che non sono una donna, non sono la Vanoni, non sono forse neanche un cantante così tecnico come lei, farne una versione pianoforte e voce estrema. Quindi questo per me non è tanto trovare un concept generale del disco, il mio lavoro di questa volta è tutto lì, nel fare in maniera incosciente, appunto, delle scelte.

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Ammeto che adesso ho un po’ paura a farti questa prossima domanda. Nel comunicato stampa ho letto che in primavera ci sarà un nuovo EP con un’autrice francese. Volevo chiederti come mai hai guardato proprio alla Francia, se hai un legame particolare con questo paese o se c’è un motivo particolare.

Ho un legame, ho questo amore, se vuoi, anche un po’ provinciale che hanno tutti i provinciali che fanno cose artistiche con la Francia, tutti quelli che vengono dalla campagna che vogliono fare i mestieri creativi ci guardano, ci guardano con fascinazione a Parigi, alla Parigi di tutti i tempi, non so come dire,  nel cinema, nella letteratura, nella canzone. C’ho da sempre una sorta di fascinazione da provinciale, la definirei, non sono l’unico, secondo me Parigi continua ad essere una città molto viva, ricca e interessante, stimolante dal punto di vista artistico e musicale, poi io sono da sempre, anche per questioni che non mi ricordo più nemmeno, appassionato di canzone francese, io ho ascoltato i cantautori italiani, ho incominciato da ragazzino, sì certe cose, Guccini, De Andrè, De Gregori, ma in parallelo, forse un pochino dopo, quando avevo l’età di avere un motorino e andarmi a comprare il disco da qualche parte, andavo a cercare appunto cantautori francesi degli anni ’60/’70, per cui insomma sono molto appassionato e cosa gli vuoi dire? Dal punto di vista dei cosiddetti chansonnier, l’hanno inventata loro forse quella cosa e la hanno insegnata ai cantautori nostri, i primi nostri cantautori guardavano ai francesi per cui sono affascinato da Parigi. E continuo a sentire musica anche francese, per cui c’è questa cosa con Clio, che secondo me è una cantautrice giovane, bravissima, mi piace. Le ho chiesto se voleva fare questa cosa e lei ha accettato per cui presto uscirà anche quella cosa lì. Quindi questa a maggior ragione è una buona idea aver fatto il disco di cover tutte in italiano.

Siamo arrivati all’ultima domanda che è slegata dal disco. Tu a fine dell’anno scorso hai pubblicato un libro, io sono appassionata di letteratura, perciò ti chiedo se mi puoi consigliare un libro da leggere.

Come lo vuoi? Un classico oppure una novità? Ho cose francesi, nel senso l’ultima cosa che ho letto è, forse è un po’ banale ma è la verità, è l’ultimo libro di Michel Houellebecq che si chiama “Annientare”, magari ha perso un po’ rispetto agli inizi, ma l’ho trovato comunque un libro molto bello, per cui ti consiglio quello ma  sono in totale fascinazione per una roba che ho sempre praticato e letto poco ovvero il teatro, i classici, sono in totale trip, per cui lo dico e lo consiglio veramente perché poi se pensi a queste robe scritte così tanto tempo fa e alla perfezione e quanto avevano già detto tutto. Insomma sul comodino ho appena letto “Le Baccanti” ma anche “Antigone” ad esempio, non li conoscevo così nel dettaglio, ho avuto proprio piacere nel leggere queste terrificanti, sanguinose storie di così tanto tempo fa ma che alla fine insegnano tante cose dell’essere umano, dei suoi lati profondamente oscuri. Per cui sì, riscoprire la tragedia greca secondo me fa bene. Tra l’altro io da ragazzo avevo visto un film della Cavani che era una sorta di trasposizione di Antigone con l’attore francese Pierre Clémenti, è una sorta di Antigone applicato agli studenti del ’68, insomma una roba un po’ sperimentale, ma volevo leggere l’Antigone perché da ragazzo, all’università avevo visto questo film della Cavani e avevo saputo che era tratto da Antigone ma poi non avevo mai letto la tragedia a cui quel film era ispirato, il film è quasi una sorta di fanta-politico, fantascienza distopica. Ecco è da allora che volevo leggere l’Antigone per cui dai consigliamo proprio l’Antigone, il libro della settimana è questo.

Francesco Bianconi sarà in tour a partire da maggio, qui le date per ora annunciate:

13 Maggio  - Fermo - Teatro dell'Aquila

20  Maggio - Firenze - Teatro Puccini

21 MaggioRoma - Auditorium Parco della Musica – Sala Petrassi

24 maggio Udine - Teatro Giovanni da Udine

25 maggioBrescia - Teatro Grande

26 maggio – Rovereto - Auditorium Melotti