22 agosto 2021

Le migliori 9 (+1) canzoni legate al calcio

«Ah, da quando Baggio non gioca più, non è più domenica». Così canta Cesare Cremonini, in Marmellata #25, a simboleggiare qualcosa che è andato e che non tornerà più. E la sua sua è solo una delle tante canzoni in cui si racconta il calcio nelle nostre vite e nella nostra quotidianità. Da sempre uno dei giochi più diffusi al mondo (e sicuramente il più amato in Italia), il pallone ha sempre influenzato la cultura del nostro Paese, dal cinema alla lettura e passando chiaramente per la musica: le canzoni legate al calcio sono state tantissime nel corso degli anni, e alcune sono rimaste impresse nel cuore e nell'immaginario collettivo, diventando culto per i tifosi. Dopotutto come diceva Jean Paul Sartre il calcio in fondo non è nient'altro che una grande metafora della vita.

Di seguito, abbiamo quindi provato a raccogliere alcune delle migliori canzoni legate al calcio, alcune apertamente scritte per questo sport e altre invece adottate e prese in prestito quasi per caso dai tifosi di tutto il mondo, ottenendo così un elenco di 10 brani che ancora oggi ci fanno scendere la più classica delle lacrimucce, come per Giovanni Storti nel film Tre Uomini e Una Gamba all'ascolto di Luci A San Siro (che chiaramente non poteva mancare in questa lista).

The White Stripes - Seven Nation Army (2003)

È l'estate del 2006 ed un evento sportivo scuote irrimediabilmente il nostro Paese: la vittoria dei Campionati del Mondo di Calcio da parte della nazionale italiana. Le storie che hanno a che fare con lo sport sono quelle più facili da raccontare e spesso hanno anche una colonna sonora di sottofondo che riesce a toccare quelle emozioni che la grammatica delle imprese sportive conosce molto bene. Capita più raramente poi che quella colonna sonora non sia solo un accompagnamento della storia, ma che riesca a trasformarsi nella protagonista, riuscendo a risvegliare anche a distanza di 15 anni le stesse emozioni provate allora. È il caso di Seven Nation Army, brano del 2003 composta dai White Stripes e che diventerà imprevedibilmente l'inno non ufficiale dell'Italia campione del mondo.

Jack White al tempo era contemporaneamente entusiasta, perplesso e divertito dalla cosa: «Sono onorato che gli Italiani hanno adottato questa canzone», affermò il frontman dei The White Stripes, «mi piace che la maggior parte delle persone che la cantano non hanno idea da dove sia saltata fuori». Tutto nasce qualche anno prima da alcuni tifosi del Club Brugge in trasferta a Milano che, sentendo per caso alla radio del pub il nuovo singolo dei White Stripes, si lasciano trasportare dal riff magnetico e muovendosi verso lo stadio lo trasformano da un semplice giro di chitarra ad un onomatopeico Popopopopopopooo portandolo fin dentro la Scala del calcio. Da lì, grazie alla carica che riesce a trasmettere, prende sempre più piede arrivando nella storica notte di Berlino, con la vittoria del Mondiale, a diventare definitivamente la canzone preferita dagli Azzurri. Il fatto poi che la sua melodia si prestasse in maniera così naturale alle parole 'Campioni del Mondo' permise di mettere il sigillo definitivo su quello che è diventato l'inno alternativo della Nazionale italiana, consegnando involontariamente questo brano alla storia del calcio.

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Roberto Vecchioni – Luci a San Siro (1971)

«Non ce la faccio, troppi ricordi». Questa è la frase pronunciata da Giovanni Storti nel film di culto Tre Uomini E Una Gamba, non appena in macchina riconosce le prime note di questo capolavoro di Roberto Vecchioni. Tanto basta per capire la carica emotiva che si nasconde dietro questo brano del 1971 contenuto nell’album Parabola del cantautore milanese. Si tratta di una canzone autobiografica, che descrive con nostalgia e malinconia gli anni della gioventù trascorsi nella sua Milano, città natale del cantautore e sempre al centro della sua poetica, nella speranza di poter ritrovare la felicità derivante dalle cose semplici della sua gioventù, come la prima macchina e una ragazza che amava davvero. Vecchioni chiude il brano con un amaro «Luci a San Siro non si accenderanno più», utilizzando le luci dello stadio di Milano, illuminate per la sua Inter, come metafora della felicità e dell'innocenza della sua giovinezza, sottolineando tristemente come quegli anni e quei sentimenti non torneranno più.

