12 novembre 2022

Musica senza canoni: intervista a Whitemary

Il filo nero del microfono che passa da una parte all'altra dietro le spalle e penzola sul petto, le mani che scorrono veloci sul mixer, i piedi che seguono veloci il tempo, perché con Whitemary difficilmente si sta sotto i 170 bpm. Ho avuto il piacere di vedere Bianca in apertura al concerto di Cosmo al Ferrara Sotto Le Stelle e mi sono bastati pochi beat per capire che la ragazza ha stoffa da vendere: un mix di energia scoppiettante e tecnica che travolgono l'ascoltatore con un'onda sonora caciarona e roboante.

L'esibizione è stata una delle prime presentazioni live del suo disco di debutto, Radio Whitemary, uscito lo scorso 10 giugno per 42 Records, e per la sottoscritta una delle uscite italiane più interessanti di questa prima metà dell'anno. 14 tracce che fondano le proprie radici nell'elettronica più minimale, martellante e ipnotica, ma che viene alleggerita dai tocchi di voce di Bianca, che alle volte si fa leggera come il canto di una sirena, come in Mi sento, mentre altre, per esempio in Sembra che tutto, diventa fredda e metallica come quella di un robot. Sicuramente un album non immediato, soprattutto per chi ha poca dimestichezza con il genere, ma che può far impazzire chi conosce i suoni aguzzi e irregolari, quelli che rimbombano in testa come un martello pneumatico. Un'insieme di accelerazioni, crescendo e drop capaci di far saltare anche le anime più pigre.

In un panorama in cui proprio Cosmo sembra essere l'unico a dare linfa a questo genere, Whitemary è un astro nascente su cui ripongo tutte le mie speranze per ballare quest'estate e per gli anni a venire, nonché per aprire la strada a tante altre giovani producer. Folgorata dall'ascolto dell'album la raggiungo al telefono per una lunga e bella intervista mentre in auto si districa tra la giungla romana. È andata così.

Ph. Renato Anelli

Partirei proprio dal concerto, perché mi è rimasta impressa una frase che hai detto riguardo una tua canzone, Sembra che tutto. Hai detto che questo pezzo è stato il primo che hai scritto pensando ad un "noi collettivo rispetto che a te". Quello che emerge da questa frase è che tu, con la tua musica, rifletti molto su te stessa, quindi quello che volevo chiederti io è: cosa c’è di te, di personale, dentro questo disco?

Diciamo tutte le parti che fatico un po’ a capire; io sono una molto concreta, molto pratica, quindi si va magari nelle fasi un po’ più emotive, un po’ più dell’inconscio, capito? Atteggiamenti, cose che non riesci a spiegarti facilmente con la razionalità, con la parte razionale. Me ne vado un po’ nel panico [ride]. E quindi ci ho messo questi momenti qui, più che spiegarli, ho cercato di buttarli fuori per condividerli: per capire se sono solo io o, appunto, è una cosa condivisibile. Sicuro lo è perché, ci sono tante cose che ci accomunano un po’ tutti, chi in un modo chi in un altro. E poi anche per guardarle da fuori, perché una volta che le dici le cose suonano e sono sempre un po’ diverse. Volevo osservarle in una forma canzone, in una forma testo, magari mi potevano essere un po’ più comprensibili. 

Quindi in un qualche modo è anche un modo per esorcizzarle. 

Eh sì, diciamo che questa cosa dell’esorcismo l’ho usata: l’ho detta parecchio proprio perché è esattamente quello. 

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Tra l’altro il primo pezzo che tu hai scritto per questo disco è Hello Hello: è casuale il fatto che tu l’abbia messo come ultimo nella tracklist? 

Più o meno, nel senso che io non avevo pensato ad una posizione, poi ascoltandolo a disco finito abbiamo detto “Madonna, ma questa è proprio la conclusione giusta”. E poi lo avevo chiamato Hello 2020 siccome il primo EP si chiudeva con un pezzo che era Ciao. Chiudere di nuovo con un pezzo che in realtà significava sempre "ciao" ci piaceva. In conclusione non ho messo un punto perché non mi capivo prima, non lo faccio neanche ora, però non fa niente: suono e canto e vado avanti con la mia vita. È un non mettere un punto a questa questione dell’introspezione. 

