07 maggio 2023

Cosmo è l'inno nazionale solo batteria di cui abbiamo bisogno: cronaca dal concerto all'Estragon di Bologna

Il numero di volte che ho visto Cosmo in questa sua quarta fase della sua carriera inizia ad essere drammaticamente imbarazzante. Dopo un live-miraggio all'Alcatraz, il famigerato concerto posticipato a Pasqua sotto il tendono da circo a Bologna, una doppietta estiva tra Ferrara e Locorotondo, ho colto la palla al balzo di andare a mangiarmi un buon piatto di tortellini per tornare sottocassa all'Estragon, per quello che si prospetta essere il capitolo conclusivo, prima di una lunga pausa, dell'era de La Terza Estate Dell'Amore.

Contro ogni aspettativa dei più nottambuli e dei molti in coda all'esterno, Cosmo si presenta sul palco alle 21.30 precise, in solitaria si aggrappa al microfono per dare il via al live con una scelta insolita: Le cose più rare, brano degli inizi,  delicato, struggente e carico di una tensione emotiva non indifferente. La canzone sarà l'unica tratta da Disordine, per le successive due ore e un quarto la scaletta sarà una miscela ben equilibrata degli ultimi tre album, si passa da Antipop a Impossibile, da Le Voci a L'Amore.

Cosmo conferma per l'ennesima volta che i suoi concerti sono un toccasana per lo spirito e per il corpo (viste le temperature da sauna norvegese raggiunte ieri sera). Varcata la soglia del locale, al primo accenno di beat, Marco sembra tramutarsi in un incantatore di serpenti, saltellando da una parte all'altra del palco, da solo o in coppia con Pan Dan, o armeggiando alla sua fedele consolle: ipnotizza i presenti che vengono investiti da un muro di suono minimale e quasi primitivo in grado di colpire alle viscere chiunque, da chi fedelissimo si aggrappa alla transenna in prima fila a chi ha preferito stare nelle retrovie. Resistere alla cassa in quattro, ai drop da montagna russa e alle code di pura elettronica è impossibile e anche i più rigidi e composti (come la sottoscritta) si trovano a cantare a squarciagola, saltare e ballare senza imbarazzato in un moto liberatorio. Durante le canzoni che piombano addosso con la forza di un rullo compressore, come Tristan Zarra e La Musica Illegale, il pubblico si muove unisono, compatto. Si salta ritmicamente tutti insieme, è una gara a chi salta più in alto, le mani si spingono verso l'alto e tengono il ritmo meccanicamente e quasi robotiche trafitte dalle luci stroboscopiche, ma poi è in grado di placarsi e ondeggiare su brani più soft come Regata 70 e Vele Al Vento. A gettare benzina sul fomento ci pensa lo stesso artista, che in più di un'occasione fa qualche riferimento all'attuale situazione italiana. Tra luci che compongono la bandiera del nostro paese, frecciatine alle forze dell'ordine e pizze lanciate dal palco, non si fa sfuggire l'occasione di criticare i recenti ritardi dei treni, parlando di sequestri di persona da 300 minuti.

Diciamocelo, andare a vedere Cosmo è una cosa che adoro, mi fa stare bene. Oltre al fatto che è l'unico artista in Italia a fare ciò che fa, è in grado di creare una situazione di euforia collettiva, un lungo presobenismo generale che ti entra nelle ossa da quando sale sul palco a quando per salutare fa partire a tutto volume O Calippo Te Piace. Sul palco lui si diverte, nel pit noi ci divertiamo, questo costante scambio biunivoco scioglie ogni tensione e stampa sui volti dei più un genuino sorriso di allegria e divertimento, mentre in un vortice incontrollato sfogano le ultime forze rimaste urlando al soffitto: "Bevo la notte, grido più forte, rido, di te". Insomma, una cosa divertente che farò molto spesso.