Il 14 gennaio è uscito il suo primo album: sonorità miscelate ma non mischiate schizofrenicamente. Dalle ballad a canzoni uptempo, da una piacevole ironia a testi più seriosi. Ditonellapiaga si presenta come una delle prime cose belle del 2022 e la sua partecipazione a Sanremo con Donatella Rettore ci ha colpiti così tanto che abbiamo voluto raggiungerla telefonicamente per fargli qualche domanda.
Classe 1997, romana, Margherita è una personalità fluida, dalle mille sfaccettature, che descrive alla perfezione lo stile contemporaneo del complesso animo femminile, senza per questo semplificarlo o renderlo univoco. Dopo il successo di Parli, Ditonellapiaga non si è più fermata, cominciando a frequentare i territori più sconnessi e insidiosi dello urban con Morphina e, al contempo, strizzando l'occhio all'indie più classico realizzando Spreco di potenziale, con un ritornello difficile da dimenticare.
Fino, per l'appunto, ad arrivare, con Camouflage, al primo vero e proprio album: un patchwork di sonorità, ma con un'identità ben precisa.
Ce lo siamo fatto spiegare e questo è il risultato.
Camouflage è un album con degli inediti e altri brani usciti anche in Morsi: in quale maniera hai scelto la tracklist? Hanno tra di loro tutte un filo conduttore?
Ovviamente abbiamo tenuto conto del fatto che i pezzi già usciti fosse più giusto metterli un po’ sul finale, anche perché il pubblico che già mi conosceva prima di questo disco aveva bisogno, probabilmente, di ascoltare prima i pezzi nuovi. In realtà abbiamo deciso di fare una partenza un po’ a bomba: la prima parte del disco è più uptempo, poi c’è una fase diciamo romantica… insomma non doveva dar l’idea di sembrare un album troppo schizofrenico, altrimenti poi l’orecchio impazzisce. Sul finale, invece, abbiamo fatto un po’ un mix, tra pezzi già noti e molto spinti, miscelati ad altri più seduti e introversi (come Altrove o Carrefour Express). Proprio quest’ultimo brano lo volevo come ultimo, in chiusura, perché alla fine c’è la segreteria telefonica che rappresenta metaforicamente una chiusura adatta.
A quali album della tua infanzia ti sei ispirata per scrivere l'album?
Per alcuni pezzi lenti ti dico che forse c’è un po’ di Norah Jones, soprattutto l’album Come Away with Me. Poi di base dischi non ne ho precisamente, però c’è molto dei The Black Eyed Peas… ah, e poi Corinne Bailey Rae, il disco omonimo, che è fantastico.
Ho apprezzato molto la copertina, concentra in sé l’eclettismo e l’ironia di tutto il lavoro: come è venuta in mente?
La copertina mi è venuta in mente perché ero al compleanno di mia nonna, il suo Ottantesimo. Ho visto lei e le sue amiche che sbevazzavano, chiacchieravano e le ho trovate bellissime. Sostanzialmente ho pensato che dovevo assolutamente raccontare questo mio mimetizzarmi, questo mio essere un po’ camaleontica, anche visivamente. Il mio cervello ha subito fatto questo collegamento, questa immagine che rievocava un po’ la classica foto di famiglia, come se fosse Natale e un nipote passa e immortala questo scatto con tutte le signore. Ma tra tutte loro c’ero io che mi nascondevo. Come una sorta di ricordo d’infanzia quando da piccola ti travesti per fare il grande e ti vesti con la collana della nonna, le scarpe col tacco…
E nella copertina sono proprio loro: nonna con le sue amiche, alle quali ho chiesto di far da modelle per la copertina del disco!
Spesso nei tuoi brani, fin dall’inizio, adotti uno stile molto particolare: è come se il fruitore non si aspettasse cosa possa arrivare, musicalmente parlando, anche dopo poco. È una cifra stilistica che sei cosciente di avere oppure componi così, anche molto a sensazione?
Di base la compongo a sensazione perché mi piace. È un lavoro di squadra anche con i miei produttori che tengono un po’ le redini del progetto. Di base tutti quegli “stop” che si sentono, quel beat che non è mai un loop dove poi ci canto sopra, sono cose che mi piacciono. Per me la musica deve essere complessa, perché deve avere delle evoluzioni al suo interno. Sono sì fan delle strutture ma non nel senso della realizzazione della canzone nella sua forma classica (strofa, ritornello, bridge, strofa…), però non possono essere nemmeno uno stream of consciousness: devono esserci delle sezioni che ritmicamente o melodicamente diano aria o siano più serrate… insomma preferisco di gran lunga la varietà.
Tra i compositori di Non ti perdo mai c’è anche Fulminacci: com’è nata questa particolare collaborazione?
Io e Filippo ci conosciamo, siamo amici e ci siamo incontrati anche grazie al mio manager, che è una figura di riferimento anche per lui. Io ero già sua grande fan prima di conoscere il mio manager, soprattutto del suo primo disco.
Comunque, era arrivato il momento in cui avevo scritto la prima e seconda strofa di Non ti perdo mai e mi mancava il ritornello… che è leggermente importante in una canzone! Sostanzialmente gli ho chiesto una mano, avevo bisogno della sua penna e l’unica persona che conoscevo che era in grado di scrivere una cosa bella. Effettivamente lui, senza che gli dicessi niente, gli ho soltanto inviato il pezzo e mi ha fatto la radiografia dell’anima, comprendendo ciò che volessi dire prima ancora che lo capissi io in primis.
Carrefour Express pare essere un pezzo autobiografico: se sì, com’è nato?
È nato dopo una serata a Trastevere nella quale ho conosciuto questo ragazzo. Palesemente subito un colpo di fulmine, abbiamo chiacchierato tutta la sera ma alla fine della serata ha cominciato a parlare della sua ragazza e dentro di me ho pensato: “Nooooo, ma come è fidanzato!”
Tra l’altro era un periodo proprio così, dove conoscevo un ragazzo ma scoprivo poi che spesso era fidanzato. Inconsciamente c’è la vibe di qualcosa che vorresti avere, ma non puoi…
Ti senti un artista diversa rispetto al tuo primo singolo?
Assolutamente sì. Mi sento molto più consapevole. Il primo singolo è stato un po’ un esperimento e anche gli altri brani subito successivi. Oggi realizzo sempre esperimenti, ma sicuramente con più consapevolezza rispetto all’inizio, a quando ho cominciato a scrivere.
Parlando di Sanremo: so che non puoi anticipare molto di Chimica, però mi puoi dire se e com’è nata la chimica tra te e Donatella Rettore?
In realtà ha fatto tutto molto il pezzo: ho scritto questo brano ispirandomi anche molto a lei, alla sua verve, al suo modo di essere al contempo maliziosa ed ironica. Quando l’ha ascoltato la discografica ha sentito anche lei subito queste sfumature e mi ha chiesto se mi andasse di provare a sentirla. E poi… è successo! Ci siamo conosciute, lei è stata subito carinissima con me, dolcissima. Abbiamo subito rimesso mano al pezzo lavorandoci insieme e l’abbiamo adattato anche al fatto che sono presenti due voci.
Chiudiamo col TotoSanremo: secondo te, a pelle, chi vince?
Dopo un anno di energia fortissima proposta dai Måneskin, forse quest’anno potrebbe vincere una potenza musicale di una vocalità quasi classica, come Elisa. Proprio il bel canto moderno, magari, appunto, di una donna. Meno giovani energici e più tornare ad una cosa classica… anche se io in primis porto una cosa agli antipodi rispetto a quel che ho detto e me la sto un po’ tirando però…