Il testo è abbastanza esplicito, insomma riflette quello che mi hai detto prima. Volevo chiederti se da allora, comunque ormai sono passati due anni, è cambiato qualcosa. 

Beh sono cambiate parecchie cose. Prima di tutto è cambiato proprio il mio approccio alla composizione, al fare musica, perchè, diciamo, sto cercando di utilizzare un po’ più di coscienza e meno istinto. Vorrei fare un disco proprio meno di pancia e un po’ più ragionato. In generale vorrei cambiare approccio, perchè ho paura che solo con il semplice istinto possa finire la diversità, la sorpresa, la varietà delle cose che poi vado a fare. Quindi il modo di scrivere, come sto andando adesso in studio a registrare, a provare a fare cose nuove, sta sicuramente cambiando. Anche proprio a livello personale: io dopo questo disco mi sento parecchio diversa. [ride] Quindi spero cambino tante cose, è proprio una speranza. 

Un’altra canzone che a me ha colpito sempre legata al tema della riflessione è Mi sento, in cui il testo dice “Mi sento leggera, quando non penso troppo, quando tutto non pesa molto”. Tu che rapporto hai con la leggerezza? 

Io la vorrei un po’ di leggerezza [ride]. Ambisco a parecchia leggerezza, però non lo sono per niente. Sono una persona molto ansiosa: rimugino tanto, penso tanto, son lì che valuto 800 ipotesi su ogni cosa. Nel senso, non c’è un ambito in cui io non faccia questa cosa: mi faccio un sacco di paranoie. Vorrei a volte essere un po’ più leggera e prendere la vita con un po’ di leggerezza. 

Diciamo che è un male comune a molte persone. 

Eh sì, io mi preoccupo veramente tanto di tante cose: quello che potrebbe succedere, quello che è successo in passato. Mi godo poco il presente devo dire. Però c’è la parte finale dove rimangono solo gli accordi con tutti i cori: quella lì per me è la finestra di leggerezza che ogni tanto riesco ad avere. Di solito è quando sto con i miei amici, quando partono proprio quei momenti di spensieratezza, di risate, di cazzeggio, che proprio ridi tanto e ti diverti. È un po’ quel momento lì. 

A proposito di leggerezza adesso ti faccio una domanda provocatoria: secondo te la musica italiana al giorno d’oggi sta diventando sempre più leggera, disimpegnata, "leggerissima" come direbbe qualcuno? 

Sì però quelli di Musica leggerissima poi hanno un testo che è di una "pesantezza" incredibile [ride]. Secondo me non è solo la musica italiana, ma tutta la musica che deve soddisfare una quantità di pubblico enorme. Deve prendere e abbracciare numeri che non possono essere reali, se asseconda poi il gusto di ogni persona... Vabbè m’hai capito! Però forse non è quella che io chiamerei leggerezza, neanche semplicità, più che altro è l’accontentare tutti. Secondo me non è così solo da adesso e riguarda proprio quella categoria di musica che comunque esiste, c’è e serve. Mi piacerebbe che questa categoria di musica un po’ più impegnata (non che io mi senta impegnata, anzi) e più personale si curasse meno di rispettare tutta una serie di standard e canoni, e avesse un po’ più di spazio proprio nell’immaginario delle persone, del pubblico. Quindi non accontentarsi solo di quello che ti viene dato e avere un po’ più di curiosità di sviluppare i tuoi gusti musicali. Non è che ti devi sentire la mia musica per me. È per te che ti devi sentire un po’ più unico, perchè scegli tu quello che ascolti, quello che indossi, quello che mangi, tutto. Sei tu che scegli e poi ti fai un po’ condizionare, ci sta, è giusto.

