13 aprile 2021

"È la vita che passa, l'età" ma CIMINI resta sempre una piacevole sorpresa - Intervista a CIMINI

Ero di ritorno da un concerto. Avete presente? Ve li ricordate? Quelli dove ci si ritrovava tutti insieme in un posto al chiuso (se inverno) o all'aperto (se nella bella stagione): si cantava, si beveva, si ballava. Ero con due miei amici e uno di loro, dopo aver acceso la macchina per tornare a casa, mi aveva chiesto di mettere qualcosa di "musicalmente tranquillo", per non sforzare ulteriormente le nostre povere orecchie fischianti post-concerto. Senza indugio scelgo quella che per me, al tempo, era la colonna sonora dei miei risvegli mattutini: La legge di Murphy di un tale CIMINI. Cantautore calabrese di stanza a Bologna, scoperto mentre preparavo un esame di media difficoltà al primo anno di università. Federico mi ha sempre affascinato: uno stile originale e innovativo miscelato ad un modo sempre particolare di comporre le sue canzoni: sarcastico, intelligente, con dei guizzi specifici e interessanti. Ho sempre voluto domandargli un bel po' di cose e con l'uscita del nuovo album Pubblicità ne ho avuto l'occasione. Otto brani che scivolano via con una facilità estrema, ma che restano ancorati nella testa per i giorni successivi al primo ascolto. Un disco essenziale (forse il vero punto di forza dell'intero lavoro pubblicato per Garrincha Dischi) e più concept rispetto ad Ancora Meglio, sua prima fatica datata 2017. Un'idea, questa del concept, che mi ha dato il la per iniziare questa intervista di difficile categorizzazione, perché al telefono, con CIMINI, non ci si annoia mai. Unica pecca, forse, è stato l'orario in cui ci siamo sentiti: le 15:30. Le mie sonore risate (e un po' anche quelle di Federico) hanno svegliato dal riposino post-pranzo tutto il vicinato. Il mio dirimpettaio mi ha addirittura redarguito: "Sembra una partita di pallone con le porte... aperte! Qui c'è gente che riposa". Io ho risposto: "Mi dispiace... ma non ci sono scuse, non ci sono scuse!". Insomma, ci siamo divertiti e questo è il risultato.

Pubblicità, rispetto ad Ancora Meglio, mi è parso un album più concept: qual è e com’è nata l’idea che congiunge le otto tracce dell’album?

La prima cosa che posso dirti è che sono cresciuto, ho avuto un po’ di tempo per pensare e tutto questo volevo farlo vedere al pubblico. Anche il fatto di trovarsi chiusi in casa per necessità, a riflettere con sé stessi, ti fa un po’ indagare dentro di te. Oltre al mondo che è cambiato molto velocemente, ho avuto anche un po’ di rabbia: ho notato di essere stato inserito nel mondo indie e questo ha scatenato dentro di me un po’ un pregiudizio di forma, di etichetta. Scrivo da sempre le mie canzoni perché sono un cantautore, metto del significato nelle cose e dentro questo disco volevo farlo notare ancora di più, anche a quei malpensanti. Poi, di base, l’idea di concept più romantica la troviamo proprio dentro le canzoni, ma è stata una spinta d’animo che mi ha fatto arrivare a scrivere delle canzoni in un modo più “concept”.

«Né dei problemi di etica nella Chiesa Cattolica» è un verso che mi ha fatto riflettere molto (come tutta Hey Truman): cosa credi manchi o serva alla Chiesa cattolica per potersi interfacciare con il pubblico giovanile?

Questa domanda mi fa pensare a Il pap'occhio, un film molto bello di un mio idolo: Renzo Arbore. Parlava proprio di questo: la Chiesa Cattolica, con l’avvento di papa Wojtyla, doveva aprirsi ai giovani e quindi avevano deciso di creare TeleVaticano, un particolare canale tv. Nel film ci sono personaggi illustri come Rossellini, Benigni, Marenco… oggi non saprei se fare una TeleVaticano possa funzionare, però credo che la Chiesa Cattolica debba essere meno formale, aprirsi e ricercare il progresso. Io non sono molto fan della Chiesa Cattolica, per me la religione è come una filosofia e dovrebbe rendersi più specchio della società. Quest’ultima sta cambiando, è cambiata e se non muta anche la Chiesa…
Forse è il momento perfetto per un remake de Il pap'occhio. Dovrebbe aprirsi di più a quella che è la vera normalità, aprirsi al concetto di amore, in tutte le sue forme.

