Quando il 2 maggio Rockstar Games ha annunciato che il videogioco Grand Theft Auto VI sarebbe stato posticipato all'anno prossimo mi sono messo a piangere. Tra le lacrime che mi rigavano il viso - che nascondevano un malcelato hype nei confronti di questo attesissimo videogioco - ho avuto modo di pormi anche una considerazione più razionale: quella che avrei comunque risparmiato un centinaio di euro in un anno. O meglio, che avrei ritardato la fatidica spesa di 365 giorni. Attorno a GTA la pressione è tutt'oggi enorme e sembrava che maggio 2025 fosse il momento perfetto per farlo uscire, a distanza di 12 anni dal suo predecessore. Con un po' meno ansia e attesa - non me ne vogliano - sono rimasto piacevolmente sorpreso dal ritorno sulle scene dei Belize che, in sordina, senza dover per forza urlarlo ai quattro angoli del pianeta (come invece ha fatto Rockstar non rispettando i patti) sono usciti con Phantom Favola, la loro ultima fatica.
Non pubblicavano un disco dal 2018, Graffiti, il loro GTA V. Li aspettavo da tanto. A X Factor di qualche anno fa avevano rappresentato il gruppo che mi ha introdotto al mondo dell'elettronica trip hop made in Italy, salvo poi sparire poco dopo e questa non gliel'ho mai perdonata. Hanno messo da parte per lungo tempo il progetto Belize per dedicarsi ad altro: chi ha lavorato tra le maglie del mondo della produzione audio/video, chi ha preferito soltanto disintossicarsi per un po' dal mondo musicale. Alla fine, una congiunzione astrale ha decretato che il tempo era maturo per un nuovo disco. Le prime idee sono state buttate giù dopo la pandemia, poi il rientro in studio e la post produzione. Alla fine, si sono presentati nel 2025, rispettando i patti (capito Rockstar?), facendoci ascoltare nuove sonorità (ed è proprio con questa suggestione che inizia la nostra intervista). Ma soprattutto, arrivando prima di GTA VI.

Quello che risalta alle orecchie è ovviamente la ricercatezza di sonorità più rock. Volevo chiedervi come arriva questo nuovo sound, se frutto di necessità o di studio, o banalmente, citando il vostro singolo: per cercare qualcosa di nuovo?
Riccardo Montanari: In realtà noi nasciamo con quegli ascolti lì, con le sonorità dei Nirvana, Red Hot Chili Peppers, Afterhours, ma anche i Verdena. Poi il progetto Belize era nato sotto altre prospettive, un mondo più rarefatto, più hiphoppettoso. Negli anni, secondo me, anche la musica urban è diventata super commerciale, ma anche tutto quel versante un po' più soul, cosi ci è venuto anche a noia ascoltare quel mondo lì. Probabilmente ha contribuito anche il Covid: dal lato delle sonorità, mi ricordo che metà della gente manifestava una volontà di spaccare tutto, soprattutto per la costrizione fisica nella quale si trovava. Era veramente un periodo di sovrabbondanza, perciò la nostra scelta è stata frutto sicuramente di intenzionalità ma suscitata da un qualcosa che proveniva da dentro. Perciò la gestazione non è stata veloce.
Quindi mi stai dicendo che la realizzazione del disco è precedente al 2024.
Riccardo: Effettivamente abbiamo iniziato a buttare giù qualche idea dal 2021, in cui avevamo preparato soltanto tre brani. Poi, per i trent'anni mi sono regalato qualche weekend in studio a Bologna e siamo andati a registrare questi pezzi. Lì è stato effettivamente il momento in cui abbiamo ricominciato a fare qualcosa di concreto. Ci siamo divertiti, ci è piaciuto e abbiamo concretizzato il suono che volevamo fare. Dopo quel momento, è stato più facile scrivere i pezzi.
Un tema che ho trovato sotteso ad alcune tracce del disco è questo particolare rapporto con la vostra città. Come gruppo, com’è cambiato questo legame?
