24 aprile 2025

Il Mago del Gelato, l'intervista: "Vogliamo far ballare le persone"

Quella de Il Mago del Gelato è stata - e continua ad essere - un’ascesa fulminea e in controtendenza: una band che mescola afrobeat, fusion e funk in brani perlopiù strumentali, tanto vicini alle atmosfere di un poliziesco di fine anni ‘70 quanto lontani dalle usuali leggi dell’hype. Con il loro primo album, Chi è Nicola Felpieri?, la band milanese ci trasporta proprio all’interno del loro personalissimo film, fatto di misteri e colpi di scena, tinte noir e fughe improvvise. Un immaginario curato sotto ogni singolo dettaglio, dal trailer con cui hanno annunciato il disco alla stessa copertina, un vero e proprio poster per il loro primo lavoro sulla lunga distanza.

Se gli indizi sull’identità di Nicola Felpieri sono pochi e confusi, però, una certezza rimane: con Il Mago del Gelato si balla, e se si chiamano “mago” un motivo c’è per forza. Ok, potrebbe essere la gelateria in Via Padova a Milano da cui hanno preso spunto per il nome, ma il sospetto che Giovanni, Pietro, Ferruccio e Alessandro abbiano dei poteri magici sorge ogni volta che li si sente suonare, meglio ancora se dal vivo. Ci hanno raccontato direttamente, tra le altre cose, la loro passione per l’Ispettore Coliandro e per i Manetti Bros, la scrittura del loro primo disco e il sogno segreto di conquistare il mondo; il rapporto con Milano e che se vuoi far ballare gli altri devi prima riuscire a far ballare te stesso.

Il Mago del Gelato
Il Mago del Gelato | Credits: Michele Rossetti e Mattia Chicco

Il vostro nuovo album, Chi è Nicola Felpieri?, comincia con un Depistaggio. Cosa succede poi?

Giovanni Doneda: La storia che attraversa l’album è diversa per ogni spettatore; ciò che facciamo è utilizzare parole o ambientazioni che siano di per sé evocative. Già il titolo del disco, Chi è Nicola Felpieri?, si chiude con un punto interrogativo che può stimolare la curiosità e l'immaginazione degli ascoltatori, e tutti i titoli dei brani seguono più o meno la stessa logica. Anche i nostri testi sono piccoli “inserti” che servono a lanciare questi spunti. Di solito nascono dopo che abbiamo suonato e ci siamo interrogati sulle sensazioni e le possibili ambientazioni che il brano potrebbe avere. Non è un lavoro facile, ma ci diverte molto questa parte della scrittura: cercare di far combaciare le nostre diverse visioni del brano, o quantomeno creare un intreccio che vada bene per tutti.

Scrivendo il disco avevate in mente l’identikit del vostro personaggio principale, o ognuno di voi gli ha dato un’interpretazione personale?

Alessandro Paolone: È più un racconto personale. Nel senso che, esattamente come diceva Giovanni per la scrittura, per ognuno di noi ci sono differenti narrazioni e storie possibili legate ai singoli brani. Prendiamo l'esempio di Depistaggio: è un pezzo nato con l'idea di un certo scenario e poi ha preso un'altra forma nel corso del tempo, e magari è proprio questo ad aver poi determinato la scelta del titolo. Spesso e volentieri quindi è un percorso personale seguito da un momento di “considerazione d'insieme”, in cui situazioni o eventi che riguardano ognuno di noi si incrociano, determinando un momento di comunione in cui si decide che titolo dare ad un brano.

Qual è stato il punto di partenza per la scrittura del disco?

Ferruccio Perrone: È nato tutto nel vecchio studio, La Sabbia, proprio quello che si affacciava davanti al “Mago del gelato” (la gelateria da cui hanno preso spunto per il nome, ndr). Eravamo appena tornati dal tour e stavamo attraversando un periodo florido a livello di immaginazione, e in breve tempo le idee si sono trasformate nelle prime demo, che poi sono diventate i brani dell’album. Successivamente, dopo un brainstorming per capire quale fosse il concept dell’album, sono arrivati i testi, la definizione di un immaginario, la comunicazione e tutto il resto. Il lavoro ha richiesto tanto tempo, ma siamo molto soddisfatti del risultato.

