26 giugno 2020

See Maw, tra elettronica, ore piccole e produzioni DIY: l'intervista

Qualche settimana fa in preda ad un moto d'amore nei confronti di Marcello Mastroianni e Monica Vitti (due tra i personaggi più affascinanti che secondo me questo paese c'ha regalato) e conscia del fatto che pian piano devo colmare le mie tante lacune cinematografiche, ho deciso di immergermi in uno dei capolavori di Michelangelo Antonioni, "La Notte".  1961, è estate a Milano, che tra linee, Alfa Romeo borghesi, rovine di periferia viene impressa su pellicola bianco e nero. I protagonisti sono la coppia ormai in crisi Mastroianni - Moreau che in una notte di noia decidono di andare ad una festa in Brianza data da un ricco industriale della zona. Piscina, orchestrina, abiti neri, champagne, sotto il peso di un acquazzone improvviso e turbolento e della stessa notte da cui emergente Monica Vitti, la coppia si sfalda definitivamente e cerca inutilmente un rimedio nelle prime ore dell'alba.

Questo preambolo per dire che se "La Notte" fosse ambientato nel 2020 avrebbe il suono di See Maw, giovane leva della scuderia Undamento. Fu amore al primo ascolto, il mio primo incontro con il cantautore risale alla scorsa estate, quando pubblicò l'EP Depre Mood. Il titolo, le basi, il cantato un po' strascicato, e appunto "depre", Milano che permea ogni canzone quando a Milano ci hai messo piede un paio di mesi prima, non poteva che essere un fulmine a ciel sereno. Ad un anno di distanza arriva finalmente il debut A luci spente, che mi fa definitivamente pensare a Simone come ad un Cosmo 2.0 e sono convinta che per il suo genere unico si farà notare. Il ragazzo prende il catautorato che parla di serate, sesso e malinconia interiore e lo fonde a beat meccanici e a un'incessante cassa dritta, raccogliendo l'eredità di Marco Jacopo Bianchi e dando linfa a qualcosa che in Italia fanno in... due? Nessuno? Perchè in questo caso non si tratta di semplice e pura elettronica, See Maw produce le ritmiche e scrive di proprio pugno le parole d'accompagnato, che in questo caso vengono cantante in modo "monotono", quasi per rimarcare quella sottile malinconia di fondo, facendo l'occhiolino al cantato della scena trap.

In una giornata di grigio a Milano, l'ennesima in una fila di giornate di pioggia che sono sembrate uno scherzo di pessimo gusto all'inizio della tanto chiacchierata Fase 2, è giunto di momento che aspettavo da tanto, quello di fare due chiacchiere al telefono con Simone.

Hai pubblicato il tuo primo disco A luci spente una settimana fa (5 giugno 2020, ndr) e arriva solo ad un anno di distanza dall’EP Depre Mood, quand’è che arrivata l’idea per questo disco? Quando hai iniziato a lavorarci?

Allora, alcuni pezzi di questo disco addirittura risalgono a ottobre dell’anno scorso e poi in corso d’opera miglioravo, cioè cercavo sempre di migliorare il suono, alla ricerca del mio suono personale, e di una struttura anche un po’ più particolare rispetto alla solita, e poi mi è capitato che verso dicembre, gennaio ho ripreso in mano anche i vecchi progetti per modificarli e renderli più vicini a quello che avevo imparato, capito? Quello che ero riuscito a migliorare sul suono eccetera. Quindi diciamo che i primi progetti sono nati l’anno scorso, e poi hanno avuto una rivisitazione. C’è da dire anche che tre brani del disco li ho co-prodotti con Sicket, che è il produttore di Dutch Nazari, che sono Venerdì, Piangi e A luci spente. Alla fine mi sono concentrato, ho detto “basta fare EP” perché i primi due erano sperimentazione, erano dei giochi quasi, adesso volevo mettermi in un progetto un po’ più maturo, mi sentivo pronto, allora l’ho fatto, ecco.

Personalmente a me l’EP (Depre Mood, ndr) aveva fatto impazzire, anche perché aveva questo sound molto festaiolo, upbeat, mentre ascoltando il tuo disco ho percepito dei toni più oscuri, quasi malinconici, come mai questo cambiamento nell’arco di così poco tempo? Cioè, è successo qualcosa di particolare tra le due uscite?

Diciamo che lo sento più mio il disco A luci spente rispetto a Depre Mood. Depre Mood aveva comunque sempre una vena malinconica, ma meno evidente, ed era quello che magari mi piaceva di meno. Questo disco mi piace di più proprio perché c’è il giusto equilibrio tra festività, ritmi ballabili e “festaioli”, come può essere quello di Champagne, e temi molto più dark, più oscuri e più malinconici. Un suono più cupo è molto più vicino a come piace a me la musica e come mi sento.

