19 marzo 2019

L'universo Knocturno dei Be Forest

Sono passati solo pochi mesi dall’inizio dell’anno, ma il 2019 si è già dimostrato essere un anno splendente per la musica alternativa nel Bel Paese. Annebbiati dalla scena dominata prevalentemente dal cantautorato (pseudo) indie, abbiamo quasi rischiato di farci sfuggire una rara perla dalla carriera promettente: i Be Forest, gruppo di Pesaro formato da Costanza Delle Rose, Erica Terenzi e Nicola Lampredi. La loro particolarità è quella di combinare talmente tanti generi diversi da non apparterne a nessuno in particolare...e ne vanno assolutamente fieri. La musica dei Be Forest è un concentrato di synth, chitarre ruvide, elementi della vapor wave ed altri dello shoegaze che, mescolati insieme, creano un’atmosfera underground, dark e ammaliante al tempo stesso. Il tutto è accompagnato da un'estetica noir cinematografica a cui è impossibile resistere. La loro essenza è contenuta in  “Knocturne”, terzo album in studio pubblicato l’8 febbraio 2019 sotto l'ala della prestigiosa etichetta We Were Never Being Boring (WWNBB Collective), che ospita artisti di nicchia come Her Skin, Any Other, Weird Bloom e Birthh. Li abbiamo conosciuti a pochissimi giorni dalla partenza per il SXSW a Austin e dall’inizio di un tour spaziale che toccherà America, Europa e Italia. Cosa abbiamo capito dai Be Forest? Che si vive bene anche senza etichette di genere, che il mondo è bello perchè è vario e che la vita in tour è dura, ma se affrontata con le persone giuste è l’esperienza migliore di sempre.

Ciao ragazzi, è un piacere conoscervi!
Vi conosco da poco e ho ascoltato i vostri lavori a ritroso, partendo dall’ultimo uscito “Knocturne” (2018), poi “Earthbeat” (2014) e “Cold” (2011). Il vostro genere è molto particolare e mi piace perchè è difficile da definire. Voi come definireste la vostra musica?

Costanza: Non la definiremmo. E’ molto difficile, anzi, è limitante. Capisco che, per forza di cose, bisogna dare un’idea generale della musica che fa un gruppo per presentarlo e le etichette danno sempre una mano, ti determinano all’interno di un filone che vai ad ascoltare se sei interessato. Però, ecco, non ci ho mai capito molto di generi...giuro! Quindi non saprei definirlo ed è anche molto difficile quando le persone mi chiedono “ma che genere di musica fai?”. Io non rispondo mai a questa domanda, ad esempio.

Appunto, non concordo con molte etichette che vi hanno dato online e infatti chissene frega delle etichette, è giusto così.

Erica: grazie!

Una cosa è certa: non siete in tanti a fare questo tipo di musica e ad avere una certa visibilità in Italia. Ultimamente vedo il vostro nome ovunque, ma in generale non è comune sentire gruppi simili a voi nel nostro Paese. Secondo voi perché non ha preso piede?

Erica: dovresti chiederlo agli ascoltatori. Diciamo che le persone che ci vengono ad ascoltare sono ormai della vecchia guardia. Ho notato che ai concerti ci sono tante persone che ascoltano musica da un sacco di tempo e pochi giovani. Non so quali siano le motivazioni per cui va un genere piuttosto che un altro. Ognuno si accosta a quello che gli è più congeniale. Diciamo che magari adesso la situazione della musica è un po’ fugace, quindi magari è più facile ascoltare pezzi singoli piuttosto che un disco intero. Noi siamo più incentrati sul disco intero, quindi viene da dire che sono agevolate le persone che si concentrano sul singolone, il pezzo da hit, piuttosto che chi cerca di fare un discorso più ampio con un disco.

A proposito di questo, il vostro ultimo album Knocturne può essere considerato come un tutt’uno: nove canzoni che si susseguono, una fine che ritorna all’inizio e così via. Come fate a trasmettere la stessa sensazione di continuità dal vivo?

Erica: abbiamo cercato di mantenere questa continuità anche al live.

Costanza: in realtà così come inizia il disco, inizia anche il concerto. Il live si apre con la presentazione di “Knocturne” tutto insieme, poi, una volta finito quello, passiamo ai pezzi dei lavori precedenti.

A livello di tematiche, c’è una linea comune nell’album che mi ha colpita ed è l’espressione di quel sentimento di trovarsi “nel mezzo”, tra la gioventù e la vita adulta. E’ una sensazione che si percepisce, si capisce, ma non si sa spiegare. Parlatemi un po’ di questo sentimento e dei temi di “Knocturne”.

Costanza: diciamo che questa posizione nel mezzo tra chi diventerai e chi si era alla fine è il motif generale del disco, anche perchè ci troviamo tutti quanti proprio in quella situazione lì. Dopo aver finito il secondo album ci siamo tutti presi un momento di pausa per cercare di capire cosa volevamo fare, dove volevamo andare, per respirare un po’. E anche per farsi un’idea su che cosa volevamo creare dopo. Ci siamo rincontrati ed eravamo effettivamente in questa età qua. In un modo o nell’altro, volevamo comunicare quello che vivevamo internamente e l’abbiamo fatto nella maniera più sincera possibile. Forse è per quello che si sente, non ci sono particolari costruzioni in questo disco.

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Quel momento di pausa tra “Earthbeat” e “Knocturne” l’avete dedicato anche alla stesura e registrazione dei nuovi pezzi?