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Quando avete capito che le vostre sessioni in studio stavano dando vita ad un album? 

Pietro Gregori: In realtà non siamo partiti con l’idea di scrivere un vero e proprio album; le nostre jam esistono in funzione della creatività. Nell’arco di due o tre mesi sono arrivati i primi brani, e solo successivamente ci siamo accorti di come questi funzionavano tra di loro, aprendo la possibilità a un album. È stato un processo naturale e non abbiamo avuto grossi problemi a stabilire cos'era affine al disco e cosa no, finendo per escludere relativamente poco del materiale prodotto.

Giovanni: Era la prima volta che come Il Mago del Gelato realizzavamo un vero e proprio album, ma avevamo voglia e bisogno di occupare uno spazio più ampio per esprimerci. Eppure nel farlo non ci stavamo rendendo conto che stavamo confezionando un disco; in quel momento eravamo concentrati sul suonare, sul far lavorare la nostra creatività per tirar fuori della bella musica. Alla fine di quel periodo dovevo partire per un viaggio, e mi ero fatto una bella cartella per riascoltare le demo che avevamo collezionato. Dopo aver ascoltato tutto mi sono detto “ok, non mi sembra vero, però abbiamo effettivamente in mano un disco”. È una sensazione strana, e tra l'altro ci siamo resi conto del fatto che il materiale che avevamo era già perfettamente equilibrato, senza dover ragionare su quale “colore” mancasse, o quale brano serviva e dove.

Questo equilibrio si traduce in live molto caldi ed energici, strapieni di vibrazioni positive. Quali sono i vostri riferimenti nel modo di stare sul palco?

Alessandro: Sicuramente ci piacciono le band numerose. Ci è capitato tante volte, anche con altri progetti, di suonare con vari elementi, come ad esempio una sezione di fiati: questa è una cosa molto bella dal vivo perché restituisce un impatto sonoro forte, e consente di avere tante opzioni da giocarsi. Da un punto di vista delle reference comuni, invece, ci sono sicuramente Fela Kuti e la sua band, per il loro modo di stare sul palco; abbiamo anche avuto anche la fortuna di vedere Ebo Taylor e tutta la sua famiglia. Poi ognuno ha i suoi riferimenti: per esempio, uno per me è la band di Frank Zappa del 1973 con due batteristi, il vibrafono, George Duke alle tastiere, tanti strumenti, tante possibilità sonore. Ci piace portare in giro gli arrangiamenti per tanti musicisti, perché è determinante per la forza del sound.

Pietro: Se devo citare un personaggio che personalmente mi ha molto influenzato live è il batterista Yussef Dayes, che abbiamo visto dal vivo insieme. È veramente spettacolare vedere come stanno sul palco lui e i suoi musicisti.

Ferruccio: Sì, come si divertono a suonare, vedere la relazione che c'è sul palco tra i musicisti, perché trasmettono al pubblico la gioia di suonare. Cerchiamo ogni occasione possibile per andare a sentire musica dal vivo, che poi molto spesso finisce per influenzarci.

E infatti durante i vostri live il divertimento è palpabile, tant’è che dal pubblico si avverte e si finisce per iniziare a ballare senza nemmeno accorgersene. Qual è, invece, il vostro rapporto personale con il ballo? 

Giovanni: Per noi è una componente veramente molto importante. Uno dei capisaldi de Il Mago del Gelato è fare musica per le persone e riuscire a creare un momento di reale condivisione con chi abbiamo davanti. La danza in questo ha un ruolo davvero fondamentale: se hai davanti un pubblico statico un concerto come il nostro tende a non funzionare, perché non è pensato per essere vissuto in quel modo. Deve essere un momento di festa in cui le persone che abbiamo davanti sono coinvolte, divertite e possano riuscire a sentirsi bene, grazie anche alla musica che ci lega tutti. Il concetto della danza è anche una cosa su cui ragioniamo in fase di scrittura, la nostra discografia in un certo senso è pensata in funzione di questa cosa. Una delle caratteristiche di un brano giusto per Il Mago del Gelato è essere ballabile, avere quella scintilla che ti fa venire voglia di muoverti ed esprimerti anche in quel modo.