Fin da subito questo brano diventerà un brano iconico per intere generazioni di tifosi interisti (lo stesso cantautore milanese la ripropose live a San Siro alla festa del 15simo scudetto dei neroazzurri) che rivedono in quelle luci e nelle parole cantate da Vecchioni le proprie storie di vita e di un calcio romantico che probabilmente e tristemente non c'è più. Troppi ricordi, non ce la faccio.

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Edoardo Bennato / Gianna Nannini - Un’estate italiana (1990)

Ancora più dell'iconico "Popopopopopopooo" preso in prestito dal riff di basso di Seven Nation Army dei White Stripes si può dire con certezza che la vera colonna sonora della cavalcata della Nazionale Italiana alla vittoria degli scorsi Campionati Europei di calcio sia stata proprio Un'estate italiana, a distanza di più di 30 anni dalla sua uscita. Quella che è stata a tutti gli effetti la canzone più cantata nelle piazze e nelle strade di tutta Italia durante i festeggiamenti dei trionfi della nazionale capitanata da Roberto Mancini venne infatti scelta inizialmente proprio come inno dei Mondiali del 1990, che si svolsero in Italia.

Composta da Giorgio Moroder e cantata nella versione italiana da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato, Un'estate italiana rappresenta infatti un caso più unico che raro: una canzone composta ben 31 anni prima che torna a scalare le classifiche delle piattaforme di streaming uscendo dal sarcofago nel quale era stato rinchiuso per sorpassare artisti che probabilmente non erano ancora nati quando la canzone fu pubblicata. Sembrava destino che il cerchio si dovesse chiudere, consentendoci di fare finalmente pace con le "notti magiche" cantante dalla rocker senese e dal cantautore napoletano. Lo scenario sportivo è stato infatti esattamente l'inverso di quello di 30 anni fa, quando la Nazionale, partendo da favorita in un mondiale ospitato in casa, si dovette arrendere ai calci di rigore contro l'Argentina. Questa volta invece, per uno strano gioco del destino, abbiamo vinto, proprio ai rigori e contro una Inghilterra padrona di casa, potendo finalmente tornare a cantare a squarciagola di quelle notti magiche, inseguendo un goal sotto il cielo di un'estate italiana.

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Oasis – Don't Look Back in Anger (1995)

Ogni comunità da sempre cerca un simbolo, qualcosa che sia subito riconoscibile, e lo sia da tutti. I tifosi della nazionale Inglese e ancor di più del Manchester City hanno avuto vita facile, scegliendo e facendo propria una delle canzone più iconiche degli Oasis: Don’t Look Back In Anger, dall’album del 1995 (What’s The Story) Morning Glory?. Era in qualche modo già chiaro che l’anthem fosse diventato colonna sonora della Nazione al One Love Manchester, il concerto di Manchester a seguito dell'attentato del Maggio 2017. Un evento mediatico che ha catalizzato occhi e orecchie di tutta la città, dell’Inghilterra, dell’Europa e del mondo. Ma Don’t Look Back In Anger ha presto sconfinato, diventando presto e a tutti gli effetti un vero e proprio coro da stadio, da cantare a squarciagola uniti in un abbraccio.

Il motivo di questa adozione è probabilmente da ricercare nella profondità che quel ritornello è riuscito a raggiungere nella cultura inglese. Gli Oasis e le loro canzoni rappresentano infatti per l’Inghilterra ciò che è Vasco per il nostro Paese. Un qualcosa di talmente popolare e iconico da diventare familiare. Perché gli Oasis sono stati una band britannica, probabilmente l’ultima, in grado di scrivere canzoni che ormai trascendono la propria natura per diventare per l'appunto dei veri e propri inni nazionali. E il fatto che i fratelli Gallagher siano così indissolubilmente legati alla città di Manchester e alla squadra del Manchester City non ha fatto altro che consegnare all’intera tifoseria mancuniana quel brano che invita a guardare avanti con uno sguardo positivo. Nel calcio e nella vita.

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Kasabian - Club Foot (2004)

È il 2 maggio 2016 e il Leicester è campione d'Inghilterra. Una cavalcata interminabile, culminata con l'intervista all'allenatore italiano Claudio Ranieri che urla in conferenza stampa: «We are in Champions League, man. Diliding, dilidong!».

