Ci hanno fatto aspettare tanto, tantissimo per quelli che sono i tempi della musica di oggi, ci hanno fatto sperare con delle sporadiche pubblicazioni totalmente casuali, ci hanno più volte illuso scegliendo però sempre il silenzio, ma noi siamo sempre stati lì, da quando, un bel po' di tempo fa, probabilmente facevamo il liceo o l'università. Il pubblico che ha riempito fino all'orlo l'Alcatraz per la prima tappa milanese de i cani è fedele, eccitato, curioso di vedere che effetti hanno avuto 9 anni di "pausa" su Niccolò Contessa e soci. Il nuovo album, post mortem, arrivato come un fulmine a ciel sereno, ha fin da subito raccolto consensi unanimi: un disco potente, attuale ed estremamente necessario nel panorama italiano del 2025. Rodare di nuovo una band per il live è tutt’altra storia.

Bastano pochi secondi da quando i musicisti (ora in 6 in totale) mettono piede sul palco per capire che Contessa è in formissima.
Controcorrente rispetto a ciò che succede di solito, si comincia con io, un brano dalle sonorità cupe e lente, che in un normale concerto di questo genere potrebbe servire a far riprendere fiato ai presenti, invece viene posizionato in testa, non solo perché è il primo pezzo del nuovo disco, ma quasi a voler alimentare con la sua atmosfera quella sottile coltre di mistero che aleggia attorno al progetto, alimentata dalla penombra che avvolge i membri della band al loro ingresso.
La voce di Contessa è chiara e per quasi due ore non accenna a calare o sbavare, che sia su pezzi dal sapore alternative, al limite del punk, come nella parte del mondo in cui sono nato, che su ballate più malinconiche e introspettive, su tutte Nascosta in piena vista, eseguita in solitaria alla tastiera, un’altra onda o la celeberrima Il posto più freddo.

Non solo un mix di sonorità diverse e a tratti opposte, ma anche di atmosfere e strumenti, si passa dalle cristalline chitarre elettriche di colpo di tosse e f.c.f.t., a synth che sono veri e proprio sbalzi d'umore, fil rouge tra il vecchio e il nuovo: con quelli velocissimi, da cartone animato, torniamo alle origini, con tutto l'Alcatraz che canta a squarciagola Hipsteria, Le coppie e I pariolini di diciott’anni, mentre quelli più scuri caratterizzano i nuovi brani, come buco nero e carbone.
Un'altalena che assorbe completamente il pubblico, che non si limita a cantare Come Vera Nabokob, Velleità e Questo nostro grande amore, ma sa a memoria anche tutto post mortem. Non è lì semplicemente per la nostalgia (che probabilmente ha il suo apice in Corso Trieste con quel mantra "L'unica vera nostalgia che ho" così comune e liberatorio) o l'effetto revival, così tanto di moda nell'ultimo periodo, ma c'è una sincera devozione per questa band di ex hipster romani.

Ci sono tanti momenti in cui i telefoni vengono lasciati in tasca e la gente poga, salta, canta con tutta l'energia che ha in corpo, si bacia, ascolta ogni singola parola che pronuncia Contessa. Riascoltando ancora una volta queste canzoni capisco che (oltre al fatto che siano tutte hit, possiamo dirlo?), forse il segreto sta nel fatto che la semplicità e l'irriverenza di quei testi raccontano la quotidianità di tanti di noi (sì siamo più di quanti pensiamo), di quel "ceto medio riflessivo" se vogliamo usare dei paroloni, alla ricerca di un'offerta con un minimo di contenuto, qualcosa che li rappresenti, in un panorama sempre più saturo di tormentoni usa e getta per TikTok e canzoni sempre più semplificate e copia e incolla per provare ad intercettare il cosiddetto grande pubblico.
E se gli alternativi qualche anno fa si rivedevano quando venivano citate le Lomo e Wes Anderson, ora sono cresciuti, sono sulla trentina e sono particolarmente attenti alla politica e a ciò che accade intorno a loro, elementi che permeano dall'inizio alla fine l'album uscito lo scorso aprile.

Prima di dare il via all'inconfondibile giro di basso di Lexotan, Contessa fa una richiesta al pubblico (le interazioni saranno abbastanza limitate per tutta la durata del live): di godersi l'ultimo pezzo in scaletta senza distrarsi in riprese o stories per Instagram. I presenti ubbidiscono e nell'euforia generale si apre un enorme varco dove la gente perde ogni inibizione.
Era da un po' che non assistevo a un tale coinvolgimento e scommetto che in pochi attimi a molti sono ritornate in mente le sbronze alle feste universitarie, le macchinate per andare a vedere i concerti ai circoli Arci di provincia, l'ultima piccola grande rivoluzione avvenuta nella musica italiana chiamata Itpop, con quelle sonorità a metà tra l'indie e il synth pop, dannatamente semplice e orecchiabile di cui proprio i cani sono stati i capostipiti. E ora più che mai, Contessa sii la nostra alternativa.
Fotogallery a cura di Renato Anelli.