18 febbraio 2020

Erlend Øye @ Santeria Social Club: Sole, vento e salsedine a Milano

Una tipica serata primaverile milanese che si tinge e profuma di estate, mare, tranquillità.
Già questo può suonare strano e utopico, ma la vera cosa assurda è che a renderlo possibile è stato un norvegese, sì, un paese con la temperatura media annua di 6º e chili di stoccafisso da mangiare.
Erlend Øye, direttamente da Bergen e adottato da sei anni dalla sicula Siracusa, in questo martedì sera, ha contaminato il cuore e la mente del pubblico con quelli che sono i due emisferi opposti che vivono dentro di lui.
Con la tipica compostezza e delicata freddezza nordica che possiamo trovare in Intentions che si sposa perfettamente col caldo sentimento australe di La Prima Estate, potete immaginarvi che viaggio.
L'ingresso in rosa maglioncino e occhiali ocra viene accompagnato da sorrisi e entusiasmo, delle vere "good vibration", che immediatamente si percepiscono genuine e tranquille; cosa al quanto strana per un concerto al giorno d'oggi no?
È lui, alto, biondo e bianco, si capisce subito da dove deriva il nome dei suoi The Whitest Boy Alive, che a parer mio rimangono il progetto più ganzo assieme al primo album solista dell'artista.
Il concerto prende piede con qualcosa di insolito, una cover. È la scala ascendente di New For You dei The Moore Brothers la prima song a vibrare tra le corde della sua chitarra acustica, e questo, stupisce un po' tutti.
Ma il vero stupore va alla persona di Erlend, alto e gracile, con una voce morbida e tiepida, che da subito instaura un rapporto di estrema intimità e condivisione tra tutti quelli che, come me, si trovavano in piedi a poco più di un metro e mezzo sotto di lui.

È tutto cosi nitido, a colori chiari e sereni, passa dalla sua acustica alla classica, fino ad impugnare e far vibrare il suo ukulele, al quale pare essere parecchio affezionato. Attraversa varie sue canzoni come Garota e arrivano altre cover come Heaven Knows I'm Miserable Now dei britannici The Smiths.
Una mezza sorpresa, preannunciata dai ben sette microfoni sul palco, arriva più o meno a metà concerto, quando l'artista annuncia che non sarebbe stato solo sul palco quella sera. È qualcosa di entusiasmante quello che è successo.
Come ribadito da lui a inizio concerto, negli ultimi sei inverni e estati ha vissuto a Siracusa, in una casa che mira dritta al mar Ionio e in questo periodo ha conosciuto alcuni ragazzi del posto, anch'essi musicisti, con la piccola variante delle culture, tradizioni intrinseche agli antipodi rispetto a lui.
Seguendolo sui social, non si possono lasciar passare inosservate i video in cui viene ritratto suonare in mezzo a giardini con questi ragazzi, buttando qua e là qualche microfono ogni tanto per registrare.
Beh, di questi, a Milano se ne è portati 3.
Presentati in ordine Stefano Ortisi, Marco Castello, Luigi Orofino.
Quello che accade è fantastico, la sintonia delle corde e l'amalgama delle voci suona come una camminata mano nella mano, un trionfo di corde e voci, colori e semplicità.
Questa semplicità credo sia il filo conduttore e motore di tutto quello che Erlend Øye trasmettere, e gli riesce benissimo.. perché?
La risposta alla questione credo sia proprio lui. Non è un'immagine, non suona come un prodotto, non appare costruito, ne gasato e al disopra delle teste del pubblico quale è, si diverte a modo suo, è sè stesso.
In mezzo ai ragazzi dalle più palesi caratteristiche olivastre e lineamenti mediterranei, il suo capello biondo non stona, anzi, è perfetto.

Un allarme di evacuazione interrompe lo spettacolo, ma subito gli animi si calmano, e dopo un repentino dentro-fuori e viceversa il clima torna salubre e magico.
Gli animi si scaldano, tanto che Erlend concede qualche goffo passo di danza e si mette in maniche corte per avviarsi verso la conclusione con L'ultima Estate e la "bittersweet" Estate.
Dopo la dedica alla celebre Lucia, ripresenta il trio di ragazzi per poi salutare e andarsene.. ma dai, a chi la racconti?
Torna sul palco dopo essersi concesso un po' di sano preziosismo, per poi chiedere :

Qualche richiesta?

Da dietro di me, in mezzo alla confusione, sento un ragazzo esclamare "I Giganti!", e niente, il ragazzo norvegese che ormai ragazzo tanto più non è, propone una bellissima versione del successo risalente all'anno 1965 di Una Ragazza In Due.
Ultima canzone e con tranquillità e sorriso stampato in faccia se ne esce.
L'atmosfera è bellissima, il pubblico è soddisfatto, la dose ricevuta è perfettamente quanto basta, ne troppo, ne troppo poco.
Mentre tutti se ne vanno intravedo uno dei tre ragazzi, Marco Castello che arriva verso la no-fly zone circondata da fonici e sicurezza, e riesco a rubargli qualche minuto per farmi spiegare come ha incontrato Erlend. Nella confusione e comune entusiasmo mi dice semplicemente che si sono incontrati in città e, non sapendo spesso cosa fare di sera, suonano.
Preferisco esaurirla così, breve e genuina come realmente è stata la sua dichiarazione.
La sensazione immediata nell'uscire dalla sala è: "wow, che bello", a differenza del "wow, che botta" usuale dopo un concerto.
Detto francamente, uno degli spettacoli più belli che credo si possano trovare in giro se si cerca qualcosa del genere.
Le doti vocali di Erlend Oye sono indiscutibili, così come il tatto con le sei corde, l'intimità che riesce a creare è qualcosa di unico, come per chi lo conosce, è unico il primo approccio che si ha con sue canzoni come Mrs. Cold e compagnia.
Spensierato, felice, leggero, me ne vado a letto, con la sensazione strana di avere addosso un giubbotto tecnico per il viaggio nella penisola scandinava e salsedine tra i capelli dopo un bagno nella spiaggia di Vendicari.

Setlist

New For you

Garota

Non arrossire

Heaven Knows I'm Miserable Now

Power Of Not Knowing

Song For Clara

Fairytale

Lies

Dancing with you

Fence Me In

Peng Pong

Bad Guy Now

Upside Down

Intentions

Giacca

Paradiso

Maneiro

Condominio

1517

La Prima Estate

Estate

Grazie a Maria Laura Arturi per le foto.