Spesso le strade per conoscere le canzoni d’autore sono due: o le si ascolta in casa o le si riscopre da «grandi». Non è sempre una distinzione netta, però. Nel mio caso, ad esempio, sono state entrambe le cose. È vero che quando ero piccola a casa mia si ascoltava quasi esclusivamente musica italiana e che alle elementari dicevo che il mio cantante preferito era Battisti. È anche vero, però, che dagli anni delle medie in poi ho completamente abbandonato l’ascolto dei cantautori, virando verso altri generi musicali. È stato solo negli ultimi anni – dopo aver finito l’università, per intenderci – che ho riscoperto quei cantautori che mi avevano accompagnato, senza che ne avessi consapevolezza, nei primi anni di vita. Recentemente la musica d’autore è stata proprio una presenza costante, e da qui l’idea di scrivere questo articolo. Riporto alcuni dei brani che mi hanno tenuto compagnia negli ultimi mesi. Sono canzoni famose, certo, ma spero che possiate riscoprirne la bellezza come ho fatto io.
SUMMER ON A SOLITARY BEACH – FRANCO BATTIATO
E l’aria delle cose diventava irreale
Ho ascoltato spesso questa canzone dopo la recente scomparsa di Battiato. Il verso che ho citato mi sembra molto adatto a descrivere l’intero brano. L’atmosfera che ricrea è magica. È estate e siamo su una spiaggia. Non sappiamo altro. Non sappiamo dove ci troviamo, in quale anno, da quanto tempo siamo lì. Davanti a noi si staglia un Grand Hotel dal nome evocativo – Sea Gull Magique – che potrebbe collocarsi in qualsiasi località turistica. Ma non c’è altra gente oltre a noi, o quantomeno ce n’è poca. La spiaggia è solitaria come dice il titolo. Il tempo si dilata. La nostra evasione prosegue con un appello diretto al mare. Gli si chiede di portarci lontano. «Via via via da queste sponde».

EMOZIONI – LUCIO BATTISTI
E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire
Dove il sole va a dormire
Ecco un brano che non ha bisogno di presentazioni, essendo uno dei più famosi della musica italiana. Ma fermiamoci un momento a osservare il testo. Qui ritroviamo le varie sfaccettature dell’animo umano. Ci sono immagini di felicità e di speranza. Proviamo la sensazione di volare seguendo un airone sopra un fiume e ricopriamo di terra una piantina sperando di veder nascere una rosa. Ma cerchiamo anche di ritrovare noi stessi camminando nella nebbia, o parliamo del più e del meno per non sentire la tristezza. Quella stessa tristezza che scende in fondo al cuore senza fare rumore, all’improvviso. Ci scontriamo con immagini di disperazione, «guidare come un pazzo a fari spenti nella notte». Stringiamo le mani e chiudiamo gli occhi per cercare di fermare queste emozioni ma non ci si riusciamo. E purtroppo anche l’empatia che vorremmo non si trova.

UN MALATO DI CUORE – FABRIZIO DE ANDRE’
E il cuore impazzì e ora no, non ricordo
Da quale orizzonte sfumasse la luce
È il 1971 quando esce Non al denaro non all’amore né al cielo, concept album ispirato all’Antologia di Spoon River di E.L. Masters. Ogni canzone in questo disco – ad eccezione de La Collina, che apre l’album e serve da introduzione – racconta la storia del personaggio che le dà il titolo. Ed è così che veniamo a conoscenza di Un Matto, un poeta incompreso, Un Blasfemo, un uomo perseguitato dal potere, e de Il Suonatore Jones, che ha inseguito la libertà e vissuto pienamente, andandosene povero ma senza rimpianti. E tra questi, troviamo il Malato di Cuore. Un protagonista costretto a «farsi narrare la vita dagli occhi», senza poterla mai vivere pienamente a causa di una malattia al cuore. Si sente diverso dagli altri, ma non per colpa sua. Osservando i suoi coetanei, più che invidia prova rassegnazione. Certamente soffre per la solitudine, ma rimane ad aspettare. C’è solo un momento in cui vive davvero, ed è l’unico attimo di estrema felicità che prova baciando la donna che ama. Ma il suo cuore, dopo una vita di negazioni, non regge un’emozione forte come quella dell’amore. «E l'anima d'improvviso prese il volo / Ma non mi sento di sognare con loro / No, non mi riesce di sognare con loro».