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Tornando a te, ho letto che il tuo background è nella musica jazz in realtà. Quando ti sei avvicinata al mondo dell’elettronica? 

In un periodo in cui cercavo di scrivere qualcosa di mio, di essere creativa nel jazz e non riuscivo. Poi tramite amicizie, conoscenze, con il mio ragazzo, che mi ha fatto ascoltare tanta musica elettronica. Lui all’inizio mi ha proprio passato tanta musica che poi mi ha appassionato. All’inizio andavo un po’ per suggerimenti,  per consigli degli altri e poi negli ultimi 4/5 anni ho iniziato a fare io della ricerca personale, a cercarmi, a crearmi un mio gusto. Quindi in realtà non da tanto. 

E se dovessi fare dei nomi di producer, DJ che ti piacciono quali sceglieresti? 

Allora, siccome alcuni li abbiamo già detti tante volte magari mi do dei paletti e ti dico solo nomi femminili, perchè è una parte che mi ha affascinato molto. C’è prima di tutti Ela Minus che proprio mi piace tantissimo. Poi il disco di Kelly Lee Owens mi è piaciuto e mi sono piaciuti moltissimo gli ultimi due che ha fatto uscire, uno nel 2020 e l’ultimo quest’anno. Octo Octa molto bello, molto bella anche lei, aspetta che te ne dico un altro... Ah vabbè c’è Marie Davidson, anche lei molto figa.

Direi tutti ottimi spunti! Ma secondo te il mondo dell’elettronica, dei produttori in Italia è ancora prettamente maschile? Dai nomi che comunque tu mi hai citato e che conosciamo secondo me nel panorama estero anche questo genere sta diventando sempre più inclusivo, perchè hai artiste come Ela Minus, Kelly Lee Owens, The Blessed Madonna… Tu come la vedi? 

Io la vedo che già è un mondo di nicchia, parecchio di nicchia rispetto all’estero, quindi già si fatica.  Purtroppo la vedo un po’ amara. Mi sono comunque sentita molto accolta dal mondo della musica elettronica, cioè proprio da tutto l’ambiente, poi venendo dal jazz che, per carità, era una fatica infinita, ho trovato un ambiente ospitale, anche se, diciamo, non è un feedback comune. Quindi io ho trovato uno spazio aperto e molto buono, dove c’è spazio, il problema è che non c’è proprio la cultura ancora delle ragazze che fanno questo lavoro. Per esempio, insegno in questa scuola, al Saint Louis, che è un conservatorio che sta qui a Roma, ho iniziato proprio quest’anno ad insegnare e io su 42 allievi ho 2 ragazze, che sono veramente poche. Non ho 10 donne e 30 uomini, secondo me è un dato preoccupante anche perchè poi loro non sono tanto più giovani di me: hanno dai 20, 22, 23 anni e io ne ho 29. Sono più giovani di me e io mi aspettavo dalla generazione dopo di me molta più flessibilità ma anche a livello di rapporto con la musica. Quindi sono un po’ delusa da questa cosa: ne ho solo 2 ma buone eh! Poi paradossalmente al conservatorio mi ricordo che questa cosa dell’elettronica mi prese particolarmente bene anche perchè un mio insegnante, Luca Spagnoletti, quando facevamo storia della musica elettronica mi fece vedere tantissime donne che lavoravano già dai primi anni ‘70 con la musica elettronica, tipo Susan Chaney, e quindi già lo vedevo uno spazio che lasciava posto anche a noi. 

Però tu comunque nel tuo piccolo stai facendo un passo avanti perchè leggevo che fai parte di un collettivo “Poche”, insieme ad Elasi e Plastica, che promuove le producer italiane. Quando è nato questo progetto? 

