Nemo profeta in patria est, questo si sa, ma bisogna un po’ imparare a fregarsene, soprattutto se di patrie ne hai tante quante FILippo BOnamici, detto FIL BO RIVA se in compagnia della sua band. Metà romano, metà tedesco, ha studiato in un collegio di monaci irlandesi, vive a Berlino ma canta in inglese e stasera porta il suo ultimo album, Modern Melancholia, a Segrate (MI) sul palco del Circolo Magnolia. Un viaggio tortuoso insomma.
Dal 2016 con l’EP di esordio If You’re Right, It’s Alright FIL BO RIVA trasporta i suoi ascoltatori in un universo folk-rock dove il racconto delle relazioni interpersonali, non sempre e per forza romantiche, occupa il centro del discorso. È un progetto pieno di singolarità non solo per l’evidente respiro mittel-europeo, che non sempre aiuta in termini di popolarità, ma anche per la durata azzardata dei brani (quasi tutti superano i 4 minuti e dal vivo si sentono tutti).
Visto dall’Italia, dove a differenza del suo paese di residenza non scala classifiche e nè macina date a gogo, bisogna ammettere che si tratta di una creatura musicale strana, simile a rappresentati del bel canto degli anni ’50, più famosi all’estero che in terra natale. Ed è proprio mentre in sottofondo scorrono brani di quel periodo, in attesa della band, che ci sorge il primo dubbio sul fatto che con quello stereotipo FIL BO RIVA ci voglia giocare.

Sullo sfondo giallo appare scritto “WELCOME TO THE MELANCHOLY CLUB”. L’ambiente è intimissimo, con un pubblico di poche centinaia: fan veri, musicofili, gente che ha fatto l’Erasmus ad Amburgo e tante, tante coppiette. Il gruppo entra in scena ordinato come pedine di una scacchiera che prendono posto.
L’attacco è Everything is Illusion dall’ultimo album, con la sua carrellata di percussioni potente e quel pizzico di psichedelia che ci porteremo dietro tutta la serata. In molti chiudono gli occhi e ciondolano a ritmo. È un momento di ricongiungimento, sono 5 anni che non va in tour, lo hanno aspettato.
Go Rilla, ispirata al Gorilla Club di Manchester, arriva subito dopo con il suo alternarsi di calma melodica ed esplosioni pop-rock, le luci sono rosse e il dancefloor che inizia a scomporsi. Più volte durante questo live avremo la sensazione che i suoni, le pulsazioni delle casse, vogliano uscire dal loro recinto per venirci a prendere e convincerci che quello spazio è troppo piccolo per loro. Running in Circles è un bel momento per FIL BO per mettere in mostra il suo graffiato e la capacità di filosofeggiare nei testi.
“And I've been running in circles (circles) /
I've been losing the meaning of time /
'Cause I've been running in circles (circles)/
But I've gotta let it go for the night”
Un attimo di respiro. Saluta il pubblico in italiano che non stenta a rispondere con calorose urla di bentornato. Anche dal vivo Filippo si conferma etereo, pacato, quasi timido, racconta che è bello ritornare a girare dopo 5 anni di fermo ma anche un po’ scombussolante. Il vero cuore di questo live sta per iniziare.
I’m Fine (Alone Again) suona come un languido richiamo al brit-pop, mentre le atmosfere decadenti e allucinogene di Caroline ci avvicinano allo scrigno sentimentale di FIL BO RIVA, fatto di visioni oniriche, dipendenze e veleni. Il brano si chiude con una coda rock sontuosa per dare spazio a un rumore d’acqua. È il momento de L’impossibile, un pezzo alto, orchestrale, con forti richiami alle composizioni di Gino Paoli (di cui a breve canterà una cover de Il cielo in una stanza). Per iniziare IL Singolo, FIL si siede racchiuso in se stesso al centro del palco per poi concludere a pieni polmoni.

Subito dopo arriva Black & Blue, ballata dal retrogusto amaro che nel ritornello diventa perfetto punto di congiunzione tra pop e rock, forse la migliore interpretazione della serata arricchita con i cori della band.
Si sprecano le manifestazioni di affetto del pubblico prima e dopo Killer Queen, break-up song alla Hozier fatta di “ti avrei voluto dire”. Da sotto il palco c’è chi simpaticamente esige di bere una birra assieme post concerto: "Forse sì, forse ci vediamo tra 3 anni" scherza misterioso lui.
La cover di Gino Paoli pare proprio pensata per portare un momento di italianità nella sua scaletta da expat ma l’effetto che genera al Magnolia è quello di un conviviale piano bar. C’era da aspettarselo.
Verso la chiusura FIL e il fedelissimo Felix, chitarrista e miglior amico, rimangono soli a cantare tutti i 5 minuti dell’intimistica Baby Behave faccia a faccia e quando tutto sembra esaurito manca ancora la title track Modern Melancholia con le sue tracce di psichedelia e il finale da sacrificio a qualche dio del rock: Filippo sale al centro del palco tirando su la chitarra, per un attimo temiamo la spacchi, poi si dissolve nelle luci bianche intermittenti. La chitarra è salva, il rito è finito.
Dopo quasi due ore di live, di folk rock profondo, curato nei minimi dettagli e perfettamente eseguito usciamo con la convinzione che FIL BO RIVA, con il suo essere al tempo stesso di nicchia ed internazionale, attuale e passatista, talentuoso ma pacato, rimanga un mistero irrisolto. Forse da sciogliere al prossimo concerto o al prossimo album, oppure aspettandolo per vedere se viene a bersi una birra.
Foto di Emanuele Tixi Palmieri: