28 giugno 2014

It's never over - Arcade Fire @ Rock in Roma

Un concerto degli Arcade Fire è un evento mistico in grado di far ricredere persino il più inamovibile degli atei (un po' come la Divina Commedia o la parmigiana, per intenderci).

La mia via di Damasco passa per l'Ippodromo delle Capannelle il 23 giugno. Cerco di descrivere nella mia mente l’esatta sequenza delle canzoni, dei movimenti e dei diversi gradi di perfezione raggiunti durante la serata. Tutto ciò che riesco ad elaborare è: “Hanno suonato, Régine brillava e tutti si completavano alla perfezione. Our mother should’ve named you Laika, luci, coriandoli, il papa”. Ecco perché lo scopo essenziale di questa recensione è mettere le idee in ordine (per voi e per me).

Salto la parte dei preparativi, priority ticket (che è comodo ma comodo comodo per davvero) compreso. Una menzione d’onore rirva al binario 18 di Roma Termini che ha una presenza scenica pari a quella del binario 9 e ¾ (dato che tra i binari 17 e 19 non c’è nulla). Ero pronta ad attraversare una parete munita di gabbiano invece della canonica civetta? Ebbene sì, lo ero. Poi ho trovato il binario 18 e mi sono  diretta verso Capannelle e oltre! Ad ippodromo raggiunto e priority ritirato posso finalmente accasciarmi a terra in attesa dell'apertura porte.

Avanti veloce: con (mia) grande sorpresa, riesco a raggiungere la transenna correndo (per chi non lo sapesse: si corre solo per arrivare a transenne e mezzi pubblici. Per sport non si corre MAI). Sorpresona  #1: il palco sul quale si esibiranno gli AF è quello in cui il pubblico viene sommerso dalla terra battuta ad ogni minima mossa (Leggi: io e l'inalatore per l'asma siamo BFF)

Voto alle polveri tossiche inalate al minimo spostamento di un piede: 2––

Andiamo ancora avanti veloce per il mio ed il vostro bene: alle 18.45 il dj set di Steve Mackey inizia a martellare la pazienza della quasi totalità della folla – quella folla eterogenea composta da papillon, barbe, piume, risvoltini e calzettoni. E sottolineo calzettoni il 23 giugno.

Vuoi bere e hai finito la tua damigiana d’acqua: cosa decidi di fare? Ovviamente provi a comprarla, pur sapendo che sarai costretta ad ipotecare la casa per questa tua scelta. Ti danno l'acqua, ti privano del tappo; le montagne-buttafuori, vedendo la bottiglia incustodita per trenta secondi, decidono di buttarla via.

Voto alle capacità di marketing degli Italiani: 8

Voto agli Italiani che per una volta si mostrano organizzati (ma è la volta sbagliata): 4

Il dialogo-tipo al quale si può assistere in questo momento è: “Ma chi apre?” “Ant…Anb..Anl…Antibantibalasalas”. Sono di Brooklyn (lo ripetono una quindicina di volte) e si presentano così: la voce è energica e twerka meglio di Miley Cyrus nella sua forma più smagliante, sassofoni, una tromba, due chitarre ed una sezione ritmica da spavento. Consigli per gli ascolti: Gold Rush. È la seconda canzone in scaletta e bastano quei 10 minuti per farci riscaldare: si inizia a saltellare e le mie speranze sul pubblico si fanno elevate.

Voto ai versi incompresibili urlati con gli/cantati dagli Antibalas: 7

Avanti veloce: l’attesa diventa insopportabile. Si comincia a scommettere sulla canzone d’apertura e c’è chi punta cinque euro su Reflektor, chi su Rebellion. In effetti le prime note sono quelle di Rebellion (Lies) ma Win e compagni seguono il Protocollo dei Bravi Burloni e fanno la loro entrata in scena subito dopo, cacciando via dal palco i tipi sotto mentite spoglie e EEEEEEEEEEHEHIIIIII SONO LOOOORO AAAAAAH ODDDDIIIIIIO WIIIIN WIIIILL REGIIIIIINE EEEEEEEEEEHIIIII AAAAAAAAH VI AMIAMO RIIIIIICHAAARD TIIIIM JEEREMY SARAH EHIEHIEHI (sì, penso di aver reso bene l’idea). Sono meravigliosi, sono scintillanti, sono meravigliosi e meravigliosi e ho già detto meravigliosi?

La canzone di inizio –  il vero inizio, questa volta – è Normal Person. Dio disse: Am I cruel enough for you? ed il delirio fu. Le mie aspettative si fanno sempre più reali perché il pubblico sembra perfetto (si rivelerà effettivamente pressoché impeccabile). Qualcuno ci ha già perso cinque euro ma ora tocca a Reflektor. Régine, già splendida splendente nell’abito che indossa in qualità di regina del palco – e di Roma intera, al momento – sfoggia i piatti dell’argenteria di casa e inizia a reflektare in giro. Sono tutti vicini e fotogenici ma cause di forza maggiore mi impediscono di catturare gli scintillii (perché tutte le bellissime foto decenti che vedete su questa pagina sono state scattate dalla sottoscritta).