Ariete, la cantante, mi diceva che ha una “paura” (passami il termine) latente dell’uscire con un album. Preferisce, quindi, fare degli EP (con conseguentemente meno tracce) nei quali il rischio è minore rispetto ad un potenziale flop di un album intero. Il tuo primo lavoro ne contiene 9, questo una di meno: quand’è che senti che è arrivato il momento di chiudere un disco?

Io capisco molto Ariete. Vivo con ansia ogni uscita perché penso che possano floppare tutte, però ho un pubblico che mi vuole bene, con il quale sono molto legato e cresce di volta in volta e questo mi fa sentire più fortunato e meno ansioso. Pubblicità in particolare è stato un disco che potenzialmente poteva avere più canzoni, però pensavo ci fosse bisogno di un po’ più di leggerezza, perciò mi sono fermato a mettere nel disco le canzoni che mi sembravano più essenziali e ho fatto qualche taglio. Mi sembra sia uscito un lavoro diretto, come volevo io.

L’idea che c’è dietro Karaoke, fatta di citazioni più o meno palesi, mi ha intrigato: com’è nato il pezzo?

Il pezzo, secondo me, nasconde una storia molto bella ed intima. Parte dallo scrollare sul telefono. Mi sono accorto che scrollando sulla bacheca di Facebook mi capitavano le foto e le storie di una ragazza che avevo accettato e vedevo che lei viveva la sua vita normalmente. Io e lei non ci conosciamo, non so chi sia, ad oggi non ricordo nemmeno il suo nome ma vedevo queste foto, la sua vita che cresceva nel corso del tempo, la sua carriera, il raggiungimento di qualche obiettivo. Pubblicava le storie di quando andava il sabato sera a divertirsi, a cantare al karaoke e ballare. Tutte queste cose mi capitavano, di volta in volta, per colpa di un algoritmo. Allora ho inventato una trama intorno alla vita di questa ragazza e ho immaginato che andasse a cantare una sera al karaoke, dopo una settimana di lavoro e di studio, e trova lì questo ragazzo che canta, solamente per farsi notare da lei. Con la mano nei jeans, si mette a cantare De Gregori, Ligabue… e lei nemmeno si accorge di lui e, quindi, se ne torna a casa da sola, continuando a postare le sue foto, le sue storie. Tutto ciò mi è piaciuto e il collante di questa trama è la colonna sonora data dalle canzoni del karaoke che canto nel brano. È la storia di un amore non corrisposto.

In Barconi canti: «Ho giudicato libri da una copertina», «Ho giudicato dischi da una copertina»: ti è mai capitato di farlo veramente? 

Mi è capitato sicuramente, soprattutto per i dischi. Però non mi sono fermato troppo sull’apparenza. La curiosità mi ha sempre portato ad ascoltare quei lavori e mi sono ravveduto dicendo: “Peccato che la copertina faccia cagare, perché è un bel disco!”. Forse mi sarà capitato anche con i libri. La morale, comunque, è che non bisogna avere pregiudizi.

«Com’è che siete tutti migliori di me» dici in Scuse. Una simile trama era presente in La legge di Murphy: come mai questa narrativa continua a seguirti? 

Perché è un’ironia. Il disco è citazionista ed è frutto di quei libri o film che leggo e che mi accompagnano nella vita di tutti i giorni: è la mia personale sfera che mi contorna. C’è il mio intimo, come se fosse un sacco da cui ho tirato fuori delle cose. C’è il mio vissuto e tutto ciò che mi circonda. Nell’essere un disco ricco di citazioni, ho voluto portare all’estremo questa sensazione continuando a portare avanti questo concetto. È proprio il dire: «Come mai siete tutti migliori di me?», questa sorta di forma di alienazione che nella mia vita sento che mi appartiene e mi dà tanta forza per sfogarmi. Precisamente in Scuse me la prendo con le contraddizioni delle persone e mi dico: «siamo pieni di difetti, come riuscite comunque ad essere migliori di me?». La mia non è mancanza di autostima, è più una domanda che nasce internamente e declama: «Forse dovrei essere veramente come voi?».

ionicons-v5-c

Hai seguito Sanremo? Se sì, per chi hai tifato? E chi ti ha sorpreso di più?