Allora noi ci siamo sentite se non erro subito dopo la prima pandemia, quindi metà 2020. Loro lo stavano mettendo in piedi, stavano raccogliendo un po’ di nomi. Il nome era venuto fuori perchè dicevano “siamo poche, dicono sempre che siamo poche” però poi effettivamente andando a scavare hanno trovato un sacco di nomi, poi ci siamo sentite tutte tra di noi con le prime chiamate Skype, alla fine eravamo parecchie. Producer e sound engineer donne in Italia esistono (mi viene in mente subito Matilde Davoli), e negli ultimi anni stiamo aumentando. Il problema è che il mondo degli artisti, producer e soprattutto delle major si è un po’ chiuso su se stesso, preferendo sempre gli stessi nomi, solitamente uomini, e non aprendosi a nuove figure tra cui anche quelle femminili, perde la possibilità di avere musica più varia, interessante e con sonorità differenti.

Tornando al tuo disco, una cosa che mi piace sempre investigare con chi fa elettronica è: tu da dove parti per creare le tue canzoni? Nel senso, viene prima il testo, oppure ti metti ad improvvisare e ti metti a cantarci sopra, insomma come funziona?

Diciamo che per l’inizio di questo disco, quindi tutti i primi pezzi che ho fatto, partivano tutti da delle reference, proprio da brani d’ispirazioni molto chiari, ti saprei dire su alcuni pezzi a quale lo accosterei come ispirazione. A livello compositivo parto quasi sempre dalla ritmica, quindi parte prima tutta la parte di arrangiamento, e il testo a volte viene un po’ dal nulla, a volte c’ho delle cose segnate su un quadernino, vedo che quelle frasi lì, quelle parole lì combaciano con il mood della produzione e insomma cerco di farle girare un po’ sopra. Poi magari parto da un concetto e lo modifico, magari quel piccolo testo com’era scritto è solo l’ispirazione per scrivere altro. La melodia viene un po’ alla fine, per ora è la cosa che è sempre venuta per ultima. Però anche questa è una tendenza che vorrei invertire. 

Tra i sample che tu hai utilizzato leggevo che ci sono i Disclosure, Mac Miller, in Intervista hai utilizzato un pezzo di intervista a Grace Jones. Se ti dovessi chiedere le influenze per questo disco, coincidono con gli ascolti di cui mi hai parlato prima?

Secondo me coincidono… Magari Grace Jones no, i Soulwax tantissimo, anche se poi quando li vai ad accostare non so se effettivamente si percepisce questa influenza, però io ce la sento parecchio. Tantissimo i Simian Mobile Disco. In realtà faccio un po’ fatica ad accostarli perchè a livello proprio qualitativo mi sento lontana anni luce da loro. Sono più ispirazioni, non so se poi a livello sonoro combaciano, ecco. Però sì, loro sicuramente. I Disclosure qualcosina sì, anche Yaeji,  in Credo che tra un po’ era proprio la mia reference numero uno. 

Restringendo il campo degli artisti e guardando al roster della tua etichetta, 42 Records, c’è Cosmo che forse nel panorama italiano è l’artista più conosciuto nel mondo dell’elettronica. Ti è capitato di confrontarti con lui per la stesura di questo disco? 

No, per niente, anzi, ci siamo visti a Bologna per il suo concerto dove io facevo un’apertura e mi disse “ma che cavolo, io il tuo disco ancora non l’ho sentito, c’è Emiliano (il manager ndr) che ogni volta mi dice ti mando il link e poi si scorda”. Quindi in realtà no. È strano perchè io ci trovo con lui tante affinità, parecchie, ma anche un po’ nel modo di pensare, nelle cose che magari diciamo, a livello stilistico, di immagine. È una persona che artisticamente sento tanto vicino per la visione in generale della musica, forse anche l’approccio compositivo, però è assurdo perchè ci stiamo conoscendo adesso, ci conosciamo ancora molto poco, perchè noi ci siamo appunto avvicinati un po’ per questo concerto di Bologna, un po’ di più il giorno a Ferrara, dove c’è stato anche più tempo materiale per stare un po’ insieme. La cosa assurda è che mi sembra che abbiamo a livello artistico tante cose in comune, poi mi sembra che siamo due persone completamente diverse. Quindi ci stiamo anche un po’ studiando, conoscendo, però mi piace. Io lui l’ho ascoltato tardi, nel senso quando era già abbastanza famoso, però il suo disco, Cosmotronic, m’era piaciuto veramente tanto. Questo suo nuovo disco ancora di più. 