Ma perché proprio il Leicester? Perché oltre ad aver compiuto, in quella meravigliosa stagione, un'impresa titanica, ha anche dei tifosi molto speciali: i Kasabian. Band formatasi proprio a Leicester nel lontano 1997, il gruppo musicale britannico è molto legato alla città, ma soprattutto, alla squadra delle Foxes. Addirittura, il 29 maggio 2016 si esibirono in un concerto speciale al King Power Stadium di Leicester per festeggiare la vittoria del titolo: "Homecoming" il nome del loro concerto-evento.
Club Foot è la canzone che rappresenta meglio di tutti lo stile e l'idea dietro la nascita dei Kasabian: canzone tratta dal loro primo album omonimo, è ancora oggi suonata dalla band con tutta la forza e potenza evocatrice che la contraddistingue.

Una curiosità: è una delle tracce più utilizzate come colonna sonora nei videogiochi sportivi, essendo presente in Pro Evolution Soccer 5, FIFA 13, nel gioco del rally WRC: Rally Evolved e in Tony Hawk's Project 8. Non mancano anche film di spessore, come Goal! e ACAB - All Cops Are Bastards del "nostro" Stefano Sollima. Ooosh!

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Ligabue - Una Vita da Mediano (1999)

Nel mondo calcistico odierno, improntato sempre più sulla tecnica individuale, sembra oltremodo complicato ed anacronistico collocare in campo un calciatore in grado di correre senza tregua e recuperar palloni, ma incapace di creare. Eppure, il mediano non scomparirà mai del tutto perché è l’essenza dell’equilibrio e del gioco di squadra, è il ruolo che fa da collante, di colui che fatica per chi deve far gol. In una società dove tutti aspirano ad essere il numero dieci, i mediani lavorano all’ombra dei riflettori e si fanno il mazzo per fare in modo che il progetto finale sia portato a compimento. Sempre lì nel mezzo, spesso senza ricevere un riconoscimento debito. Ligabue utilizza il calcio come metafora della vita e soprattutto della propria carriera che, dopo anni difficili, complici gli iniziali scetticismi e i paragoni ingombranti, nella metà dei Novanta era decollata improvvisamente costringendolo quasi a chiedere scusa. Luciano, da tifoso interista, non poteva non elevare ad emblema della canzone l’ex calciatore e mediano campione del mondo Gabriele Oriali.

Una vita da mediano
Lavorando come Oriali
Anni di fatica e botte e
Vinci casomai i mondiali

Oriali, conclusa la propria carriera calcistica, è divenuto Team Manager e il suo compito, anche se fuori dal campo, è ancora quello di lavorare nel cuore della squadra, curarne le relazioni interne e guidarla unita e compatta verso la vittoria. Ha ricoperto questo ruolo nell’Inter e nella Nazionale italiana fresca campione d’Europa.

Qui una versione live con il grande Mauro Pagani.

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Francesco De Gregori – La leva calcistica della classe ’68 (1982)

Dopo aver appena trionfato all’Europeo vincendo semifinale e finale ai rigori, parlare di questa canzone sembra sconveniente, come se fosse più complicato riuscire nell’immedesimazione. Tuttavia, il tema profondo che la rende speciale riguarda e ha riguardato tutti almeno una volta nella vita, anche chi non conosce le regole del calcio.

Nino è un ragazzino di dodici anni che con il cuore pieno di paura si appresta ad affrontare un provino. Deve convincere l’allenatore e conquistarsi un posto in squadra. Il timore di perdere che prova è universale e, come spesso accade, minaccia di soffocare le ambizioni. Ad esempio, il terrore di sbagliare un calcio di rigore fa tremare le gambe e rende il portiere avversario un gigante a guardia di una fessura millimetrica, ed è allora che sembra che il fallimento sia dietro l’angolo. È inevitabile tornare col pensiero alla Nazionale che non riesce a conquistare la qualificazione al mondiale del 2018, a Federer che fallisce due match point nella finale Wimbledon del 2019, alla nostra prima partita giocata malamente per la troppa ansia, alla prima volta che si è saliti su un palco col cuore in gola, al primo esame universitario con la salivazione a zero, e ancora «chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai / di giocatori tristi che non hanno vinto mai».