Ascoltando il disco, secondo me il filo conduttore è la notte, che richiama ai toni un po’ oscuri, e anche la copertina e il video di Venerdì sono “poco luminosi”. La notte è stata d’aiuto e d’ispirazione per questo disco? Ti sei ritrovato a produrre di notte?

[ride] Praticamente sempre, nel senso che produco anche di giorno eh, per carità, alla fine quando non lavoro faccio solo quello e quindi di notte mi ritrovo alle 3, 4 del mattino a continuare a produrre e quello è veramente d’aiuto. Per esempio, proprio il brano Di notte, come dice il titolo, sono stato aiutato molto da quell’atmosfera, ma anche A luci spente, Nella mia testa, un sacco di canzoni, ma in generale anche brani scartati. Comunque sì, la notte veramente fa tanto, fa veramente tanto.

Questo è un filo conduttore tra tanti artisti, sembra che lavorino costantemente di notte, il giorno non esiste praticamente!

Esatto, è vero, è vero! [ride]

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A livello di cantato invece ho notato l’influenza della trap, mi vengono in mente canzoni come Champagne e Di notte, mi sto sbagliando o c’ho visto giusto?

C’hai visto giusto perché io ascolto molta trap, mi piace anche l’hip hop così come mi piace il pop, un certo tipo di pop eh, non quello vecchio… e quindi diciamo che c’ho questo animo sia un po’ trapposo, che pop, e sia dance, anche anni ‘90 o inizio anni 2000, e quindi questo connubio totale fa il disco, e comunque fa la mia persona.

Chiaro, e c’è qualcuno nella scena rap/trap che ammiri particolarmente o che ti ha influenzato per questo disco?

Molti, cominciamo [ride]. Allora di moderno moderno Irbis, anche se è sempre casa Undamento però veramente io continuo a dirlo praticamente ad ogni intervista e ne sono stra convinto, lui è proprio il futuro della musica italiana e del genere. Poi di quelli moderni ascolto Rosa Chemical, Thelanious B, o anche Tha Supreme, per le produzioni e il cantato, poi di esteri Asap Rocky, Kendrick Lamar, Anderson Paak, Mac Miller…

Parecchi insomma, cioè di tutto e di più.

Parecchi, poi anche quelli un po’ più di nicchia, gli Eucalyptus e Puma Blue, che sono un po’ più di nicchia e anche King Krule, una canzone in particolare  che è Czeck One... Soprattutto Czeck One e Puma Blue – Want Me mi ispirano veramente veramente tanto. Che non è propriamente trap, cioè non è proprio trap, però il flow, il modo di cantare che non è il classico modo ma si avvicina più ad un parlato. Cioè proprio prendo di qua e di là e poi unisco, non è che prendo una canzone e dico “voglio fare la trap”.

Al di là della trap, secondo me il tuo stile può essere sintetizzato come un mix tra cantautorato e elettronica e per me Con gli occhi chiusi è l’apice del disco, è una canzone che veramente al primo ascolto mi è piaciuta tantissimo.

Scusa se ti interrompo, sono strafelice, in realtà avevo un sacco paura, cioè più che paura davo quasi per scontato che fosse la traccia meno ascoltata, o comunque meno capita perché è proprio un altro viaggio, dovresti star lì, ascoltarla, non è qualcosa da ascoltare, che ne so, quando sei in giro, col sole… Però ci tenevo tanto perché anche a me piace, soprattutto è proprio quello che vorrei fare, infatti grande spoiler: farei uscire i singoli successivi a questo disco, se riesco a settembre, ottobre, a me piacciono un botto, li ho già finiti, devo sistemare delle robe in prod, devo mandare i mix eccetera, però mi piace veramente tanto perché è proprio super fresco, molto elettronico, mi piace un botto. Chiusa parentesi, sono strafiero delle cose che ho fatto in questo mese.

Non vedo l’ora di ascoltarle! Comunque, forse è un po’ un azzardo, però per molti versi mi ricordi Cosmo, anche lui ha questo connubio tra cantautorato e elettronica ed è un po’ un artista sui generis in Italia, è l’unico che fa questa cosa, quindi vedo il tuo progetto come un Cosmo 2.0, tu come la vedi?

