Dallo scorso sabato ho iniziato a giocare a tennis e per questo motivo le lenti a contatto sono tra le mie più fidate amiche. Conto tantissimo su di loro, ogni appunto che prendo, ogni messaggio che scrivo e che mi viene inviato è letto in modo chiaro e vigile dalle mie pupille, solamente con un piccolo aiuto di tipo esterno. Giusto sabato scorso ho scoperto il vero significato della frase fatta “non posso credere ai miei occhi (nemmeno con le lenti a contatto, aggiungerei)”. In effetti, mi era arrivata una mail, letta chiaramente con le stesse lenti con le quali ero andato a giocare poche ore prima, nella quale si diceva che avrei avuto la possibilità di intervistare Eugenio degli Eugenio in Via Di Gioia, una tra le persone che più stimo nel campo musicale italiano già solo per la sua continua ecletticità, sintomo e sinonimo di intelligenza e acutezza.
La chiacchierata è avvenuta per telefono: lui era appena uscito dalla sala prove a Torino nel contesto del Reset Festival, io ero alle prese con le lezioni online universitarie. Abbiamo scambiato quattro battute tra amici sul mondo musicale che ci circonda, sui progetti attuali e futuri che lo riguardano e soprattutto sulle nostre passioni extra-musica che abbiamo in comune. E’ uscita questa cosa qui, che chiamarla intervista è troppo professionale e incontro telematico giovanile fa subito Festa dell’Unità al tempo del Covid.
Partiamo da oggi: Reset Festival, un’importante cornice che dal 2009 promuove l’innovazione musicale a Torino: quest’anno più che mai credi che serva un vero e proprio reset? Un “voltare pagina” per lasciarci alle spalle (anche e soprattutto musicalmente parlando) un anno duro, per tornare più forti nel 2021?
Sì, serve un reset ma, come stanno ribadendo tanti, c’è bisogno anche di consapevolezza e memoria di quello che è successo. Ci vuole quindi un nuovo start però con una maggiore consapevolezza di prima. Il nostro presente è purtroppo instabile e lo sarà sempre più, a meno che non proviamo tutti quanti a invertire la rotta che abbiamo intrapreso. Purtroppo l’idea che abbiamo sempre avuto, ossia quella di vivere in un mondo che quasi ci era dovuto (perché i nostri genitori ci hanno abituato a pensare che trovare lavoro e andare in pensione fossero la cosa più normale di tutte), in realtà dovremmo abituarci all’idea che non sia più così, ecco. L’imprevedibilità sarà una delle parole più usate da qui in poi. Serve un’ondata di ottimismo!
Sei uno dei Mentor del Festival: è il primo anno in questa veste? Qual è precisamente il ruolo che hai ricoperto?
Sì, è il primo anno ma in realtà sono stato tantissime volte qui al Reset, ho passato praticamente tutti i ruoli e finalmente sono tra gli adulti.
Oggi ho ricoperto il ruolo dell’aiuto regista. Ho aiutato la cantautrice Anna Castiglia a capire quali fossero i punti forti del proprio brano e a farli emergere il più possibile, un po’ come ho fatto io a mia volta in passato quando mi sono trovato di fronte a un produttore artistico che, ascoltando un brano, mi ha dato consigli: ad esempio un “prova a tagliare questa strofa e a metterne un pezzo nella seconda..”. Cose abbastanza semplici ma che alla fine possono svoltare una canzone.
L’hashtag principale del Reset Festival è #iosonolamusicacheascolto: personalmente mi ci ritrovo molto: la musica che ascolto rispecchia spesso il mio umore (e viceversa) e come frontman del gruppo sei spesso fonte di ispirazione: qual è, secondo te, la caratteristica che a primo impatto è propria degli Eugenio In Via Di Gioia e di nessun altro gruppo?
Io credo che il nostro nome ci abbia fregato… in maniera positiva. Un po’ come la coccinella che porta fortuna e quindi a sua volta diventa fortunata perché nessuno l’ammazza. Noi ci chiamiamo Eugenio In Via Di Gioia e di conseguenza la prima cosa che la gente si ricorda di noi (e che automaticamente attuiamo quando siamo insieme) è l’entusiasmo e il trasporto, l’esuberanza. La gioia.
Mondo social: lo ammetto, ho attivato la campanellina delle notifiche alle vostre storie, le adoro: da esse ho capito che qualcosa bolle in pentola (o, meglio, in studio): puoi darmi qualche inedita anticipazione in anteprima?
Bolle in pentola da ormai troppi mesi. Nel nostro caso c’è stata una grande abbondanza di nuovi brani che sono nati mentre eravamo in casa e quindi adesso stiamo cercando di andare a registrarli un po’ in vari studi e anche un po’ nel nostro e capire che forma dargli. Siamo usciti con un disco nel marzo 2019, poi è uscito un brano ad ottobre che è Tsunami e quindi non vediamo l’ora di uscire col nuovo disco che non sappiamo ancora bene in che forma sarà, se un brano per volta, due, oppure tutto insieme. Sicuramente entro il 2021, tra ottobre e dicembre, chi lo sa, uscirà qualcosa.
Una canzone che affronta di petto la tematica social media è Emilia: qual è il messaggio che vuole portare questo brano? E soprattutto: credi che alla fine questa “Emilia” sia cresciuta bene dal 2013 (anno di pubblicazione della traccia) senza social… media?