La voce di De Gregori nel ritornello arriva però come una carezza rassicurante, una preghiera motivazionale rivolta a chiunque è in procinto di intraprendere una nuova sfida.

Non è mica da questi particolari
Che si giudica un giocatore

L’importante è calciare quel pallone. Così come fece il compianto Agostino Di Bartolomei, al quale questa canzone è ispirata e dedicata; lui che in quella finale di Champions del 1984 che la Roma perse in casa ai rigori, il suo lo tirò e lo segnò.

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New Order – World in Motion (1990)

Durante i Campionati del Mondo di Italia '90, se noi italiani cantavamo tutti insieme abbracciati sulle notte di Gianna Nannini e Bennato con Un'estate italiana gli inglesi facevano lo stesso con World In Motion dei New Order, brano musicale pubblicato dalla Factory Records e prodotto in collaborazione con la nazionale di calcio dell’Inghilterra in vista della loro partecipazione al mondiale del 1990. Tra i partecipanti al videoclip ci sono infatti calciatori inglesi come Peter Beardsley, Chris Waddle, Paul Gascoigne e John Charles Barnes, che chiude il brano con un rap offrendoci uno dei migliori contributi musicali da parte di un atleta professionista da quando Muhammad Ali si prestò al mondo della musica regalandoci una bellissima cover di Stand By Me.

Curiosità vuole che questo fu l'ultimo pezzo della band di Manchester uscito sotto l'etichetta discografica della Factory, nonché l'unico in tutta la carriera della band ad arrivare al primo posto della Official Singles Chart, rendendo ancora più netto e definitivo il taglio con l'eredità lasciata dai Joy Division.

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Opus - Live is Life (1985)

Questa canzone non c’entrava nulla col calcio. Il titolo è già di per sé eloquente, il testo celebra la bellezza del live show. Live Is Life nacque nel 1984 proprio durante un concerto e divenne subito una dimostrazione dell’amore e dell’attaccamento che la band austriaca Opus provava nei confronti delle esibizioni dal vivo. Tant’è che venne registrata in versione live, col pubblico che cantava tra un verso e l’altro. La storia di questa canzone cambiò radicalmente qualche anno dopo ed il suo legame col calcio divenne indissolubile.

19 Aprile 1989, semifinale di Coppa dei Campioni, a Monaco di Baviera il Bayern ospita il Napoli. Durante il riscaldamento delle due squadre parte proprio questa canzone e il numero dieci degli azzurri, trascinato dal ritmo reggae, inizia a palleggiare a tempo di musica. Prima con i piedi, poi con le spalle, infine mantenendo la palla in equilibrio sulla testa, nel frattempo le persone sugli spalti e alcuni dei giocatori in campo iniziano a fissarlo rapiti e ammaliati. Tutti con gli occhi puntati su di lui. Fu così che un comune riscaldamento si trasformò in uno spettacolo storico e il destino di Live Is Life mutò per sempre ancorandosi all’immaginario calcistico collettivo. In qualsiasi città, in ogni stadio, dovunque risuoni oggi questa canzone, la mente di chi ascolta non potrà che riandare a quel calciatore che palleggia a ritmo di musica, a Diego Armando Maradona.

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Bonus track: Matze Knop – Numero 1 (Luca Toni)

Se sei arrivato fino in fondo nella lettura di questa lista meriti un premio. Un po' come la scena dopo i titoli di coda nei film della Marvel per chi resta in sala fino alla fine della proiezione cinematografica. Bene, Numero Uno (Luca Toni) è la canzone con cui Matze Knop si è probabilmente guadagnato un biglietto solo andata nel Pantheon della musica dance teutonica.

Dedicata al bomber nostrano Luca Toni, all'epoca in forza alla corazzata tedesca del Bayern Monaco questa cafonata dance è un'ode al giocatore italiano, nella quale per vantare l’attaccante ex Fiorentina, vengono accostati una serie di luoghi comuni sull’Italia in un assoluto stile no sense. Ed è così quindi che fra Peperoni, Maccheroni, Cannelloni e persino Berlusconi, il numero 9 bavarese riesce a far rima con tutto, portando un po' di ignoranza nel Belpaese, che non manca mai.

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Articolo scritto da Renato Anelli, Giovanni Maria Zinno e Samuele Valori.