CIRANO – FRANCESCO GUCCINI
Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio
Perché con questa spada vi uccido quando voglio
Con queste parole inizia un’invettiva che dura quasi 7 minuti. Cyrano – celebre protagonista dell’omonima opera teatrale, dalla quale Guccini riprende anche il verso «ed al fin della licenza io tocco!» – sfida i suoi nemici a colpi di penna, arma con la quale è imbattibile tanto quanto con la spada. Disprezza gli «inutili cantanti di giorni sciagurati», che campano «di versi senza forza» solamente per fare soldi, attacca politici, portaborse, preti, materialisti in un crescendo di rabbia. Solo due strofe spezzano questo tono adirato e sprezzante. Nella prima Cyrano racconta la sua solitudine. Quando sente «il peso di essere sempre solo» la rabbia svanisce e rimane solo un sogno d’amore che gli sembra irraggiungibile. La sua penna non è più un’arma, ma lo strumento per scrivere dei versi all’amata Rossana. Nell’ultima strofa della canzone Cyrano torna a rivolgersi a lei, riversando in queste parole tutta la sua speranza:
Dev’esserci, lo sento, in terra o in cielo
Un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto

IN BIANCO E NERO – CARMEN CONSOLI
La scruto per filo e per segno e ritrovo
Il mio stesso sguardo
In questa canzone l’autrice ci parla del rapporto con sua madre. Dice di averla molto spesso sentito lontana, di essersi mostrata «agguerrita» nei suoi confronti, di aver temuto una rivalità da lei stessa ritenuta «sciocca». In generale, di non essere riuscita a confidarsi con lei. Tuttavia il desiderio di parlare con la madre e di creare un legame solido è sempre stato forte. Per questo motivo l’autrice osserva delle vecchie foto in bianco e nero della madre, alla ricerca di alcuni tratti di sé. Ed è proprio così, nelle foto che ritraggono sua madre felice e spensierata, che ritrova il suo sorriso e il suo sguardo. È una piacevole scoperta, che le fa capire che la distanza non è poi così tanta.

LA SERA DEI MIRACOLI – LUCIO DALLA
Si muove la città
Con le piazze e i giardini e la gente nei bar
Negli ultimi mesi ho ascoltato tanto questa canzone, provando un’immensa nostalgia per quello che racconta. Il brano altro non è che una celebrazione di una Roma in festa, per stessa dichiarazione di Lucio Dalla. Si parla di una serata estiva, «da passare in centomila in uno stadio», in cui la gente popola le vie, corre nelle piazze, riempie i bar. La città viene paragonata al mare, sembra quasi di sentire una nave che lo attraversa. Questa metafora si estende per tutta la canzone, fino alla strofa finale, quando la notte finisce e la nave «fa ritorno per portarci a dormire».

LA NEVICATA DEL ‘56 – MIA MARTINI
Che c'era posto pure per le favole?
Nel 1990 Mia Martini partecipa al Festival di Sanremo con questo brano, scritto da Carla Vistarini. Vince il premio della critica, che le verrà intitolato nel 1996 a seguito della sua prematura scomparsa. In questa canzone abbiamo una collocazione precisa: Roma nel 1956, durante un’eccezionale ondata di freddo e neve. Il tono è malinconico. Si rievoca un passato ormai lontano tramite un susseguirsi di immagini. Le poche automobili, la radio da ascoltare, una giostra sotto casa. E la città completamente ricoperta di neve, come nessuno ha più visto. La canzone si chiude con un nostalgico «che tempi quelli».