E' strana come domanda questa qua… [ride]. Diciamo che quella canzone voleva mettere un po’ in luce le mancanze dei genitori che spesso attribuiscono i propri errori ai professori, alla maestra, ai media e non pensano a se stessi. Ma man mano che vado avanti penso che i media in generale – non solo i social media, anche i giornali e la tv – abbiano veramente un ruolo fondamentale per la percezione che la gente ha di qualsiasi cosa. Quindi è vero che Emilia deve stare attenta ai media in maniera ironica, nel senso che invece sono i genitori che devono far attenzione a preoccuparsi di educarla come si deve, ma allo stesso tempo è vero anche che effettivamente Emilia deve stare lontana dai social network. Diciamo… non lontana, ma che se davvero questa Emilia fosse cresciuta senza social network (Instagram, Facebook, eccetera) me la immagino una bambina abbastanza disadattata. Come ogni cosa ci vorrebbe il giusto mezzo, saper utilizzare gli strumenti è fondamentale per non diventare poi noi gli strumenti.
L’emergenza del Covid-19 che abbiamo vissuto ha toccato molto da vicino anche il mondo musicale: su Instagram siete stati sempre molto attivi, coinvolgendo persino tanti utenti a suonare le canzoni assieme a voi; telematicamente: quanto è importante, per un gruppo come il vostro, avere una fan base così solida dietro?
E’ importante per chiunque. Se qualcuno si mette a fare musica, si deve porre come obiettivo quello di avere una fanbase reale e non fittizia. Purtroppo però siamo portati sempre di più ad apparire piuttosto che essere. Sembra una frase banalissima ma viene anche trasmessa nel mondo della musica: voler sembrare più grossi di quelli che si è, per spaventare i predatori. Come il pavone che allarga le piume per essere più bello, si cerca di mostrare quello che non si è e questa cosa alla lunga diventa controproducente perché crea dei buchi che possono essere economici, di percezione, dei saliscendi immotivati su pagine social o ai concerti e questa cosa, alla lunga, si paga.
Invece non far vedere quello che sei, il contrario del pavone, ma addirittura diminuire il proprio valore, fa sì che dall’altra parte ci sia la sorpresa, perché sembra che qualcosa sia più grossa di quanto invece qualcuno si aspettasse. Noi abbiamo sempre attuato questa tecnica qui: dai live, alla vendita dei nostri cachet, addirittura sottostimati anche nei confronti del promoter, per generare poi lo stupore dal momento in cui magari il localino sembrava (o effettivamente era) tutto pieno perché noi ci eravamo proposti di non strafare.

Cambiamo totalmente tematica. Il 10 ottobre sarà la Giornata Internazionale della salute mentale e vorrei parlare con te di depressione nel settore musicale: anche senza farci nomi, avete mai avuto esperienze in prima persona o raccontate che vi hanno portato a sensibilizzare i vostri ascoltatori?
Ci è capitato più volte di sentire dei racconti dei fan che ci scrivevano privatamente sui social o che ci parlavano dopo i concerti e abbiamo intercettato i loro malumori con alcune canzoni come Altrove o Chiodo Fisso che raccontano dei disagi nostri che loro hanno fatto propri. Devo dire che per fortuna nel nostro caso venivano ogni volta raccontandoci di come loro ne erano usciti anche grazie alle nostre canzoni, quindi sempre casi positivi. Tendenzialmente mi viene da pensare che chi viene da noi e ci conosce, affronta quel tipo di problema con il sorriso perché se sceglie di ascoltarci forse ne stai già uscendo. Noi affrontiamo questi temi in maniera poco profonda però allo stesso tempo cercando di dare delle soluzioni e forse non siamo il gruppo giusto che la gente ascolta quando sta male davvero davvero.
Però se sei indeciso se stare male o stare bene noi possiamo aiutarti a scegliere!

Perché ancora si fa fatica a parlare di questo tema in Italia?
Perché comunque è un taboo. Chi sta male non lo vuole dire… non è facile. Sinceramente io ho raramente avuto a che fare con questo tipo di sentimento, anche tra i miei familiari. Ho degli amici che ne soffrono ma, ripeto, in modo abbastanza borderline, quindi non saprei nemmeno bene come la affronterei. Sinceramente le poche volte che ho avuto a che fare con i momenti di crisi di queste persone il mio atteggiamento è stato sempre quello di dimostrare che un’alternativa è possibile banalmente solo con il mio atteggiamento, con il mio carattere a seguito di qualche esperienza negativa. Più che raccontare come bisogna comportarsi in certe situazioni, dimostro come ci si può rialzare. Fai domande difficili, eh!
A chi vuole capire un briciolo più in profondità gli Eugenio In Via Di Gioia, quale libro consiglieresti?
Bella domanda questa. Sicuramente qualsiasi libro di Umberto Galimberti, penso che mi abbia segnato nello scrivere almeno gli ultimi dischi. Poi c’è Harari, di cui ho letto Homo Sapiens, e ha un modo di scrivere che ti fa innamorare. Anche Stefano Mancuso… ce ne sono tanti di libri, di scrittori e di pensatori.
Per chiudere: una canzone che nell’ultimo periodo ti ha messo di buon umore
Ora controllo le mie playlist di Spotify… fammi pensare. Le ho salvate con i nomi dei mesi, che se mi voglio ricordare un momento specifico dell’anno… tac! Ora sono sulla playlist che si chiama settembre 2020… ehm no, non racconta molto. Fammi guardare agosto 2020… ehm non mi dice niente, ho due canzoni perché ero in vacanza! Luglio… ce l’ho, l’ultima! Questa spettacolare, da anni mi accompagna: si chiama Le Vent Nous Portera dei Noir Desir, secondo me la conosci, aspetta…
E, mentre in sottofondo sono in riproduzione i Noir Desir dallo Spotify di Eugenio, ci salutiamo e ci diamo appuntamento alla prossima, perché sarà sempre un piacere parlare con una delle persone più eclettiche che abbia mai intervistato.