La pacatezza del cantautore è un privilegio raro. Ancor più raro se ad avere questa caratteristica è un ragazzo classe '97, con un potenziale incredibile: il suo nome è Fusaro e ha da poco pubblicato il suo secondo album Buongiorno (per tutto il giorno). Nato a Settimo Torinese, ha chiuso da poco un tour particolarissimo denominato "Residenze dal vivo". Come i gruppi di una volta, si è esibito per più giorni consecutivi in una stessa location: a inizio maggio Firenze, seguita da Bologna, Milano per chiudere in bellezza nella stupenda cornice di Villa Ada a Roma.
Già con due album all'attivo, usciti rispettivamente nel 2021 e nel 2022, ci abbiamo fatto due chiacchiere per telefono. Comodamente seduti, calmi.
Come spesso dice: Fusaro è semplicemente Fabrizio che si siede, prende un bel respiro, e vi parla.
Ho notato che in entrambi gli album, nell’artwork, è presente un occhio al centro del disegno: quali sono le motivazioni e come è nata l’idea per la copertina di Buongiorno (per tutto il giorno)?
In realtà la linea guida, più che l’occhio, sta nella casa. La metafora del trovarsi al centro di una casa. All’inizio era il punto cardine del disco, guardare il mondo da dentro a fuori. L’idea di costruire un lato B del disco precedente, ci ha portato a replicare un po’ questo concept, forse invertendolo. Più che dall’interno all’esterno, al contrario. Magari una riflessione tra sé e sé, più intima, uno sguardo su ciò che si è e si fa.
Hai pubblicato due album nel giro di due anni: normalmente non è un’operazione molto diffusa. Come mai?
Io come tantissimi altri artisti (e il genere umano) siamo stati presi alla sprovvista dalla pandemia e questo ha scombinato tutti i piani. In realtà il mio primo lavoro sarebbe dovuto uscire nel 2019, prima della pandemia. Poi ovviamente ha rallentato un po’ tutto, forzando un ritardo e mi ha dato l’occasione di lavorare a dei brani usciti poi molto tempo dopo. Con questo doppio passo sigillo un cerchio iniziato nel 2019 e chiuso nel 2022, un lasso di tempo più largo rispetto a quello inizialmente preventivato.
Ho percepito un filo conduttore in tutti i nove pezzi del tuo nuovo progetto: come hai deciso di estrapolarne due singoli? (Perché normalmente è operazione violenta e serve molta attenzione…)
Il silenzio basta e avanza fin da subito brillava di luce propria. Aveva un taglio e messaggio molto puro e meritava di essere raccontato con calma e il formato singolo era perfetto. Briciole invece mi ha dato l’opportunità di presentarmi in una veste più autorale. Una forma-canzone più completa e presentarmi in modo non sempre sussurrato e in punta di piedi. È comunque sempre difficile indicare un singolo o un brano che ne rappresenti altri… a volte la cosa più difficile da fare è fissarsi su un dettaglio e produrre una scelta arbitraria, sennò si diventa pazzi a scegliere quello giusto.

Ho visto che hai presentato il progetto "Residenze dal Vivo": com’è nata questa idea?
In realtà il concept è stata una proposta che mi è stata fatta. In generale la mia esigenza era banalmente quella di suonare, il momento apicale in cui assorbo tutto quanto, che mi dà la forza e la benzina di andare avanti. Questa proposta è arrivata da Vertigo ed è un concept molto interessante, perché si propone di costruire un progetto dal basso con una grande modestia e consapevolezza dei propri mezzi e prospettive. Sarebbe stato certo azzardato proporsi un tour più regolare e normale considerando gli stadi iniziali del progetto, mentre questo formato è una gavetta 2.0, che mi ha portato dove la mia musica ancora non era mai passata dal vivo. Ogni concerto è un’emozione diversa e differente: aggiungici poi tre concerti consecutivi nello stesso posto, sensazioni uniche. È un’esperienza che tutti i cantautori, almeno una volta nella vita, dovrebbero provare: ti forma nelle intenzioni, nella performance, nella postura verso il pubblico.
Com’è cambiato il tuo piglio musicale da quando hai iniziato ad oggi?
Ho notato assolutamente delle differenze: dalla chiusa del primo album, ho visto che ricercavo un processo creativo un po’ più ingenuo, con brani che iniziavano e finivano da quando iniziavo e poi concludevo il processo di scrittura. Erano sempre a uno stadio embrionale, perché non sentivo nemmeno tanto la necessità di andare oltre, sia per stimoli sia per mezzi e capacità al tempo limitate. Poi con il tempo, tra nuovi programmi e strumenti, sono nati molti brani nuovi e innovativi, alcuni non contenuti nei dischi, novità sonore e d’arrangiamento, novità e ibride palette di sonorità che mi hanno predisposto al lavoro più certosino nonostante, poi, non siano finiti nell’album.
Sono certo che cambierà tantissimo per i prossimi lavori futuri.
Ho apprezzato molto Asteroide: com’è nata?
È uno di quei brani nati in un periodo e lasso di tempo molto breve nonostante sia la più lunga del disco. Asteroide è l’arpeggio iniziale, mi ero ritrovato in stanza a suonare queste 3-4 note per ore e ore ed è stato un flusso di coscienza che ho provato a rendere più quadrato e accessibile, ma in realtà è rimasta con questa struttura un po’ obliqua ma cristallina e certa al 100%. Anche per me è uno dei brani a cui sono più legato, perché incarna la sincerità di cui parlo.
Normalmente quindi componi prima la musica o Asteroide è l’eccezione che conferma la regola?
Normalmente non inizio a scrivere una canzone se non quando ho veramente qualcosa da dire. In questo specifico caso si sono un po’ allineati… gli astri! Perché nel mentre che ero in composizione durante questo viaggio, si sono incontrate varie eventualità ed esigenze ed è nato tutto in un battito di ciglia. Magari può accadere che abbia delle intuizioni melodiche che rimangono lì, stantie, per un bel po’, finché non ho qualcosa da dire, ecco.
C’è stato almeno una volta nella tua vita in cui hai pensato di voler lasciare il mondo della musica e voler fare altro?
Fortunatamente, adesso, non ancora, anche perché non è passato molto tempo da che ho deciso di dedicarmi esclusivamente alla musica. Non ho neanche avuto il tempo di scontrarmi e di sbagliare qualcosa! La pandemia si è rivelata un’interminabile pausa e la domanda è molto giusta, perché credo che se non ci si ponessero dei dubbi e delle prospettive su una potenziale altra vita, non si avrebbero poi stimoli ed esigenze adatte per scavare a fondo nella propria vita. Inconsciamente, se nella nostra vita non si raggiunge quello che si vuole, si cerca sempre di rimediare e conciliarsi con se stessi.
Le tue canzoni sono sempre molto pacate, calme, tranquille. Il più delle volte ho pensato se adottassi nella tua vita qualche tecnica di tipo zen, yoga…
No, sai! Credo che il mio modo di fare yoga sia proprio quello di comporre musica e questo tipo di canzoni. Non sono una persona per niente disciplinata nelle abitudini di questo tipo, però nel momento in cui si è nel mezzo della scrittura di un brano, si è sospesi, lanciati da una fionda senza mai atterrare. Uno stato di sospensione che io, personalmente, coniugo in calma e tranquillità, ma… no, non sono un sensei!
