03 luglio 2024

Il viaggio interstellare degli Slowdive al Roma Summer Fest

Ci sono momenti nella vita in cui è necessario staccare la spina e rilassarsi. Alla fine degli anni '80, nell'universo musicale, per ottenere quel senso di quiete prolungata, lo shoegaze era la casa-base per chiunque amasse trincerarsi nell'introspezione di un muro sonoro che, idealmente, si ergeva davanti a sé. Oggi, a distanza di 33 anni suonati dall'esordio degli Slowdive con Just for a Day, le premesse si mantengono tali ma il pubblico è drasticamente cambiato. Non tanto nella sempre variegata composizione degli spettatori venuti a sentire Rachel Goswell e soci, quanto più per il vissuto quotidiano odierno che queste stesse persone hanno oggi: un bagaglio musicale di oltre 30 anni di musica.

La Cavea di Roma è piena, d'altronde è la primissima volta degli Slowdive nella Capitale in tutti questi lunghi anni di onorata carriera. Dopo aver suonato in giro per l'Italia (qualche mese fa li avevamo sentiti a Milano), una data romana era quella che mancava all'appello.

Slowdive Rachel Goswell live @ Roma Summer Fest Cavea Auditorium Parco della Musica concerto foto 02/07/24
Slowdive live @ Roma Summer Fest, Cavea 02/07/2024 | Credits: Liliana Ricci

Il set si apre con la registrazione di Deep Blue Day di Brian Eno (1983), tratta dall'album Apollo e che - nomen omen - getta le basi per l'inizio del viaggio interstellare con l'apertura controllata offerta da shanty, tratta dall'ultima fatica made in Slowdive, Everything Is Alive. Il brano è come una preghiera soffusa che ben si lega alla seguente Star Roving, ma che non ha nulla a che vedere con Catch the Breeze (1991), accolta da un boato incredibile. È proprio questo alternarsi tra passato e presente che rende ibrida la scenografia sul palco, ma mai spoglia. Lo spettacolo è graficamente ai suoi minimi, come se ci trovassimo in un locale di Londra con luci soffuse: un telo stropicciato con varie animazioni che si avvicendano, nulla di più. Capita spesso di chiudere gli occhi e immaginarsi in un mondo altro ma non totalmente nuovo, come, probabilmente, vorrebbe Huxley.

Così accade anche per le successive skin in the game Crazy For You, che sono supportate da un'eccezionale lavoro di Neil Halstead - che sa letteralmente fare tutto -  e un portentoso Simon Scott alla batteria, che picchia sui tom come un Pat Mastelotto d'annata.

In un universo nel quale la regola aurea della musica è far rientrare un pezzo nei canonici tre minuti e mezzo, gli Slowdive riescono per un'ora e quaranta di set nel miracolo collettivo del non annoiare o far pensare ad altro che non sia il loro suono. È la forza di pezzi come Souvlaki Space Stationkisses e Alison che gli permette di mantenere l'abbraccio: ma quando il sole colpisce c'è poco da fare. In effetti, When the Sun Hits è il capolavoro senza tempo del gruppo e dal vivo rende benissimo, perché ben miscelata con gli altri brani che l'hanno preceduto. Per arrivarci è stato necessario un percorso, la band inglese ne è consapevole e il pubblico lo capisce.

Slowdive Neil Halstead live @ Roma Summer Fest Cavea Auditorium Parco della Musica concerto foto 02/07/24
Slowdive live @ Roma Summer Fest, Cavea 02/07/2024 | Credits: Liliana Ricci

Poi il buio. Rachel Goswell esce di scena, si siede dietro le quinte, lascia suonare gli altri quattro per un tributo a Syd Barrett (unico volto umano che compare sui teli per tutto il concerto). Il genio del rock psichedelico è omaggiato dalla band britannica con una strepitosa e piena Golden Hair tratta da The Madcap Laughs, l'album di debutto solista del compianto frontman dei Pink Floyd.

Il bis offre quello che alla romana si direbbe "ricaccione", un qualcosa che avevi dimenticato, ma che se visto o ascoltato anche giusto per pochi secondi ti porta alla memoria un elenco di ricordi indelebili: questo fanno l'omonima Slowdive, Slomo e 40 Days. Si avvicendano così velocemente - nonostante la loro importante durata in termini temporali - ma quasi non sembra che il pubblico ci faccia caso. Ha stretto questo patto con la band, in silenzio, in completa adorazione e allora si continua anche dopo il saluto finale al pubblico (le uniche parole pronunciate al di fuori di quelle delle canzoni) con un altro brano di Eno a conclusione del viaggio: An Ending (Ascent). Un brano originariamente inserito nel documentario NASA For All Mankind, messa apposta per simulare che la navicella spaziale Slowdive, che ci ha offerto riparo un'ora e quaranta prima, ci ha permesso di girare l'universo e poi ci ha concesso l'atterraggio sicuro, tornando nel nostro mondo, alla vita quotidiana. Un viaggio unico.