18 settembre 2017

Sono appena stata al TOdays e ho già voglia di tornarci - NoisyRoad @ TOdays Festival

Il maltempo dei giorni scorsi si è portato via quel briciolo di estate che fino a ieri ci faceva sudare e svenire al solo pensiero di uscire di casa. Non ci sono più le mezze stagioni, direbbe mio nonno. C’è, però, la stagione dei festival. Chi pensa che inizi e finisca con il Coachella, si sbaglia di grosso. Il bello viene proprio a fine estate e quando la musica chiama, noi di NoisyRoad rispondiamo. Armata di taccuino (sì, sono vecchia dentro), playlist di Spotify appena aggiornata e più caricatori del telefono che soldi, mi dirigo verso Torino, dove dal 25 al 27 agosto si è svolto il TOdays Festival.

Piccola gemma incastonata nella periferia torinese, il TOdays ha fatto girare la testa agli amanti della musica dal vivo grazie alla sua line up imponente e variegata. Chi ha mai osato mescolare PJ Harvey con Mac DeMarco? O riuscire ad avere sul proprio palco Richard Ashcroft dopo ben 7 anni di lontananza dal nostro Bel Paese? Gli organizzatori del TOdays sono stati ambiziosi: più di tre spazi per i concerti, laboratori, una vera e propria discoteca all'aperto, eventi sparsi per la città, nomi internazionali e artisti della scena indipendente locale. Non mi sono lasciata sfuggire l'occasione di documentare questo festival tanto piccolo quanto grandioso.

Day 1

La mia avventura al TOdays inizia venerdì 25 agosto. Dopo aver litigato un po’ con i trasporti pubblici torinesi, riesco a raggiungere lo sPAZIO211, cuore pulsante del festival. A vederlo così, non sembra nulla di speciale: un prato, un palcoscenico e quattro postazioni per cibo e bevande. Arrivo giusta giusta per sentire l’inizio del set di Birthh, apripista del festival e giovane promessa dell’indie italiano. Rapita dalla sua voce magnetica, lascio che la magia del TOdays faccia il suo effetto. Alice Bisi, in arte Birthh, è posata, timida nel presentare sé stessa e le sue canzoni, ma la grinta non le manca. I brani accattivanti tratti dal primo album Born in the Woods trasformano il parco in una foresta. La sperimentazione si mescola all’oscurità dei testi, creando canzoni vellutate e struggenti al tempo stesso. Al tramonto, la figlia dei boschi finisce la performance con “Chlorine”, illuminando i volti del pubblico con una canzone troppo bella per essere vera.

E’ solo la prima dei tredici artisti che si esibiranno sul palco dello Spazio211 e ho già la pelle d’oca. Subito dopo Birthh e senza troppe presentazioni, Giovanni Truppi si siede al piano e canta “Lettera a Papa Francesco I”. L’esibizione di Giovanni è ironica, diretta, divertente, ma mai banale. Mi guardo attorno: il pubblico sorride, annuisce. Giovanni crea percorsi musicali contorti attraverso i quali critica la politica, l’amore, la vita e persino sé stesso. Lo fa senza lagnarsi, trasformando la quotidianità in storie interessanti.

Giovanni lascia il palco ben consapevole di chi verrà dopo di lui. Mi affretto a posizionarmi in prima fila per godermi al meglio l’artista delle 20:30. C’è chi è arrivato a Torino solo per lei. C’è chi la segue da anni, chi è cresciuto con la sua voce, chi si è rispecchiato nella sua eccentricità. C’è chi, come me, è elettrizzato al pensiero di vedere dal vivo un’artista così importante come PJ Harvey. Tutto esaurito per la cantautrice britannica, ragazza degli anni ’90 divenuta una maestosa dark lady. Insieme ad una “marching” band formata da 9 elementi, PJ Harvey fa il suo grandioso ingresso al TOdays sulle note di “Chain Of Keys”.

PJ Harvey

 

Lei è incantevole persino vestita da Malefica, simbolo della sua musica contorta e travagliata. La performance è curata nei minimi dettagli: nessuno fa un passo affrettato o un movimento brusco, nemmeno durante il cambio degli strumenti. Nella scaletta si mescolano canzoni storiche, come “The Wheel” e “50ft Queenie” con pezzi tratti dal suo ultimo album The Hope Six Demolition Project. Vecchio con il nuovo, punk con il blues: l’esibizione di PJ Harvey è un calderone di influenze sviluppate in anni di carriera e di cambiamenti. Il filo comune è proprio il fascino di un’icona alternativa che ammalia il pubblico del TOdays con testi magnetici e sonorità spiritiche. Dal suo sax, infatti, non escono note, ma un vero e proprio incantesimo che lascia tutti a bocca aperta anche una volta terminata l’esibizione.

Niente paura, ci pensa Mac DeMarco a riportarmi alla realtà. Se PJ Harvey ha regalato al suo pubblico un’intensa performance introspettiva, il musicista canadese invita tutti ad un festino improvvisato dove la parola d’ordine è “non prendersi sul serio”.  In anticipo di 15 minuti rispetto al suo set, Mac sale sul palco armato di sigaretta e inizia a montarsi l’attrezzatura, mimetizzandosi tra i roadie e scherzando con il pubblico.