Riccardo: Ai tempi di Graffiti, mi ricordo che alcuni brani erano stati addirittura inseriti in una playlist per Beppe Sala sulle canzoni che parlavano di Milano! All'epoca eravamo proprio radicati molto nella città, io ero riuscito perfino ad amarla abbastanza. Adesso non più eh. C'è sempre questo rapporto che è quello che secondo me hanno un po' tutte le persone nate in provincia che poi si trasferiscono in una grande città. In altre parole, all'inizio vanno via per scappare. Un po' anche per rifiuto, poi lentamente incominciano a riguardare il loro posto di origine come si guarda anche alla propria adolescenza. Adesso torniamo a casa per rivedere i nostri genitori, passare un po' di tempo con loro. Prima non ci tornavamo quasi mai, andavi via perché quasi non volevi vederli e respirare la tua libertà. Adesso, con una prospettiva più adulta, si è diffusa quella malinconia latente.

Phantom Favola è anche un disco pieno di sogni nel cassetto: ce ne sono alcuni che sono diventati realtà?
Riccardo: Quando sei troppo concentrato nel raggiungerli, poi fai sempre fatica a riconoscere di aver realizzato effettivamente qualcosa. Mi ricordo benissimo, ad esempio, che il mio sogno era andare a suonare al Magnolia. Adesso tra miei concerti e live di altri l'avrò calcato una cosa come un centinaio di volte! Gran parte degli obiettivi li abbiamo realizzati. Ti ripeto, è difficile comunque vederli come tali.
Mattia Tavani: Credo sia un esercizio che è giusto fare. Poi magari si innesca il processo di soddisfazione continua e non è mai un bene. Ora che mi ci fai pensare, ce l'abbiamo fatta anche nel riprenderci a vicenda come gruppo, dopo una pausa molto lunga. Rientrando in connessione con persone che comunque sono diventate altro ma siamo comunque riusciti a mantenere un rapporto molto solido, molto intimo. Di condivisione, di apertura. Questo non è scontato e credo vada certificato come traguardo.
Ve lo aspettavate?
Mattia: Non ci siamo mai sciolti ufficialmente, ma ci sono stati dei momenti nei quali ci si frequentava meno. Ognuno magari si è concentrato su altre cose: chi sul lavoro, chi sulla famiglia. Forse non ce lo saremmo aspettati di rivederci in questa situazione ma, come tutte le cose belle, con la fatica ci abbiamo sbattuto la testa e adesso abbiamo ripreso un treno in corsa.
Continuando a parlare di dinamiche molto forti: in In mio fratello è tutto apposto esiste veramente questo rapporto con un fantomatico fratello oppure volevate inquadrare le dinamiche del gruppo e il vostro legame fraterno?
Riccardo: La cosa bella delle canzoni è quella che mentre scrivo i testi e gli dò una mia interpretazione, poi ce ne sono molte altre che non avevo contemplato!
Alzo le mani eh, magari era un'interpretazione sbagliata.
Riccardo: Guarda, il paradigma che avevo in testa con In mio fratello è tutto apposto era il rapporto di due fratelli con i genitori. Devi sapere che un mio caro amico poi mi ha detto: "Oh, ma hai scritto una canzone su due fratelli che litigano". Ok, è vero, c'è anche quello, però non era il mio obiettivo primario. Invece può essere percepito anche così, no? In verità, quel pezzo parla proprio del rapporto di due fratelli di sangue legati in modo indissolubile ai propri genitori.
Parlando di collaborazioni: oltre ad Arssalendo, ci sono anche i Colla Zio nei cori di un pezzo. Cosa avete visto nei due loro progetti che vi ha fatto dire fossero adatti per Phantom Favola?
Riccardo: Nel caso dei Colla Zio li ho visti proprio crescere, perché ho iniziato a lavorarci quando erano ancora molto giovani. Hanno questo modo di cantare, un armonizzato a comando, che è clamoroso. Gli ho sempre detto che secondo me dovrebbero fare quello anche singolarmente nella vita, che so, i doppiatori di film della Disney! In quella canzone, rispetto alle altre del disco nei quali abbiamo sempre usato dei cori digitali da tastiera, la volevamo un po' più realistica. I Colla Zio hanno questa leggerezza che secondo me era ottima da inserire in quel brano lì. Speriamo che quel tocco di spensieratezza sia arrivato anche agli ascoltatori. Con Arssalendo è stato simile per un certo punto di vista. Ha una decina di anni in meno di noi e ho visto proprio un approccio alla musica totalmente diverso dal nostro, anche solo per come usava il computer o, banalmente, il modo in cui registrava.
