Psychodonna è un album speciale. Lo si capisce subito, fin dalle prime battute di Poi mi tiro su, un crescendo musicale che lascia spazio all'immaginazione collettiva per poi sfociare verso altri lidi, nettamente più elettronici. Un breve, ma molto sostanzioso, viaggio in nove brani. Rachele Bastreghi si racconta senza filtri, essendo completamente se stessa e provando a riscrivere le regole del gioco, riuscendoci in modo caparbio e attento.
Noi abbiamo avuto la fortuna di scambiarci quattro chiacchiere in occasione del RomaEuropa Festival nella cornice del Line Up, un viaggio nei nuovi linguaggi del pop alla scoperta delle multiple declinazioni dell’identità femminile. La rassegna ha evidenziato e portato sul palco alcune delle proposte femminili più interessanti di una nuova scena italiana caratterizzata dalla contaminazione e dal forte respiro internazionale. Un gesto simbolico che intende contrapporsi alla problematica del gender gap nell’ambito della produzione musicale italiana, ma anche un invito alla leggerezza e un ritorno alla festa, elementi centrali e presenti anche in Psychodonna.Un concept album sulla lotta interiore, sulla ricerca di equilibrio, sull'accettarsi e sull’avere il coraggio di essere sé stessi, liberandosi e uscendo allo scoperto, con una particolare attenzione alle sfaccettature infinite dell’essere umano donna: multiforme, ricco, complesso e psycho, appunto.
Domani sarai ospite al RomaEuropa Festival nella cornice del festival Line Up: che sensazione ti dà l’essere stata scelta in questo festival che intende contrapporsi alla problematica del gender gap nell’ambito della produzione musicale italiana?
Prima di tutto mi fa sempre piacere suonare, soprattutto nei festival. In questo specifico caso, penso sia una reazione al mondo che stiamo vivendo oggi che ha origini molto lontane. Il problema della donna relegata ad altri mestieri, come, ad esempio, delle figure che tratto nel disco: alcune scrittrici che non potevano avere liberamente un'identità creativa e artistica. La donna nasce sempre con questa fatica in più, che non viene ascoltata come dovrebbe e non gli viene dato sufficiente spazio per esprimersi. C'è sempre questa doppia fatica nel dimostrare qualcosa, nello sgomitare per mostrare sempre di più. Anche, magari, alzando la voce, che è una qualità non propria della donna. Se c'è una rassegna del genere penso che faccia sempre bene dare voce ad un mondo che c'è ed esiste: femminile, musicale, forte. Che faccia vedere la donna sotto alcuni aspetti un po' in penombra: compositrice, arrangiatrice... e non solo quello di cantante, di "bella" voce. In altre parole, non mi viene in mente adesso una Morricone donna e io mi definisco più come una musicista a tutto tondo. Di base, ritengo questo festival una bellissima festa, tra donne, di fine estate. Mostrare quante sfaccettature e colori esistano, quante identità differenti ci siano tra le donne-artiste. Probabilmente c'è bisogno di rassegne come questa.
Domani finirà anche il tuo tour: com’è stato ritornare a suonare dal vivo e calcare nuovamente i palchi di tutta Italia?
Doppia emozione: perché comunque è il mio primo lavoro da solista e sono uscita dalla mia comfort zone (avevo bisogno di mettermi in gioco in modo più personale), ma è emozionante perché la dimensione dal vivo mi ha sempre affascinato. Un mondo, quello del live, che temo ma, al contempo, mi libera appena salgo sul palco. Di base sono timida e un po' insicura, ma, se dopo vent'anni, quel brivido, quell'emozione non è mai cambiata. Adesso ho un po' più d'esperienza per gestirmi, per autocontrollarmi maggiormente e per trasformare la paura in potenza, energia, forza.
Senza per forza scendere nel politico, volevo chiederti cosa ne pensassi della polemica mossa dapprima da Cosmo (alla quale si sono poi accodati molti altri artisti) sull’aver lasciato indietro il settore dell’industria musicale dal vivo.
Penso che ci sia bisogno di una svegliata, un'alzata di voce. Che qualcuno parli, perché siamo stati abbandonati. L'intero settore ha bisogno di ripartire, di lavorare e di trovare una nuova normalità ed equilibrio. Sono grata che stia girando l'Italia per i concerti, ma la dimensione ridotta si fa comunque sentire e non sai mai quale risposta ci sia dal vivo. Di base, ritengo abbia fatto bene a scrivere la lettera.
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Qual è il tuo rapporto con i social network?