Costanza: sì, ci siamo presi del tempo. Ci incontravamo e suonavamo con calma e tranquillità, prendendo una cosa alla volta. Non ci siamo dati nessun tipo di paletti di tempistiche, penso si sia capito.

Erica: poi ovviamente nel mezzo ci sono stati i lavori vari per “permetterci di…”, quindi ci siamo concentrati sul disco, ma siamo anche stati distratti dalla vita reale.

All’interno dei pezzi di “Knocturne”, ho trovato sonorità molto mature, introspettive ma allo stesso tempo condivisibili. Cosa è cambiato rispetto ai vostri lavori precedenti?

Erica: le parti tra di loro sono molto più incastrate - nel senso positivo del termine - rispetto al passato.
Costanza: l’approccio ai pezzi è stato molto più profondo e più tranquillo. Come se dopo un po’ di tempo capisci che le ossa te le sei fatte. C’è più consapevolezza e sicurezza nella scrittura di questo album.

Erica: soprattutto più consapevolezza di quello che sei e che riesci a fare...
Costanza: ...e di quello che poi vuoi comunicare.

Foto di Marco Cappannini

C’è qualcosa in particolare che vi ispira quando create musica?

Erica: siamo in tre, abbiamo tre visioni completamente diverse della musica, del cinema, dell’arte. E’ difficile trovare dei punti comuni o dei gruppi a cui tutti facciamo riferimento. Ci siamo sempre ispirati a delle immagini che scaturivano dai suoni e viceversa, cercando di costruire suoni da immagini concrete.

Costanza: quando suoniamo si creano quasi magicamente delle immagini comuni per tutti e tre ed è da quello che poi partiamo, quello che ci unisce. Parlare di ispirazioni musicali o di libri è molto personale. Quello che ispira ognuno di noi individualmente fa poi in modo che si mescoli e vada a creare la nostra musica.

Ve lo chiedo perché penso che le vostre canzoni siano molto cinematografiche e visive, ad esempio Totem, Bengala, Atto I. Ci avete mai pensato? Vi piacerebbe prendere questa direzione?

Costanza: a me piacerebbe tantissimo!

Erica: sarebbe davvero molto bello.

Costanza: poi è vero. Prima del testo e delle linee vocali c’è la creazione della musica. Quando suoniamo ci vengono veramente in mente dei posti, dei luoghi, dei personaggi...è fighissimo, mi piacerebbe davvero tantissimo! Qualcosa con i draghi, i cavalieri...

Una nuova serie ispirata al Trono di Spade, magari!

Costanza: bellissimo!

Erica: ecco, quando diciamo che ognuno di noi ha dei gusti diversi, intendevo questo. Lei adora il Trono di Spade, io lo detesto, ad esempio!

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Ho dato un’occhiata alla serie di concerti che avrete nelle prossime settimane e complimenti, sono parecchi e davvero ovunque! Come vi sentite? Siete carichi per questo nuovo capitolo?

Costanza: sì sì, ci stiamo riadattando alla vita che avevamo abbandonato per un po’ e anche se è un po’ strano tornare in moto, piano piano stiamo prendendo il ritmo.

Parliamo del SXSW di Austin - ci andrete con Giungla, Any Other, Her Skin e tanti altri. Cosa significa per voi rappresentare l’Italia ad un evento del genere? E soprattutto, vi sentite di rappresentare l’italia?

Costanza: ehm...non mi sento abbastanza patriottica per dire che rappresenteremo l’Italia.

Erica: non vai lì per rappresentare il tuo Stato, ma per rappresentare quello che sei. E’ bello far parte di un festival così grande con realtà diverse da tutto il mondo. La città diventa un mega festival dove in ogni angolo c’è qualcosa. Vai lì per assorbire tutto quello che c’è intorno...e bere un sacco di Monster!

Avete qualche storia divertente o strana di un qualche tour da raccontarci? Con questa cosa della Monster mi sa che siamo sulla strada giusta!

Erica: quella della Monster non è proprio una storia, solo dei camioncini ovunque con ragazze in shorts che ci tiravano addosso le lattine...come fai a non accettare? Nei primi tour in Europa ce ne sono successe di ogni. Una volta abbiamo dormito in una barca e stavamo per finire al largo perchè si era alzata la marea. Poi a Praga abbiamo dormito in compagnia di due topoloni in gabbia, uno bianco e uno nero, Blackberry e Berry White. 

Ultima domanda - voi dal vivo avete suonate un po’ ovunque, avete fatto un tour in Messico, diverse date negli States, due volte al SXSW e fra poco salirete sul palco del Great Escape di Brighton - vedete la vostra carriera proiettata più verso l’estero o vi piacerebbe affermarvi in Italia?

Costanza: per me ovunque, dove arriva arriva. Non riesco più a fare distinzioni. Ovunque possa arrivare.

Erica: la direzione purtroppo o per fortuna non dipende da noi, ma da chi ritiene giusto farci suonare a casa propria ed è una cosa bellissima essere riusciti a suonare più o meno dappertutto. E’ una cosa che ci ha arricchiti parecchio.

Costanza: in Messico abbiamo fatto due date e siamo rimasti 3 giorni, è un tour che non può essere definito tale. Mentre per gli Stati Uniti è diverso, c’è un’attitudine diversa. Vediamo come andrà questa volta!

Potete trovare tutte le ultime info e date dei Be Forest qui

Foto di Luca Sorbini