Nonostante siete diversi, siete riusciti a trovarvi senza troppi problemi?
Riccardo: Forse è stato più stato complesso realizzare qualcosa tra di noi. Se in studio arriva un'altra persona, c'è quel rispetto che tra noi, invece ormai, è sdoganato! Noi cerchiamo costantemente di metterci in discussione e cerchiamo di alzare sempre l'asticella. Quello che magari facciamo in una giornata o in due noi tre, con un ospite lo facciamo spesso in mezza giornata. Mi sa che siamo dei cacacazzi.
Adesso dovete dirmelo però: chi è quello più cacacazzi?
*Incredibilmente tre componenti su tre dei Belize indicano la stessa persona che, per privacy, non nomineremo. Un plebiscito.

Phavola mi ha fatto sentire una vostra volontà di vedere, almeno per un’ultima volta, il mondo con gli occhi di un bambino. Quali sono gli elementi “bambineschi” che vi sono rimasti dentro?
Mattia: Beh, per quanto mi riguarda, anche se ho superato i trenta, il 90% della mia personalità non credo sia mai realmente cresciuta. Probabilmente sono adulto solo anagraficamente. Quindi, questo album parla molto di me, parla tantissimo al mio bambino interiore ed è una roba devastante. Ha un impatto psicologico pazzesco su di me. Ti dico, con Riccardo non ci eravamo messi d'accordo sulle tematiche del disco ma se senti anche il testo di Phantom Favola è una filastrocca e mi parla tanto. L'elemento infantile di cui parli è l'idea di dare continuamente degli input al te stesso bambino, quello che c'è dentro di te. Per quanto riguarda Phavola, non so, è forse un pezzo più adolescenziale. C'è la possibilità di avere un mezzo con un motore che nella vita di una persona che vive in provincia è letteralmente un attestato di libertà.
Avete sempre avuto uno speciale e diretto rapporto con il cinema nei vostri pezzi: per Phantom Favola ci sono state delle ispirazioni cinematografiche particolari?
Riccardo: In Graffiti mi avevano ispirato tantissimo determinati film e libri. Invece qui, i film non solo sono entrati nell'estetica del disco ma hanno permeato anche un po' i testi. La canzone scritta come immagine. Abbiamo cercato molto di abitare le nostre canzoni, forse più che mai. Ho in mente ad esempio La storia infinita di Michael Ende, mentre a livello visivo tanta fantascienza dark, anche un po' distopica, come nei libri di Dick. Non so se siamo riusciti a creare questo ambiente sci-fi, forse no, un po' à la Arctic Monkeys con Tranquility Base Hotel & Casino. Poi vabbè, tutto il mondo degli anni Novanta che gravitava attorno a Italia Uno. Ci sono vari riferimenti che creano proprio un immaginario. Forse stiamo uscendo lentamente un po' dalla notte, comprendendo quella vita da adulti che prima non capivamo fino in fondo o consideravamo un po' meno.
È la ricerca della Notte limpida di cui ci avevano parlato i Post Nebbia qualche tempo fa.
Riccardo: Esatto. Uscire dalla notte ma avendo chiaro in testa il percorso. Ho in mente L'impero delle luci di Magritte in questo momento. Notte, un solo lampione acceso e il cielo è sereno.

Chiudiamo con una cosa che mi ha fatto molto ridere mentre la scrivevo quindi ve la devo condividere: come vi fa sentire il fatto che siano arrivati i Belize con il disco nuovo prima di GTA VI?
Riccardo: Giocare a GTA V era la nostra primaria attività durante la stesura di Graffiti. Sia quello che guardare Breaking Bad che ai tempi andava fortissimo.
Federico Scaglia: Ti dico, una delle ultime frasi iconiche di Riccardo è stata: "Non vedo l'ora di fare qualche soldo con la musica, perché ci sono troppi videogiochi ai quali devo giocare".
Mattia: Ah, poi, sembra che in GTA VI ci sia la possibilità di linkare il proprio profilo Spotify e sentire la tua musica quando giri in macchina per le strade cittadine. Phantom Favola potrebbe essere una colonna sonora adatta, no?