Pietro: In fase di composizione cerchiamo sempre di ricordare che se vuoi far ballare le persone per prima cosa devi far ballare te stesso. Una scorciatoia è chiudere gli occhi mentre suoniamo per capire se quella cosa, prima di tutto, fa ballare te. È un po’ come uscire un attimo dal nostro corpo per capire se effettivamente quella cosa è danzabile o no.

Il Mago del Gelato, "Chi è Nicola Felpieri?" copertina album
Il Mago del Gelato - "Chi è Nicola Felpieri?"

Se doveste scegliere un obiettivo da realizzare assolutamente come band, quale sarebbe?

Pietro: Conquistare il mondo!

Alessandro: Tour mondiale!

Ferruccio: Sicuramente non fermarsi mai; essere in tour un anno intero sarebbe bello, senza troppe soste e day off.

Ferruccio e Alessandro, (quasi all’unisono): E poi fare una colonna sonora di un film, è un grande obiettivo che vorremmo provare a raggiungere.

Ferruccio: Tour mondiali e durante le pause tra un live e l'altro scrivere la colonna sonora di un film…

Alessandro: … in aereo.

Qual è un film di cui avreste voluto scrivere la colonna sonora? E con quale regista vorreste collaborare?

Giovanni: Non è un film, però una grande reference che abbiamo sempre avuto a cuore è L'Ispettore Coliandro, che tra l'altro ha delle musiche incredibili. Ci piacerebbe contribuire a questa serie con composizioni nostre, anche se quelle che già ci sono vanno benissimo!

Pietro: Tra l'altro ringraziamo Pivio e Aldo De Scalzi, che sono i compositori dell'Ispettore Coliandro, sono dei grandi. E appunto i registi sono i Manetti Bros, con i quali ci piacerebbe molto collaborare: hanno quell'impronta che ci gasa proprio.

Il Mago del Gelato intervista
Il Mago del Gelato | Credits: Michele Rossetti e Mattia Chicco

Ultima domanda: qual è il vostro rapporto con Milano? E quali differenze vedete con l’ecosistema musicale del resto del Paese?

Alessandro: “Milano, odi et amo”, no? Quando sei qua la odi e te ne vuoi andare, quando sei lontano da Milano, in qualche modo ci vuoi tornare. Per quanto riguarda tutto il resto, abbiamo avuto la fortuna di incrociare tantissimi artisti della scena italiana in giro per l'Italia. Questo ci ha fatto sentire parte di un movimento, di qualcosa che esiste, perché ci sono tantissimi concerti, tantissimi festival, tanti artisti veramente in gamba. Sicuramente esistono delle differenze tra quella che è la realtà milanese e la realtà nazionale: Milano vuole essere una città europea e quindi ha qualcosa di diverso dal punto di vista sia delle opportunità che di quello che poi si può realmente fare. Però, devo dire, abbiamo anche avuto la fortuna di vedere tantissime realtà in giro per l’Italia capaci di organizzare cose bellissime, e aggiungo anche che quando siamo in giro, più andiamo al Sud e più siamo contenti.

Ferruccio: A parte le infrastrutture, le possibilità, tutto ciò che sta intorno al business, la cosa che importa alla fine è la gente, la voglia di ascoltare musica dal vivo e di farla, di organizzarla. In tutta Italia abbiamo incontrato gente che ha voglia ed è felice di fare, di organizzare, di andare a sentire i concerti. Quindi, in realtà, una volta che incontri la gente, il pubblico, non c'è più questa grossa differenza: la gente che incontriamo a Milano è gasata quanto la gente che incontriamo a Milazzo, a Roma, a Bologna o ad Arezzo. In questo periodo storico sembra che stia tornando la voglia di sentire la musica dal vivo, e noi ne siamo felicissimi perché siamo fortunati di poterne far parte. Tutti i discorsi su “Milano città d'Europa” o no vanno a cadere, perché alla fine il nostro è un rapporto con la gente.

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Il Mago del Gelato | Credits: Michele Rossetti e Mattia Chicco