Sì, l’ho seguito. Ogni tanto venivo anche chiamato a fare degli interventi se c’era qualcuno che mi coinvolgeva. Tra gli artisti che ho sostenuto e che mi sono piaciuti, ti cito, in primis, Lo Stato Sociale perché sono fratelli di etichetta e mi fa sempre piacere vederli sul palco di Sanremo. Ho apprezzato molto anche Fulminacci, Willie Peyote, Colapesce Dimartino e La Rappresentante di lista. Insomma, il bello è stato vedere tante persone del mio mondo, che quasi quasi mi facevano venire voglia di avvicinarmi... però questo non succederà.

Quali sono state le influenze non musicali che hanno fatto sì che avessi l’ispirazione per scrivere l’album?

Ci sono stati principalmente molti film e serie tv, ma anche molto vissuto. Dei film ti dico tutti quelli voyeuristici: da Fellini fino a Verdone, ma anche alcuni da cui ho preso vere e proprie citazioni, come The Truman Show, Chiamami col tuo nome. Di serie tv ho visto di tutto: da The Office a Breaking Bad… sono un mangiatore di serie tv, soprattutto in quarantena. Di base, c’è qualcosa che unisce tutta questa eterogeneità di contenuti e crea l’influenza. Trovo un modo di raccontare le cose, anche in modo puramente estetico, che mi dà quella spinta per scrivere. Sento tutto sulla mia pelle, può essere sia una commedia che un film drammatico. E poi ti ho citato il vissuto, perché tutte queste cose qui mi portano a ragionare su me stesso, magari racconto di un fatto che mi sta accadendo intorno e scrivo la canzone.

Domenica mattina è nata dopo un sabato sera in particolare? 

Probabilmente sì, non me lo ricordo. Sicuramente volevo prendere questa strana sensazione che può succedere solamente la domenica mattina, alla fine di un weekend e alla fine dei vent’anni. Questo è un po’ il gioco di questa canzone.

Qual è la canzone che hai scritto per prima? E quale quella nata nel modo più assurdo?

Quella che ho scritto per prima di questo disco è Notte Cingomma, composta un paio d’anni fa. Mi è uscita parecchio per caso, perché stavo per strada a Bologna e l’ho scritta al cellulare su GarageBand: dapprima ho suonato l'inizio con la tastierina digitale e dopodiché l’ho portata avanti. E questo già potrebbe aver chiuso la risposta alla tua domanda! Poi però, se posso dirti, sono tutte scritte in modo più o meno assurdo: Scuse, ad esempio, l’ho scritta in treno mentre leggevo il giornale. Karaoke è venuta fuori quando già stavo in studio a registrare; scrollando su Facebook. Innamorato sotto la doccia...

Chiudiamo in bellezza: secondo te, quale potrebbe essere il brano più adatto per una pubblicità tra quelli contenuti in… Pubblicità?

Oh. Dio. Mio. Qui ci devo ragionare un attimo. Aspetta.

Facciamo una lista: allora, Barconi può essere utilizzata per una pubblicità progresso. Karaoke mi piacerebbe dargli una pubblicità ma forse verrei accusato di plagio, quindi non va bene. Utilizzerei Scuse per una campagna referendaria: già me la sento, “Vota no!”... “E non ci sono scuse!”. Hey Truman non la mettiamo… anzi sì: la vedrei bene in una pubblicità delle aspirapolveri, più precisamente il Robot, perché, capito, hai una bella vita e l’aspirapolvere che lavora per te. E poi Innamorato per i Baci Perugina, dai. Direi che ci siamo, quelle che restano fuori ce le teniamo buone per il prossimo anno.