08 maggio 2014

Daughter a Bologna, cronache di un venerdì atipico

Venerdì 15 novembre 2013. Si potrebbe pensare: EVVIVA TGIF DEVASTIAMOCI TORNIAMO A CASA DOMATTINA SENZA DIRLO AI NOSTRI GENITORI!!

Ecco devo deludervi perché il venerdì che descriverò non è esattamente di questo genere. Breve resoconto del pre-venerdì sera: con Roma immersa nell’acqua e nel traffico capisco in ritardo che rischiare di perdere un treno – ed effettivamente perderlo –  è questione di secondi. Poi salto su un vagone, arrivo a Bologna senza ombrello (perso anche lui), prendo tutta la pioggia che posso dritta in fronte, incontro un paio di amici, mi infilo in macchina e punto dritto al Teatro dell'Antoniano perché stasera suonano i Daughter e quei ragazzi sono formidabili quindi no, non posso mancare.

Bene ma perché questa premessa? Perché i Daughter sono stati il porto sicuro della settimana e dovete sentire anche voi ciò che sentivo io: oltre alla trepidazione per il concerto, cioè, fino ai Daughter c’era soltanto una crisi di nervi.

Arrivo a teatro sul filo del rasoio e sul precipizio di tante bestemmie da parte di amici e parenti, quindi sono in tempo per perdere l’ennesima cosa della giornata, ovvero Dane Majke Voss Romme, ovvero Broken Twin. Se qualche anima pia volesse dirmi come è stata sarebbe tanto di guadagnato perché ho coltello e forchetta alla mano, pronta per mangiarmi i gomiti.

Dalla galleria si ha la situazione sotto controllo e il colpo d’occhio addolcisce la serata: i posti sono pieni di volti che guardano intensamente verso il palco, aspettando. I posti sono anche riempiti dal popolo di twitter (ricordate che v'avevo detto io sugli internauti?) e ci si chiama usando il nome utente con tanto di chiocciola, ma questa è un'altra storia.

I Daughter, annoverati nella classifica degli Inglesi più amabili del decennio, entrano in scena. Tanti battiti di mani e tanti BRAVIII WUUUOH perché anche a noi Italiani riesce di essere amabili in certe situazioni.

Prossimi concerti di Daughter
Lontananza e cellulare potentissimo (leggi "cellulare con fotocamera che io davvero boh") non hanno giovato all'immagine. Chiedo venia. Lontananza e cellulare potentissimo (leggi cellulare con fotocamera che io davvero boh) non hanno giovato all'immagine. Chiedo venia.
Lontananza e cellulare potentissimo (leggi cellulare con fotocamera che io davvero boh) non hanno giovato all'immagine. Chiedo venia.

Sembrano impacciatissimi di fronte al sold-out, poi iniziano a suonare ed ogni timore sembra scivolare loro addosso.Le prime note di Still riscaldano l’atmosfera e no, quello con la chitarra non è Jónsi e non è neanche Jimmy Page. È Igor a sfoderare l’archetto e a provocare una reazione standard (la mia): i brividi fino alla punta dei capelli. È il momento di Amsterdam e riesco anche a registrarne 30 secondi da tenere in serbo per gli annali, poi metto da parte telefono e altre distrazioni perché le mie orecchie ed il mio cuore (anche se debole, anche se in frantumi già a questo punto del concerto) sono tutti per Elena Tonra, Igor Haefeli e Remi Aguilella + un quarto componente il cui nome mi è tuttora ignoto, alle tastiere.

Da questo punto esatto ricordo solo tante lucicanzoni in ordine sparso, ragion per cui se le scrivo in una corretta sequenza è merito di un po’ di temporanea lucidità e di setlist.fm.

© Martina Gibertini Vi chiedete se mi sia improvvisamente ritrovata a fare delle belle foto? La risposta è chiaramente no, perché questa foto e le seguenti sono protette da copyright e sono di Martina Gibertini.
Vi chiedete se mi sia improvvisamente ritrovata a fare delle belle foto? La risposta è chiaramente no, perché questa foto e le seguenti sono protette da copyright e sono di Martina Gibertini.

Con Love c’è un bel crescendo che porta i tecnici del suono ad alzare il volume del microfono della bella Elena, poi Landfill introdotta da un brevissimo intervento di Igor sull’origine della canzone, nata in una camera da letto (Sua? Di lei? Loro? CURIOSONI). È un continuo oscillare tra l’album del 2013 e gli EP, quindi si susseguono Winter, Candles, Shallows, Human, Smother, Tomorrow. I brevi interventi di Elena ed Igor riescono a far andare in coma iperglicemico almeno la metà degli spettatori. La Tonra ammette che il tour non lascia spazi liberi per la famiglia, per il tempo libero: il 14 novembre pare essere trascorso esclusivamente tra fiumi di cibo a casa di alcuni familiari con residenza vicina a Bologna (EHIII NOOO non andate a cercare i suoi parenti  facendo la figura degli stalker. Mi fate sentire in colpa poi!). Qualche sorso di birra ‒ per Igor, vino per Elena ‒ l’ultimo controllo all'accordatura delle chitarre con tre noticine di Youth. Applausi, fischi, ancora tanti applausi. Sì, il pubblico aspetta con ansia Youth. Elena con la voce a metà tra la risata isterica e la commozione chiede di fermarsi, di non applaudire, quasi credendo di non meritare il teatro gremito. Le note cadenzate di Home oltre che riportarci a casa ci riportano alla realtà, quella del concerto-quasi-finito. Home risulta mozzafiato con Igor che, chino sulla sua chitarra e totalmente in trance, sorregge tutto l’apparato strumentale. Cambia la chitarra, l’outro è la ciliegina sulla torta.

© Martina Gibertini

I Daughter vanno via e tornano puntuali per l’encore sui soliti BIS BIS BIS e i più originali DAJE. Elena ringrazia. Ringrazia di cuore, ci ringrazia per aver passato il venerdì sera a lasciarci deprimere da loro (parole sue, eh). Sull’ultima canzone ci si vestiva o truccava in estate e si tentavano conquiste impossibili quando si andava a ballare. L’ultima canzone è una Get Lucky assai meno festaiola dell’originale, questo è vero, ma perfetta per la fine del'esibizione. I Daughter lasciano il palco e lasciano noi, sguazzanti in un brodo di giuggiole per quanto appena visto ma un po’ meno soddisfatti del teatro perché (l’acustica pressoché perfetta non mi impedisce di pensarlo) i Daughter sono talmente coinvolgenti che vanno visti da vicino, quasi per abbracciarli, quasi per amarli un tantino di più di quanto non si faccia già dai propri posti assegnati. La buona notizia è che più della metà della platea è in piedi: quelle persone sottopalco sono la rappresentazione di tutto il mio, il nostro affetto.

© Martina Gibertini

Quanto ho scritto trasuda saccarosio e mi scuso, ma ideare qualcosa di divertente e frizzantino sui Daughter non è nelle mie corde.

Di certo potrei scrivere qualcosa di divertente e frizzantino sul ragazzo di bella presenza addetto al merch, ma penso che sorvolerò per mantenere una certa aura di serietà.

P.s. Se qualcuno dovesse avere nome/numero di telefono del suddetto non esiti a contattare la sottoscritta, baci.