ATLANTIDE – FRANCESCO DE GREGORI
Ha la faccia di uno che ha capito
E anche un principio di tristezza in fondo all'anima
Anche in questa canzone abbiamo un luogo magico. Il nostro protagonista si trova ad Atlantide, perso nel suo mondo e nei suoi ricordi. Nasconde bene la sua tristezza – in fondo all’anima, o sotto al letto insieme ai «barattoli di birra disperata» – ha raggiunto il successo suonando la chitarra, e a volte pensa addirittura di essere un eroe. «Stravede» per una donna che si chiama Lisa. Ma ha un grandissimo rimpianto riguardo una ragazza di Roma, che ormai appartiene al suo passato. D’altra parte il nostro protagonista vive nel terzo raggio, quello dei pensatori secondo la teoria dei sette raggi. Quello di chi non riesce a vivere nella realtà ma si rifugia in un mondo idealizzato, utopico. Un po’ come la ragazza di Roma, ormai irraggiungibile.

IL CIELO D’IRLANDA – FIORELLA MANNOIA
Il cielo d'Irlanda a volte fa il mondo in bianco e nero
Ma dopo un momento i colori li fa brillare più del vero
Singolo pubblicato nel 1992, con testo di Massimo Bubola. Ci troviamo ad ascoltare una canzone particolarmente caratteristica anche dal punto di vista musicale, con violini e fisarmonica che evocano un’atmosfera molto irlandese. Questo brano ci permette di compiere un viaggio tra paesaggi da cartolina, «dal Donegal alle isole Aran / da Dublino fino al Connemara». Dominato da un cielo spesso carico di pioggia che però è in grado di cambiare il mondo improvvisamente. Il cielo d’Irlanda ci segue e viaggia con noi. Ci appartiene, non ci abbandona.

‘U PISCI SPADA – DOMENICO MODUGNO
Noni noni noni ammuri miu,
si tie mori, vogghju muriri ansieme a tia,
si tie mori, ammuri miu vogghju muriri.
Traduzione: No no no amore mio, se tu muori, voglio morire insieme a te, se tu muori, amore mio, voglio morire.
Così Modugno spiegò la canzone: «È una storia vera. È la storia di due pesci accaduta in Calabria. Alcuni pescatori siciliani, avendo arpionato un pesce spada, mentre lo portavano a riva, si erano accorti che un altro pesce seguiva la barca. Mentre lo stavano deponendo sul bagnasciuga, l’altro pesce che seguiva la barca con un salto andava a raggiungere il compagno arpionato. Era il maschio della femmina arpionata, che invece di restare solo aveva preferito morire accanto al suo amore». Non credo serva aggiungere altro.

SENZA UN PERCHÈ – NADA
Lei non parla mai
Lei non dice mai niente
Questa canzone – peraltro scelta da Paolo Sorrentino come colonna sonora di The Young Pope nel 2016 – parla del silenzio e dell’importanza che questo può avere. A detta della stessa Nada, la musica è leggera ma il testo rivela malessere e inquietudine. La protagonista del brano ha bisogno di affetto, spera in un mondo migliore, chiede perdono anche quando non ha fatto niente. E si rifugia in silenzio nel suo «pensare al meglio», immaginando «un’estate leggera». Nada ha dichiarato: «Io stessa uso il silenzio per staccare da tutto e successivamente per riconnettermi con il mondo. Le parole che ci sembrano semplici all’apparenza spesso ci spingono a riconsiderare tante cose e ci evocano un’emotività profonda».

NON INSEGNATE AI BAMBINI – GIORGIO GABER
Giro giro tondo cambia il mondo
Questo è ritornello in cui Gaber ripone la sua speranza di cambiamento. Qui si rivela il mondo che il cantautore vorrebbe. Un mondo in cui non viene insegnata ai bambini una morale «stanca e malata», in cui non si riempie il loro futuro di «vecchi ideali». In cui non si cerca di cambiarli, di pilotare il loro pensiero o di «indicare una via conosciuta», ma neanche di illuderli nei confronti del futuro. Semplicemente, li si accompagna, insegnando solo la magia della vita e raccontando sogni di antiche speranze. «Stategli sempre vicini / date fiducia all’amore il resto è niente».
