24 aprile 2020

Nulla è scritto nelle stelle: intervista a Ghemon

Fare musica in quarantena può essere più semplice: l’intimo rapporto che si crea con se stessi può essere grande fonte di ispirazione, l’instaurarsi di una conversazione con il nostro io interiore può gettare le basi per una scrittura più intimista. Non è, tuttavia, altrettanto facile pubblicare musica in questo periodo, non lo è dal punto di vista economico, per non parlare della grande incognita dei concerti dal vivo. È un dissidio interiore, quello che sta vivendo chi campa di musica, tra i potrei e i dovrei.

È probabilmente un ragionamento che è passato anche per la mente di Ghemon, cantautore e rapper che non necessita grandi presentazioni, penna da sempre riconoscibile, stile che parla da sé. Lui è uno di quegli artisti di cui gli ascoltatori si innamorano e continuano al suo fianco negli anni.

Ecco, Ghemon questo ragionamento l’ha fatto ma ha deciso di proseguire nella pubblicazione del suo nuovo album, Scritto nelle Stelle, uscito il 24 aprile. E l’ha fatto anche per quei fan che hanno dimostrato fedeltà negli anni, ma soprattutto perché, se nemmeno nei suoi incubi più selvaggi uno scenario di questo tipo sarebbe stato possibile, è anche vero che bisognava andare avanti, non fermarsi, ed è per questa stessa ragione che, unicum in Italia, lui ha organizzato un firmacopie digitale.

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A raccontarci queste cose è lo stesso Ghemon, in una conferenza stampa sui generis, in cui si destreggia tra domande a raffica e riflessioni. Era così che immaginava sarebbe andata? No, «Niente di quello che io stavo pensando dalla metà di febbraio si è realizzato come io immaginavo, mi sono perso giorni in dettagli (…) elucubrazioni mentali su quale sarebbe stato il singolo più gradito, come spiegare una cosa piuttosto che un’altra. Niente si è realizzato, ma ringrazio che la vita mi ha messo spesso davanti a sfide molto dure e mi considero uno scarafaggio, perché gli scarafaggi sopravvivono sempre, si adattano».

E che la vita abbia messo davanti a Gianluca sfide ardue non è una novità per chi ha masticato i suoi album, per chi ha imparato a conoscere quello che lui ci ha permesso di imparare, che Ghemon e Gianluca sono la stessa persona e niente di quello che fa uno è insormontabile per l’altro.

Scritto Nelle Stelle è esattamente l’album che Ghemon doveva fare in questo momento, a tre anni dal suo ultimo lavoro, Mezzanotte, ma non in senso semplicistico, anzi, il nuovo progetto è nuovo, fresco, sperimentale anche. È la crescita che ci si aspetta da un artista come lui ma sviscerata con eleganza e senza essere scontati ma è anche un altro tassello del mosaico che lo compone, un nuovo e potente spaccato della sua vita. Ma soprattutto, in questo album, Ghemon rassicura chi lo vedeva cambiato, con tracce in cui i suoi incastri sono quelli che caratterizzavano ORCHIdee. Ghemon, insomma, dà una pacca sulla spalla a chi, come me, nell’ascoltare i tre singoli che hanno anticipato il progetto (Questioni di Principio, In un Certo Qual Modo e Buona Stella) vedeva un allontanamento forte dall’immagine che si aveva di lui.

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E alla mia domanda sul perché della scelta dei singoli lui spiega che «Non mi piacciono le scelte comode, perché senza coraggio non aggiungerei niente, non direi la mia, non dimostrerei personalità e mi prendo anche le conseguenze a volte di questo coraggio che non sempre sono positive perché non sempre sono capite le mie scelte. Però forse questo è il disco in cui ho maggiormente abbracciato che queste sono le mie caratteristiche e quindi, una volta che ci fai pace col fatto che le tue caratteristiche sono sia un dono che una piccola disdetta, capisci che le cose comode (cavalcare le waves, o rifare il te del passato) sono cose che mi annoiano mortalmente. Cerco sempre di alzare l’asticella anche nella scelta dei pezzi che buttiamo fuori per primi».

Se è certo, quindi, che le scelte musicali di Gianluca siano in evoluzione, è anche constatabile che ciò che non è cambiato è lui, i suoi valori, le questioni di principio, il non svendersi ad un mercato facile. E lo dice lui stesso che a volte le scelte meno facili costano, che la strada meno semplice a volte è in solitaria ma mantenere coerenza fa sì che si riesca a trovare il proprio pubblico.

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Ed è sicuramente in virtù di questo che l’equilibrio del suo lavoro sembra perfetto, una sorta di leitmotiv attorno alla sua figura, tuttavia questo risultato comporta una serie di scelte, scartare tracce e tenerle altre. «É difficilissimo scartare ed è una cosa che si impara solo col tempo – se vedi i miei primi lavori sono da venti tracce l’uno- e maturando si impara ad arrivare all’essenziale. Non ho escluso tracce più scadenti, ma avevo un’idea molto precisa, non volevo doppiare delle emozioni, replicare delle atmosfere, quindi ho messo solo quello che potesse stare bene insieme. Mi viene in mente questa cosa: gli chef stellati quando entri nei loro ristoranti fanno un percorso di come loro hanno inteso la cucina, e io volevo dare la panoramica di come IO avevo cucinato le cose e messo i sapori insieme. Molti dicono che la concezione di album è vecchia, ma in realtà si è evoluta anche quella e si può fare un discorso che abbia un inizio e una fine anche molto compatto».

Non è semplice approcciarsi ad un album come Scritto nelle stelle, come non è semplice approcciarsi ad un personaggio complesso come Ghemon, e non lo è per la carica emotiva dei suoi testi, per la profondità delle sue strofe e per la cristallinità con cui si racconta. Non è semplice perché un progetto così è specchio di chi lo ha composto, scritto e gli ha dato vita. Perché Ghemon è uno degli artisti più completi ed eclettici che abbiamo in Italia e la sua passione per l’arte non si limita alla musica ma va al cinema, alla scrittura, alla stand- up comedy, e tutte queste arti influiscono moltissimo nella sua musica. «E il palco diventa un posto privilegiato, come un test per vedere se sono capace di fare anche altro. Io scherzando ho detto un sacco di volte che ero il Massimo Ranieri del rap, lo dicevo scherzando perché mi sono sempre piaciuti i personaggi che riuscivano a muoversi con leggerezza tra più ambiti, ed è ciò a cui io ambisco, prima documentandomi e sperimentando. In particolar modo la stand up mi ha aiutato moltissimo, dal 2012 quando ho visto Louis C.K. ho passato anni a studiare ed è stato sempre interessante il fattore autoironico, che era qualcosa che io avevo nel mio privato ma non riuscivo a tradurre in musica. E gli stand up comedians che più mi hanno toccato sono quelli che mi hanno fatto riflettere, oltre che ridere, ed è quello che io cerco di fare nelle mie canzoni».

Quello che Ghemon ci consegna in questo momento di grande incertezza è un album vero, complesso e unitario, che aiuta ancora di più a delineare l’artista come l’ascoltatore. È un lavoro che trasuda passione perché con passione è fatto. E non sappiamo se fosse scritto nelle stelle che questo periodo gli avrebbe fatto da culla, ma possiamo scommettere che avrà lunga vita, che sarà capace di farci pensare e scoprire e che ci farà arrivare alla normalità, ai suoi concerti, ancora più affamati di poesia e realtà.

Mariarita Colicchio x Futura 1993: è il network creativo creato da Giorgia e Francesca che attraversa l’Italia per raccontarci la musica come nessun altro. Seguici su Instagram e Facebook!