Per quanto mi piaceva Cosmo, il paragone è facile farlo con Cosmo, perché chiaramente come hai detto tu è quello che in Italia ha portato l’elettronica, che si è dato proprio un nome, un timbro, no? Però ci sono nell’elettronica varie sfumature che secondo me è un po’ ingiusto racchiudere nel filone Cosmo, perché lui è proprio indie, quell’indie elettronico che non mi rispecchia, ecco. Cioè un brano come A luci spente o come Piangi è diverso secondo me da un brano di Cosmo, per quanto mi piaccia Cosmo eh! Tutti quelli che fanno elettronica, elettronica italiana intendo, credo che almeno una volta abbiano sentito Cosmo.

Quindi tu ti senti più vicino a che nomi dell’elettronica italiana?

Mah italiana in realtà faccio fatica…

Eh infatti non è facile secondo me trovare qualche nome.

Eh no, quello vuol dire che sei sulla strada giusta, quando non hai nessun riferimento vero e proprio.

Invece, i riferimenti per l’elettronica estera quali sono?

Per lo più strumentali, io ti direi David August e Yaeji, Yeaeji canta anche, quelli li sento molto molto vicini. David August infatti mi ha ispirato un sacco Con gli occhi chiusi, il brano Epikur e Agatha anche, sempre dello stesso EP. Yaeji ha un modo di cantare che mi piace veramente tanto ed è anche quello molto simile perché è molto intimo, molto delicato, come sono io ecco.

Viste tutte queste influenze dal mondo dell’elettronica, hai mai pensato di fare un disco puramente di elettronica?

Sì, sì sì, ovviamente [ride]. Ovviamente la strada è quella, però non sono così tentato, cioè lo terrei quasi come (è brutto da dire così e anche un po’ fraintendibile) “tappabuchi”, nel senso che è un progetto secondario, a me piacerebbe fare una cosa strumentale - cantata perché la mia persona comunque dev’essere sia uno che l’altra, non è che sono un producer poi ogni tanto canto, cioè mi piacerebbe essere considerato un musicista che fa a 360 gradi la sua musica.

Questa forse è una domanda un po’ difficile, quand’è che hai sentito il bisogno di aggiungere le parole ai beat?

Da sempre, sempre. Io ho iniziato all’inizio delle superiori facendo dubstep, trap strumentale, tipo nel 2014… no scusa 2012 quando avevo 14/15 anni ho iniziato così, senza parole, senza niente, solo strumentale, poi due anni fa ho ripreso tutto in mano. Dopo che son andato a Brera, ho “abbandonato” la musica elettronica facendo video, fotografia, l’ho ripresa in mano e da lì subito ho voluto cantare, perché io comunque tornando ancora più indietro, da piccolo, e qui si parla tipo delle elementari/medie, io cantavo sempre improvvisando al momento con parole in inglese inventate e che non deve ascoltare nessuno e quindi è stata comunque una crescita veramente esponenziale, nel senso che è partito piano e sta veramente crescendo, nel senso che da Depre Mood a questo è passato un anno ma io sento che sono passati 5/6 anni, cioè proprio a livello di prod, di testo anche, prima lo considero davvero infantile, ma nel senso buono del termine, giocoso ecco. Questo è proprio maturo, ma chiaramente sono ancora un adolescente dal punto di vista musicale, però ecco sono entrato nella fase adolescenziale, A luci spente è adolescenziale.

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Siccome abbiamo parlato tanto di elettronica, se potessi suonare questo disco in un posto particolare quale sarebbe?

Non ti risponderò Tomorrowland, perché chiaramente non c’entra niente [ride], non è abbastanza tamarra per essere suonata lì. Forse Champagne… ma neanche! Mah, in realtà non ho posti particolari, se non il Tempio del futuro perduto, non so se hai presente, è un centro sociale, un centro culturale, nei pressi di Cenisio, lì secondo me sarebbe adatta.

Visto che hai nominato Milano, qual è secondo te il miglior posto dove andare a ballare e fare festa?

Quello, Il tempio del futuro perduto [ride]. Per quello voglio andare lì!

E qual è stata la miglior serata che hai fatto a Milano? Che ti ricordi…

Eh quella che non mi ricordo! [ride] Quella è quella giusta!

Touché, ci sta come risposta. Tu sei di Milano, se ne parla anche in diverse tue canzoni. Quanto ha inciso questa città nella tua musica?

Tanto, tanto, nel senso che io sono nato fuori da Milano, in campagna, al parco agricolo sud di Milano, e dalle superiori in poi andavo sempre ovviamente a Milano, e la vedevo quasi come un punto d’arrivo, poi abitando adesso da due anni da solo, in affitto, la vivo ovviamente molto di più e sento proprio gli effetti, e mi piace veramente come città, mi piace (a parte il cibo) come città, come opportunità, come mentalità, come evoluzione ecco, quindi è giusto raccontare una città come questa.