Voto agli Italiani che per una volta si mostrano organizzati (ma è la seconda volta sbagliata. Alla terza mi ribello): 1

Flashbulb Eyes chiude il triplete di pezzi tratti dalla loro ultima fatica discografica e penso fossimo bellissimi visti dal palco, a battere le mani come tanti bei ballerini di flamenco. La chitarra, lo xilofono. Urlo, urliamo. I woke up with the power out, not really something to shout about. Eeeeh no Win caro, lasciaci urlare! Neighborhood #3 corre velocemente verso la fine (teorica). Dopo svariati oooh-oooh-ooh-oooooh-ooh e mani a tempo, l’esplosione finale. Continuiamo con gli ooooh-oooh-eccetera ed entriamo in Rebellion (Lies) con l'invasione di palco di Will armato di tamburo. Everytime you close your eyes LIES LIES. Ancora tanti uuuuh-uuuh-uhuhuhuuuuh-uuuuh (e così via) perché no, la canzone non può finire. Continuatela, iniziatela da capo, QUALCUNO PRENDA UN TARDIS, torniamo indietro,  vi prego. Ma Joan of Arc, Jeanne d’Arc ah-ooh prende prepotentemente piede.

One-two-three-four, Month of May (Richard urla al megafono mentre some people sing, it sounds like they’re screaming).

richard

Punto e a capo: The Suburbs. Parliamone: a distanza di ventiquattro ore, ripensandoci, stento a credere che quanto successo sia reale. Il tempo di accorgersene e it’s already, already past. Siamo vulnerabili. Ora basta assestare per bene il colpo: The Suburbs (Continued) è la Nemesi che viene a cercarci e, implacabile, ci trova e, invece di distribuire giustizia, distribuisce lacrime. Win e Régine cantano come fossero a lume di candela, da soli. Proviamo a bisbigliare qualche parola ma provare ad interferire con la loro comunicazione è impossibile. Un respiro profondo, un boato (belli di mamma nel pubblico, così mi piacete) e Ready to Start. Questo è uno dei momenti che non riesco a spiegare: la gola mi si annoda tanto bene che neanche Capitan Findus saprebbe da dove iniziare. Mi sforzo di cantare ma al than live in the shadows of your song la voce è bella che andata. Ready to start finisce (gioco di parole non voluto). E cos’è questa? Perché questa batteria? Ma perché sembra che stia iniziando Neighborhood #2 (Laika)?! Questo è quello che chiamo colpo di scena. Ma su – direte voi – è solo Laika. Punto #1: Laika torna alla riscossa dopo il live all’Earls Court del 6 giugno e Punto #2 (ndr come mi piace usare i cancelletti quando parlo degli AF voi non lo saprete mai): "Ora basterebbe Tunnels e potremmo anche andare tutti a prendere un tè”. Quanto sono ingenua.

Se c’è una canzone che deve essere eliminata dalla scaletta, quella è la mia canzone preferita (Legge di Murphy applicata ai concerti):

Voto alle canzoni preferite temporaneamente rimosse dalle scalette: 3

Voto alle canzoni inaspettate in scaletta: 10 e lode

no cars go 12

We know a place where no planes go, we know a place where ships go, no cars go. Me li immagino tutti carini attorno ad un tavolino, che parlano della scaletta e “oh, che dite? La facciamo No Cars Go in riferimento alla Galleria Giovanni XXIII che è ancora a corsia ridotta e non ci  si passa?” “DAJE WIN, IDEONA”. Sì, sarà andata così. No, non bisognerebbe abbandonarsi a facili umorismi con No cars go, lo ssssssooooooo: sdrammatizzo per non essere sopraffatta dalla magnificenza, tutto qui.

Ecco la canzone davanti alla quale nessuno resterebbe serio se per un attimo fosse abbassato il volume di tutti gli amplificatori: We exist (ft. Uomini che ballano mascolinamente). Tutto il popolo femminile a sperare in un Andrew Garfield ma niente. Per risollevare l’umore non c’è niente di meglio dell'inizio di My body is a cage.

Un uomo baluginante compare sul palco B come un’epifania e tutto sfuma in Afterlife. Mentre Win si abbandona a pose à la Tony Manero ad ogni but you say per far cantare il pubblico, Will evoca melodie dalla sua strumentazione. È un mago? Sì, come minimo.

oh orpheusSe volete (ancora) piangere è il momento giusto perché Régine, vestita di un mantello accecante, si allontana dal palco per salire sul palco B. Noi siamo il frozen sea, inizia It's Never Over (Oh Orpheus). Accanto a lei qualcuno mascherato da scheletro che continua a tenere Euridice lontana dal suo Orfeo e che ve lo dico a fare: brividi. I brividi che solo la pienezza dell’amore – specifichiamo altrui – può dare. Sprawl II: I need the darkness, someone please cut the lights – BUIO, BUIO, BUIO, luce e Régine che si muove sul palco agitando dei mega pompon/nastri fosforescenti, disegnando cuori nell’aria.

popeFingono di andare via, tornano per il bis ma CHE?! Un Butler nascosto dalla maschera di papa (o un Bergoglio che rivela di essere Win?) compare sulle note di.. ehm.. ah – scaletta alla mano – Pie Jesu Domine. Atto finale: Here Comes the Night Time, aka il momento che tutti aspettano per fare foto da postare su instagram. Le cannonate di coriandoli ci travolgono con colori così brillanti da spezzare il cuore. Di cuore infranto non si muore ma penso che quel lieve soffocamento da coriandolo rischiato verso la fine della canzone abbia messo a repentaglio la mia vita. Keep the car running è il ponte di congiunzione verso quella che sappiamo essere la fine: Wake Up. Le mani al cielo; quello che resta della voce è riposto in quest’ultima canzone (ché riporre la propria voce in una canzone è un po’ come affidarsi totalmente a qualcuno). Gli Arcade Fire ringraziano, salutano, ci mandano baci volanti, ci ringraziano per il supporto alla campagna Arcade Fire ♥ Haiti e lasciano il palco. Non voglio – non vogliamo – crederci.  Calpestare i coriandoli e non credere a quanto si è appena visto è la norma.

Potrete provare a convincermi all'infinito ma it’s over too soon.