Mac DeMarco

In linea con la sua identità, l’esibizione di Mac DeMarco è spontanea, esibizionista ma non pretenziosa e semplicemente esilarante. Mi trovo in prima fila a saltare e ballare con “Ode to Viceroy”, “This Old Dog” e “Salad Days”. Più che essere uno degli artisti più attesi in Italia quest’anno, Mac sembra capitato lì per caso a fare il cazzone con i compagni di band. DeMarco è un weirdo, ma è anche un romanticone. Ne sono la prova canzoni come “Another One” e “On the Level”, con i synth sparati a mille e una voce delicata come una carezza. Chiude con una “Still Together” tratta dal suo secondo album 2 completamente stravolta, arricchita e con un assolo di circa 5 minuti. Con una performance che scalda il cuore dalla semplicità, si conclude una prima giornata tanto ricca quanto magica con la curiosità di vedere quali emozioni mi farà provare il secondo giorno al TOdays.

Mac DeMarco

Day 2

Il sabato al TOdays ha il sapore della scoperta. In line up c’è un mostro sacro della musica, Richard Ashcroft, preceduto da nomi familiari e alcuni mai sentiti prima. Il primo della lista, Wrongonyou, non si presenta. Prende il suo posto Giorgio Poi che ci propone un interessante cantautorato italiano influenzato dai suoni psichedelici inglesi. Annotatevi il nome perché questo artista promette grandi cose. Anche questa volta, il parco del TOdays saluta il caldo pomeriggio sulle note di un piacevole trip casalingo.

Giorgio Poi

Il viaggio iniziato da Giorgio Poi fa tappa in America, dove l’eccentricità è di casa e Perfume Genius ne è l'esempio. Mike Hadreas, in arte Perfume Genius, sale sul palco con una canottierina e un paio di pantaloni molto strani, presagio di quello che sarà la sua performance. Prima ancora di ascoltare la sua musica, avevo letto qualche intervista per farmi un’idea sull’artista, venendo a sapere che una delle sue canzoni più famose, “Mr. Peterson”, parla del suicidio di un professore, incapace di convivere con i suoi impulsi pedofili. Mi ero immaginata un artista serioso dalle manie di protagonismo, un po’ tutto fumo e niente arrosto.

Niente di tutto questo. Si inizia con un’esplosiva “Otherside”, nella quale Hadreas sfodera una voce che sa essere cristallina e tonante al tempo stesso, oscillando per note assurdamente alte e sfumature da pelle d’oca. Una canzone dopo l’altra, l’artista statunitense presenta al TOdays i frutti di ben quattro album, incluso il recente No Shape. Ne deriva un quadro astratto influenzato dalle mille sfaccettature della sua arte: la sensualità in “Die 4 You”, il magnetismo di “Fool”, il tema sociale in “Mr. Peterson”.

Perfume Genius

Reduce dai più importanti festival europei e particolarmente apprezzato dai nostri cugini nordici amanti di generi raffinati, Perfume Genius porta sul palco tutta la sua extravaganza che lo rende così affascinante. Per questo, quando qualche ignorante urla faggot, “finocchio”, non posso fare a meno di sentirmi in imbarazzo per quel poveretto che non capirà mai l’arte nemmeno a sbattergliela in faccia.

La performance di Perfume Genius vuole essere provocatoria, esageratamente queer e androgina in quanto simbolo di un’arte che non ha genere, né connotazione sessuale. Fortunatamente, la maggior parte del pubblico sembra capirlo. Tra un cambio canzone e l’altro sento sussurrare “Bowie”. Non mi sarei mai azzardata a dirlo ad alta voce, ma questa volta ci sta tutto. La delicatezza, la purezza musicale e i testi tanto contorti quanto introspettivi lo fanno paragonare ai mostri sacri della musica.

Uno di questi mostri sacri suona proprio dopo di lui. Parlo di Richard Ashcroft, storico frontman dei Verve. La sua performance è esattamente come la si poteva immaginare: un artista importante che porta con sé decenni di pezzi imponenti, intervallati da lavori più recenti e meno conosciuti. Ashcroft non è particolarmente imprevedibile (a parte quando suona la chitarra con gli occhiali da sole), ma il pubblico è in delirio. D’altronde, dopo 7 anni dal suo ultimo concerto a casa nostra, il leggendario portavoce del britpop ne ha di storie da raccontare al pubblico venuto per assistere all’unica data italiana.

Richard Ashcroft

Con un repertorio da brividi, Ashcroft e la sua band coinvolgono generazioni diverse con le hit più suggestive della storia della musica, tra cui “Break the Night with Colour”, “Music Is Power”, “These People”. Infine, il finalone con “Bitter Sweet Symphony” dei Verve. La fine del secondo giorno del TOdays è il vero spettacolo: le luci illuminano il parco, rivelando i sorrisi soddisfatti del pubblico che si avvia verso l’uscita fischiettando la melodia di una delle canzoni più belle di sempre.