Cos’è che di Milano ti ispira di più, ti aiuta di più nella creazione della tua musica?

Il fatto che non sia un paesino come quello che era il mio, ma che sia proprio un misto di culture, di innovazione, ti tecnologia, cioè veramente non si ferma mai Milano, quindi se non ti ispira Milano, cosa ti ispira? [ride]

In effetti… Sempre a proposito di Milano, una cosa che leggo molto spesso è che non esiste una vera e propria scena milanese, mentre tutti parlano della scena di Roma, nessuno parla mai della scena milanese. Secondo te come mai?

Mah in realtà sai che non ho questa percezione? Perché comunque Milano e Roma, e Torino anche, anche Bologna in realtà, le vedo come le principali scene della musica, sia nell’ambito underground che un po’ più pop. Chiaramente Roma un po’ di più, ma perché forse si dà un po’ per scontato che da lì artisti più grandi di altri. Però in realtà a Milano, nel quartiere Ortica ci sono un botto di artisti, il quartiere Ortica è vicino a dove abito io, è un insieme di loft, ci abita Rkomi, Tananai… C’era anche un po’ della Machete, quindi insomma Milano è ben abitata, questo non ci piove. C’è anche Fedez voglio dire [ride].

Il disco, come hai detto tu prima è uscito con Undamento che è una delle etichette indipendenti più fighe in Italia al momento. Cosa significa per te uscire con loro e far parte della famiglia?

Sì, sono d’accordo! Ogni volta che son giù, che magari sono privo di autostima penso a questa cosa, penso che se Undamento crede in me vuol dire che non faccio così schifo come penso. Cioè ha degli artisti come Frah Quintale, Ceri, Dutch Nazari, Sicket, Joan Thiele e Irbis e questo mi fa dire che proprio si sono presi tutta la nuova wave. Quindi son tranquillo da questo punto di vista. Devo solo non deludere le aspettative, ecco [ride]. E comunque non è facile!

Ed è grazie ad Undamento che hai conosciuto DOLA e Dado Freed con cui hai lavorato in Venerdì?

No no, Dado lo conosco da 10 anni, è il mio coinquilino, abito con lui. È DOLA che ho conosciuto lì in Undamento. Tra l’altro quella canzone, Venerdì, l’abbiamo fatta la prima settimana in cui ero entrato in Undamento.

Al di là di questa collaborazione, e quello che mi hai detto all’inizio, che hai lavorato con Sicket per alcune canzoni, leggevo che tu praticamente produci tutto da solo in casa. Però sei molto giovane, quindi non senti il bisogno di avere una mano esterna, magari con più esperienza?

Come ti dicevo prima, a me piace essere considerato un musicista che fa a 360 gradi la propria musica, quindi anche lì chiedere un aiuto esterno è come darmi del cantante e basta, capito? Quindi è proprio come se fossi in una band in un’unica persona. È come se i Queen si facesse fare la base da un altro, cioè suonano gli altri e solo Freddie poi canta. Chiaramente in Undamento ci sono figure come Ceri e appunto Sicket. Io con Ceri ho fatto anche di recente una session in cui abbiamo suonato insieme, è comunque sempre formativo, tu sei anche furbo, stai lì, cerchi di ovviamente di imparare alla minima cosa. Ho visto anche le dirette che ha fatto Ceri, non so se le hai viste, ha fatto le dirette in cui apriva i progetti di Frah o anche di Franchino, e anche lì le ho viste tutte, cercando di rubare il più possibile, bisogna sempre rubare. Io sono un ladro [ride].

Stai lavorando anche con qualche tuo amico? Stai producendo qualcosa di qualcun altro?

Sì sì, quello sempre. Poi ovviamente ci sono delle canzoni che poi magari non usciranno però è sempre bello, è essenziale fare musica con qualcun altro. Poi Dado… siamo in casa insieme!

Quindi fate musica costantemente a casa? I vicini non si sono mai lamentati?

Ah guarda, rischiamo lo sfratto per questo [ride]. Cioè veramente ci hanno lasciato i messaggi minatori. Che poi tra l’altro siamo quelli che fanno meno casino, perché di fianco a noi c’è gente che suona il pianoforte e fanno più casino perché poi noi siamo ragazzi educati, tranquilli, quindi al primo avvertimento diciamo “ok, ci mettiamo in cuffia, non facciamo più niente” però ormai siamo diventati il capro espiatorio di tutto il palazzo. Ma veramente eh… poi ci sono vari episodi che non posso raccontarti.