Ci combatto tutti i giorni: lo vivo più come un divertimento quando ho voglia di condividere qualcosa con qualcuno. Quando percepisco che questa cosa diventa un obbligo, una vetrina, lì è una cosa che va oltre il mio pensiero di fare la musicista. Perde un po' quel fascino, anche quel mistero che mi ha fatto innamorare dei miei idoli. Ti toglie, purtroppo, l'immaginazione. Io paragono i social all'avvento dei computer nell'industria musicale: l'importante è saperli governare e non farsi dominare. A volte vedo dei personaggi che sono più famosi per i social che, effettivamente, per quello che fanno. Vorrei un mondo che se faccio la cosa giusta per me e a te piace va bene così, è la sostanza, a parer mio, quella che deve contare.
Ritieni sia fondamentale per un artista che vuole emergere, al giorno d’oggi, essere presente in maniera capillare sui social?
Se vuoi stare al passo con i tempi devi esserci. La cosa migliore da fare è trovare un abito che sia quello più vicino a te, che faccia parte del tuo immaginario. Devi essere te stesso, con la tua idea. Ti dico anche questo: quando vado in giro con altre persone, mi trovo bene, non mi viene mai da fare una foto, bensì vivo di persona quel momento. Questa cosa si è un po' persa, come se sia più importante farsi la foto che conoscere veramente la persona, starci a parlare. Effettivamente, per stare al passo con i tempi, dovrò fare uno sforzo.
Torniamo all'album: “Not for me” è una traccia che mi ha colpito molto fin dal primo ascolto, ma anche tutto il disco è permeato da un’anima molto elettronica: quali sono state (se ci sono state) le tue ispirazioni principali per comporre il disco?
Il mondo da cui provengo va dalla musica classica (Bach) ai Ramones, Sex Pistols, soprattutto per l'attitudine punk nel vestire. Poi ci sono anche i Doors, i Kraftwerk, Bjork, Nico dei Velvet Underground, Morricone... soprattutto per questo disco, però, ho ascoltato molto la fase iniziale di Battiato: mi hanno regalato Fetus, Pollution e nei viaggi mi sono fatta delle vere e proprie scorpacciate perché stavo iniziando a scrivere il disco e avevo un indirizzo naturale a provare la sperimentazione, giocando con l'elettronica, la drum machine, voci distorte... e mi ha dato l'ispirazione. Mi sono detta che se l'ha fatto lui, io lo farò peggio però ci provo !
C'entra anche molto il fatto di avere un'attitudine che non preveda molte regole: magari non il classico schema musicale con strofa e ritornello, senza un ordine ben prestabilito.
Nell’album ci sono due (o, meglio, tre) collaborazioni: sono nate spontaneamente oppure avevi già in mente di inserire nel progetto Silvia Calderoni, Meg e Chiara Mastroianni?
Sono nate nel momento in cui ho scritto il testo. Anche qui ho azzardato, perché ho inserito due ospiti della stessa canzone, quindi se quella canzone non fosse andata, le avrei bruciate entrambe! Penelope è molto cinematografica: racconta dell'amore, dell'incontro... mentre con Due ragazze a Roma, siccome con Meg siamo amiche e volevamo fare da tempo una cosa assieme. Alla fine del pezzo ho messo questa specie di titoli di coda musicali, con voce parlata. È come se la musica stessa mi avesse richiamato i personaggi che avrei scelto, che percepivo. Tendo sempre a fare collaborazioni con persone che conosco molto bene, che stimo, con le quali ho un profondo rapporto umano, dalle quali so che può nascere qualcosa di molto bello.
Mi ha colpito molto “Resistenze”, la trovo una chiusa perfetta per un disco di questo tipo: volevo chiederti, secondo te, quale sia il concetto di “resistenze”, al plurale, e se esse possano essere paragonate al concetto di “disobbedienza”, tematica che ho intravisto in tutto il tuo lavoro.
Secondo me ci può stare. Disobbedienza anche a sé stessi, essendoci, insito dentro di noi, sia il bene che il male, tante forze opposte che vogliono convivere assieme. Nel caso specifico della canzone, è più un credere a sé stessi. È un momento di stanchezza: staccare con tutto il resto e contare soltanto su te stesso. Resistere al tempo, alle delusioni, alla paura, ai ricordi. Disobbedire credendo alla nostra visione spontanea e, quindi, resistere alla mente, dando più credito alla pancia. Far dominare il cuore.
Quale proposta femminile emergente ti sentiresti di consigliare ai nostri lettori?
In questo festival c'è una mia cara amica che, sia artisticamente che personalmente conosco molto bene: La Nina. È molto brava, essendo sia musicista che compositrice. Si posiziona fra il classico e il moderno, contemporanea ma con una tradizione alle spalle di studio e ricerca. È una che lavora sodo e questo si nota.