Anche se è più difficile rispetto a Cosmotronic, secondo me, piace di più a chi piace un determinato genere, ad esempio a me è piaciuto tantissimo ma perchè ci sguazzo in queste cose, altri miei amici che magari erano più affezionati a L’ultima festa han fatto molta più fatica.

All’inizio io l’ho dovuto ascoltare un po’ di volte per affezionarmici, è un disco che secondo me c’ha anche bisogno di più di un ascolto, più impegnativo. 

Comunque metterò una postilla in questo articolo in cui chiederò a 42 Records di mettervi in studio insieme [rido], visto che comunque delle affinità ci sono, e di mandarvi le cose nuove a vicenda. 

[ride] Secondo me succederà però sai non stiamo neanche spingendo perchè penso poi che nè io nè lui abbiamo quest’ottica del feat perchè va fatto. Io sono convinta che magari ci incontreremo o perchè io sarò dalle parti sue o lui verrà a Roma e un giorno magari diciamo “perchè non ce ne andiamo in studio” e succederà qualcosa, però diciamo che le cose premeditate non ci piacciono quindi per ora non stiamo forzando questa cosa. Come dice lui “Se succederà, qualcosa nascerà”. 

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Visto che abbiamo citato un sacco di artisti fantastici, se Whitemary potesse avere una radio, cosa passerebbe? Come ti piacerebbe impostare la tua radio?

Aiuto! Diciamo, forse generi suddivisi in momenti della giornata, quindi super varia, ci può essere di tutto. Magari, che ne so, la mattina secondo me ci starebbe benissimo la musica classica e poi all'ora di pranzo, cucina un bel po’ di jazz, anche bello spinto. La sera per forza l’elettronica, però anche per la sera/cena/aperitivo roba un po’ più soul, new soul. Sicuramente tanto estera e poco italiana [ride], però anche tanto indipendente, quindi progetti più piccolini, e ci metterei dentro un sacco di amici sicuramente. Certo mi manca la parte cantautorato (io: possiamo infilarla nel pomeriggio magari). 

Ultima domanda: le grafiche del vinile, dell’artwork sono curate da te giusto? 

Sì, tutto quanto, sì sì. 

Quindi ti diletti anche nella parte grafica oltre a quella musicale?

Sì, io ho sempre disegnato parecchio, infatti la mia insegnante di italiano e latino al liceo mi odiava, mi ricordo benissimo che una volta mi disse “Bianca a fine anno possiamo fare un’esposizione dei disegni che hai fatto invece di prendere appunti”. In realtà poi era una stronzata perchè era una cosa che mi concentrava parecchio, cioè mi aiutava ad essere più concentrata sulla lezione però lei un po’ se la menava. Ecco, quella è una roba che non ho mai studiato, non ho mai fatto corsi, pure lì forse un po’ di studio mi avrebbe aiutato molto di più, però l’ho sempre fatto. A me piace comunque conoscere bene i vari programmi, mi sono chiusa un po’ da autodidatta a imparare molto bene Photoshop, un po’ Illustrator, anche se un po’ meno. E poi queste qui le faccio tutte con l’Ipad, c’è questo programma che si chiama Procreate, anche abbastanza professionale, con cui appunto ho curato tutta la parte grafica. 

E per la copertina da cosa hai preso spunto?Allora, sono sempre stata in fissa con l’effetto che fanno i due specchi uno di fronte all’altro, il loop infinito, e quella è una foto che io avevo fatto con il telefono davanti ad un specchio che fa lo stesso effetto. Cioè la foto fa cagare, però mi piaceva l’inquadratura, come erano posizionate le varie immagini, quindi l’ho sistemata un po’ con quella foto come riferimento.