Gli Honeyglaze sono nati quasi per caso, una sera qualunque, nella patria della musica indipendente rock britannica: il Windmill Brixton di Londra. Il trio composto dall’autrice e cantante Anouska Sokolow, dal bassista Tim Curtis e dal batterista Yuri Shibuichi, ha pubblicato il suo album d’esordio qualche mese fa, dopo aver strappato un contratto con Speedy Wunderground prima ancora di esibirsi dal vivo. Honeyglaze è un disco che colpisce per la leggerezza musicale e stilistica con cui sfiora le varie tematiche: un’omogeneità di fondo che trascende i generi, si passa infatti dall’indie rock più classico al pop lo-fi. “Non abbiamo uno stile predefinito, potremmo definirci pop, ma la verità è che ci piace spaziare: indie rock, skipping rock, art rock, post rock e large rock”.

Iniziamo dal principio: quando è cominciato tutto e da dove proviene il nome della band?
Anouska Sokolow: In origine quello degli Honeyglaze era un mio progetto solista e ho scelto questo nome perché in quel periodo frequentavo la scuola d’arte e lavoravo spesso con la ceramica. L’Honey Glaze è uno smalto particolare che si spalma sui vasi. Siamo diventati una band quando una sera Tim mi ha chiesto di fargli da supporto ad un suo live al Windmill Brixton. Io conoscevo già da tempo sia lui che Yuri, anche se separatamente, suonando in giro per i locali londinesi. Loro due invece si sono incontrati per la prima volta quella sera durante le prove.
Nel 2021 avete pubblicato il vostro primo singolo, Burglar, poi la Speedy Wunderground vi ha messo sotto contratto e ora avete rilasciato il vostro primo album. Tutto molto veloce. Come vi siete sentiti in quel periodo così convulso?
Yuri Shibuichi: È stata e continua ad essere una situazione pazzesca. La cosa più strana è stata però di sicuro il fatto di aver firmato il contratto e registrato il disco in pieno lockdown, senza mai poter fare un concerto dal vivo. Credo che quel periodo abbia reso il nostro risultato finale molto più intimo e speciale.
Ora invece siete in pieno tour, come vi sentite?
AS: È una sensazione bellissima, stiamo suonando quasi tutti i giorni ed è bello poterlo fare per la prima volta davanti al nostro pubblico.
Speedy Wunderground ovviamente significa anche Dan Carey. Come è stato lavorare con lui, considerando che suonate un genere abbastanza diverso dalle altre band da lui prodotte (Fontaines D.C., Kae Tempest, Wet Leg ecc.)?
AS: In realtà la maggior parte delle canzoni le avevamo già scritte e arrangiate prima ancora di incontrare Dan. Lui è un grande produttore e ci ha trasmesso fin da subito molta fiducia, anche semplicemente desiderando di lavorare con noi.

Come avviene il processo di scrittura delle vostre canzoni? A cosa vi ispirate?
AS: Posso dire che nel mio caso è quasi un processo naturale, di solito scrivo semplicemente di come mi sento, di qualcosa che mi stressa in quel momento o che sta accadendo nella mia vita. È un processo catartico, elaborare tutte le mie preoccupazioni e comprimerle in una canzone. Una volta che ne ho scritto l’ossatura la porto ai ragazzi e l’arrangiamo insieme provandola a non finire finché non ci suona come piace a noi.
Quali sono le vostre ispirazioni dal punto di vista musicale?
TC: Abbiamo gusti differenti, in base anche al nostro ruolo nella band. In generale ci ispiriamo molto a band come Broadcast, Yo La Tengo e anche Cate Le Bon.
Creative Jealousy parla della sensazione di sentirsi inferiori rispetto agli altri che ti circondano. Da dove provengono le parole del testo? Da un’esperienza personale?
AS: Questa canzone l’ho scritta quando ero ancora alla scuola d’arte, prima ancora che iniziassi a fare musica sul serio. Vedevo tutte queste persone fantastiche intorno a me e mi sentivo inadeguata, soprattutto per quanto riguardava le mie capacità. Credo che sia un sentimento che hanno provato almeno una volta nella loro vita tutte le persone che si possono definire creative.

Molte delle vostre canzoni fanno riferimento ad episodi personali, come Shadows.
AS: Shadows è stata una delle prime canzoni che ho scritto. Ho sempre avuto problemi ad addormentarmi e ho deciso di mettere in musica quei momenti al buio in attesa del mattino, quella sensazione di attesa.
E poi c’è il tema delle relazioni amorose con due canzoni molto diverse tra loro, ma che trattano più o meno dello stesso tema: I’m Not Your Cushion e Deep Murky Water.
AS: I’m Not Your Cushion parla dei momenti che precedono l’inizio di una relazione, con l’esitazione e l’incertezza nell’entrare in confidenza con qualcuno, Deep Murky Water invece tratta della fine di un rapporto.
TC: Deep Murky Water ha una storia particolare. La canzone ed il riff sono nati quando la mia casa è stata invasa dalle rane pescatrici durante un’alluvione. Mi sono dovuto nascondere nello sgabuzzino delle scope perché sapevo che hanno paura dei secchi. Quando l’acqua mi è arrivata alle caviglie ho subito pensato alla mia famiglia e a quanto si sarebbero preoccupati per i danni alla moquette. Mi sono chiesto come stessero e così ho telefonato a mio padre, finché una rana non si è mangiata il mio cellulare.
Quale è la vostra canzone preferita dell’album, quella che non potete fare a meno di suonare ai vostri concerti?
TC: Chiudiamo ogni nostro show con Childish Things. Ha un bel crescendo ed è emozionante suonarla dal vivo, soprattutto durante il breackdown della canzone, quando tutti gli strumenti suonano assieme e noi facciamo il nostro balletto. Ormai è diventato un’abitudine.
