È stata una serata dal retrogusto amaro quella andata in scena all’Angelo Mai di Roma in occasione del concerto degli I Hate My Village. Prevendite finite a poche ore dal live, coda incredibile sotto un acquazzone romano tipico di inizio dicembre e le prime parole di Adriano Viterbini, abbracciato da Fabio Rondanini, che hanno commosso un po’ tutti.
Il live - organizzato nell'ambito di ALTRNTV, la rassegna musicale della Biennale MArteLive - è stato dedicato a Francesco Cerroni, per gli amici Poppy’s, che è venuto a mancare un paio di giorni fa. Tra i fondatori del Monk, lo storico locale romano di Casal Bertone, Francesco ha lasciato, dopo una lunga malattia, un vuoto importante: da tutti coloro che lo conoscevano era considerato un po’ una guida, un punto di riferimento. Per gli I Hate My Village è stato una vera e propria fabbrica del tessuto musicale indie romano, un artigiano dei suoni dalle idee geniali. Dopo questa premessa, senza troppi incensamenti, Viterbini ha imbracciato la sua chitarra e ha iniziato a suonare le prime note di Tramp. Un attacco che ha colpito nel profondo tutti i presenti. Quasi una preghiera elettrica nel ricordo di Poppy’s, seguita da Italiapaura e Acquaragia. Non servono tante parole, meglio lasciar parlare la musica, il loro pane quotidiano.

La setlist di 19 pezzi è stata sapientemente articolata con brani del primo disco datato 2019 e quelli della nuova fatica Nevermind The Tempo che stanno portando in giro per lo Stivale in questo tour speciale. Spazio anche per Chennedi e Elvis, le b-side: sì, è proprio il caso di dirlo che si trattava di una serata speciale. I quattro sul palco, non lo scopriamo certo oggi, ma appartengono alla categoria dei cosiddetti fenomeni: Rondanini ci ha così abituato ai suoi ritmi dispari che quasi ci sembra normale ascoltarlo, Viterbini è un virtuoso della sei corde e, coadiuvato da Alberto Ferrari alla voce (ma la sua Les Paul la teneva sempre vicina) compongono un duo fenomenale. Marco Fasolo al basso, ieri sera in versione Thom Yorke con il caratteristico beanie in testa, ha fatto vibrare tutto l’Angelo Mai, gremito. Tanti, tantissimi giovani ma anche la solita vecchia guardia. Tra il pubblico anche Zoro di La7, che monitorava Rondanini per la puntata di venerdì prossimo di Propaganda Live.
Dopo le atmosfere catartiche di Mauritania Twist e Fare un fuoco, spazio al bis più folle dell’anno. Fasolo torna per primo sul palco con un enorme casco di banane che lancia a casaccio al pubblico. Qualcuno tra la folla parla di “gesto forte”, altri se ne fregano e sbucciano il frutto. Parte quindi Tony Hawk of Ghana, il cavallo di battaglia, e Ferrari invita tutti a salire sul palco. Sì, avete letto bene, metà parterre raggiunge la band e comincia a muoversi a ritmo. Spazio anche per improvvisazioni ed extra beat dei presenti, vale tutto: il microfono è a disposizione della calca salita sul palco e tra chi si improvvisa rapper e chi prova a lanciare messaggi, il caos diventa un’unica voce.
È questa l’immagine più forte che hanno lasciato ieri sera gli I Hate My Village all’Angelo Mai di Roma, a prescindere da ogni capacità tecnica fuori dal comune e a scanso di ogni tipo di discussione. Era la serata di quattro che si divertivano come pazzi e che ricordavano un amico. Hanno suonato forte, fortissimo, per fargli arrivare quel messaggio, anche giusto quelle tre note sparate in cielo per dire: “noi ci siamo, siamo con te, lo senti?”. E poi il pubblico, la vera guida, che chiude il concerto da protagonista ed esce dal locale soddisfatto ma con il retropensiero che quella serata dovesse restare nel personale cassetto dei ricordi per un po’ di tempo.
Che è poi quello che voleva Poppy’s per ogni suo concerto che organizzava.
Fotogallery di Liliana Ricci: