17 febbraio 2018

E' partito il tour di Paletti, e ci abbiamo scambiato quattro chiacchiere

Il palco della Latteria Molloy è stato il banco di prova per suonare dal vivo tutto “Super“. Il terzo lavoro di Pietro Paletti alterna un synth-dance anni Ottanta all’indie-pop dei tempi più recenti. Sono canzoni che in cuffia hanno un suono semplice e leggero, melodie dirette e canticchiabili già dal secondo ascolto, e che live sono capaci di sprigionare tutta la loro energia. Il live di presentazione dell’album conferma l’artista come uno dei migliori attualmente della scena locale bresciana e spero nazionale per i prossimi anni.

I testi di “Super” mantengono quelle particolarità già riscontrabili negli album precedenti: parole che denunciano aspettative troppo alte per sentimenti che non si possono comprendere o situazioni che non riusciamo più ad accettare, ma che in un modo o nell’altro influenzano costantemente le nostre scelte. E’ il caso del primo singolo La notte è giovane, canzone che descrive l’ossessione di dover dedicare il tempo libero al divertimento notturno anche se non si è più ventenni. Viene descritto un amore impossibile, maniacale ed ossessivo in Chat Ti Amo, oppure un amore come salvagente della vita in Nonostante Tutto.

I temi universali che accomunano tutte le persone si alternano a canzoni più intime e personali dedicate a persone più strette. Capelli Blu dedicata alla moglie, e Eneide una lettera aperta scritta per il figlioletto, allo scopo di spiegargli quanto la vita sia un percorso ad ostacoli pieno di difficoltà. Questa canzone è stata suonata in acustico senza amplificazione tra il pubblico della Latteria, probabilmente il momento migliore del live. Un concerto nel complesso coinvolgente durante il quale ai pezzi nuovi si sono intrecciati alcuni classici: Senza Volersi Bene e Cambiamento tratti da "Ergo Sum” (2013) ma dove ha pesato l’assenza di altre canzoni riconducibili alla sua carriera che, seppur relativamente breve (tre album e un ep), è già sufficientemente larga da non poter più soddisfare tutte le richieste del pubblico.

Ma d’altronde il tour è dedicato interamente al nuovo album “Super”, che per chi non se lo volesse perdere dal vivo, potrà viverlo nelle prossime settimane a Modena, Perugia, Milano, Napoli, Rimini, Firenze e tante altre date alcune delle quali ancora da annunciare.

E’ partito da Brescia il tour di Paletti. Per parlare di “Super”, il suo nuovo album,  siamo stati al concerto in Latteria Molloy e qualche giorno dopo abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui.

Che tipo di album è “Super”? Chi non ti conosce cosa si deve aspettare da questo lavoro, c’è qualche traccia che vale più delle altre o che le racchiude tutte?

Il disco va ascoltato dall’inizio alla fine e il suo obiettivo è quello di non annoiare l’ascoltatore, semplicemente questo. Non c’è una traccia particolare che riassume tutte le altre, ci sono vari stili, e ho voluto esprimere tanti sentimenti in questo lavoro. Quando pubblico un disco faccio in modo di pensarlo sempre come fosse il mio primo disco, ci metto quindi il massimo dell’entusiasmo.

La traccia che forse mi rappresenta di più, quella che mi ha tenuto più impegnato è “La Notte E’ Giovane”. Ci ho lavorato un sacco, ho fatto migliaia di registrazioni, volevo che fosse perfetta, mi piaceva la melodia sin dall’inizio, e volevo lavorarci al massimo per arrangiarla al meglio.

Quanto tempo hai impiegato in questo lavoro quindi?

Praticamente due anni. Ho lavorato per mesi su pezzi che poi ho infine tralasciato, intanto altre tracce sono venute fuori e le ho inserite nel disco. E’ stato un processo travagliato, ho cambiato due produttori. Avevo cominciato il lavoro con un produttore di Bologna, poi ho interrotto i lavori e sono entrato da solo in studio ma in quel modo non riuscivo a lavorare bene. Mi serviva un osservatore esterno, qualcuno che mi consigliasse come rendere le canzoni più accessibili e compatte. Ho contattato Matteo Cantaluppi. Ci siamo incontrati ad agosto e in qualche settimana abbiamo riarrangiato tutti i pezzi.

In che modo avete lavorato? Avete riscritto tutta la batteria, tutta la chitarra di tutti i pezzi?

Esatto, in alcuni casi abbiamo valorizzato quello che già avevo fatto, in altri casi abbiamo proprio preso tutta un’altra direzione, abbiamo stravolto le canzoni. La batteria l’abbiamo rifatta tutta, in ogni pezzo. Le batterie che avevo scritto erano troppo elaborate, con Matteo Cantaluppi abbiamo fatto in modo di renderle più asciutte, ricercavamo un suono più compatto aggiungendo o togliendo anche qualche sintetizzatore.

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In questo disco ci sono tanti sintetizzatori. Preferisci questo genere di strumenti, piuttosto di chitarre acustiche?

Fosse per me userei sempre la chitarra elettrica, in Italia questo avviene in poche occasioni. I sintetizzatori li ho usati anche nei dischi precedenti, è un po’ una sfida personale.

Cosa vuol dire fare canzoni oggi? E’ più importante il testo o la melodia? Come hai studiato musica?

Mi sono avvicinato alla musica da giovanissimo, già a sei anni suonavo la tromba. Poi sono andato a studiare composizione a Londra. Tutto questo disco è stato scritto in maniera libera, le canzoni sono venute fuori facilmente seduto al pianoforte o semplicemente voce chitarra. Sono nate in modo genuino e dal profondo dell’anima.

Hai detto che molte canzoni le hai lasciate fuori da questo disco, vuol dire che sono già pronte per un prossimo lavoro?

No, per adesso voglio concentrarmi sui concerti, voglio andare coi miei ragazzi su più palchi possibili.

Una mia curiosità, cosa ne pensi del risultato de Lo Stato Sociale a Sanremo? 

Sono contento, hanno portato novità a Sanremo, hanno spostato la bilancia verso un nuovo tipo di musica, ed è necessario al tempo d’oggi.

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