Day 3

Mentre di domenica la città è deserta ed ustionante, il pomeriggio allo sPAZIO211 non è mai stato così piacevole in compagnia dei cinque artisti che si esibiranno per l’ultima epica serata del festival. L’aperitivo è offerto da Andrea Laszlo De Simone, un cantautore locale che nel suo nome ingloba una band di alta qualità. Il singolo “Vieni a salvarmi” estratto dal nuovo album Uomo Donna mi ricorda un Battisti moderno, affiancato da un caleidoscopio di influenze elettroniche e suoni psichedelici. Giorno dopo giorno, mi ritrovo a pensare quanto sia interessante questa scena indipendente italiana, spesso oscurata da nomi internazionali. Lo scopo del festival è anche quello di dimostrare che non bisogna andare dall’altra parte del mondo per trovare sonorità particolari.

Andrea Laszlo De Simone

I Gomma, ad esempio, vengono da Caserta e sono molto, ma molto particolari. Sono quattro ragazzi giovanissimi, capitanati dalla forte personalità della frontman che canta tenendo le mani dietro alla schiena. La loro specialità è un punk viscerale caratterizzato da testi sconnessi e apparentemente senza senso, come “Rucola”. Eppure il senso lo trovano in storie quotidiane, rivisitate con uno spirito grunge e una forza adolescenziale che non li fa passare inosservati.

L’ho detto e lo ripeto: il bello del TOdays è la varietà dei nomi in line up. Subito dopo i suoni ruvidi dei Gomma, i Timber Timbre fermano il tempo allo sPAZIO211. Si tratta di un gruppo a me sconosciuto, già attivo da diversi anni e paragonabile ai Cigarettes After Sex.

Timber Timbre

Mentre le ombre si allungano sul palco, il gruppo canadese attiva il filtro black&white per farci vivere un’esperienza cinematografica alla David Lynch. La qualità dei musicisti è ottima, anche se l’esibizione risulta essere un po’ noiosa e senza particolari svolte. Il loro repertorio è caratterizzato da sonorità cupe, avvolte da una nebbiolina di mistero che lascia al pubblico libera interpretazioni dei brani per lo più strumentali.

Dopo essere stati cullati dai suoni dolci dei Timber Timbre, ci si prepara al primo nome importante del terzo giorno: gli Shins. I signori del pop rock colorano il palco con corone di fiori e abiti sgargianti, sfoderando un repertorio vitaminico. Per loro, questa è la primissima volta in Italia e si scusano per aver fatto aspettare i loro fan. Dicono che il loro unico scopo è farci ballare e divertire. Missione compiuta. L’energia della band rende impossibile stare fermi durante alcune delle canzoni più famose, tra cui “New Slang” e “Simple Song”.  La musica che mette di buon umore e la simpatia travolgente rende gli Shins una band da scoprire dal vivo, senza passare dagli album in studio.

The Shins

Per rimanere in tema cheesy pop, i Band Of Horses hanno l’onore di chiudere la terza edizione del TOdays. A differenza degli Shins, la band capitanata da Ben Bridwell non ha solo la grinta tipica del pop, ma anche una gamma di suoni che tocca il folk, il country e l’indie. Nonostante siano famosi soprattutto per le apparizioni in diverse serie tv, i quattro di Seattle fanno sul serio. Con una scaletta in technicolor composta da ballad romantiche (“No One’s Gonna Love You”, “Whatever, Wherever”) e pezzi più rimati (“Casual Party”), i Band Of Horses sono capaci di creare canzoni struggenti che colpiscono nel profondo. Il loro tratto più bello è quello di riuscire ad inserire il tono blu della malinconia in qualsiasi canzone, creando un tipo di musica che trascende il tempo e lo spazio. Ecco perché sono vincenti. Ed ecco perché sono stati scelti per la mazzata finale. Sulle prime note di “The Funeral”, il pubblico del TOdays lascia andare un urlo che contiene tutta la voglia di sentire non una canzone, ma LA canzone.

Band Of Horses

E’ la fine perfetta: un pezzo epico che cantano tutti in coro, anche se non si sanno le parole. L’ultima nota distorta muore lentamente, segnando la fine dell’esibizione dei Band Of Horses e, purtroppo, la fine del TOdays. Sono davvero dispiaciuta dall’idea di lasciare questo posto. Quest’anno, il TOdays ha tentato l’impossibile, chiamando sui propri palchi artisti di altissimo livello. Dal pop al punk, dal rock inglese all'underground italiano, dall'indie all'elettronica. Il rispetto per la diversità è la parola d'ordine di questa bellissima manifestazione. Per tre giorni, l’organizzazione impeccabile del festival torinese ha creato un angolo di pace e serenità, dove migliaia di persone dai diversi stili, età, provenienza e gusti musicali hanno potuto esprimersi in totale libertà, condividendo un unico spazio.

La magia della musica dal vivo ha colpito ancora. Mentre mi incammino per la strada che mi riporterà alla quotidianità, scrivo un messaggio ad un amico che dice: “Non prendere impegni per l’ultimo weekend di agosto 2018. Ti porto al TOdays.”.