No, i Murder Capital non sono i fratellini dei Fontaines D.C., non sono di più, non sono di meno: sono semplicemente un'altra cosa. In comune hanno al massimo Dublino e una capacità innata di trasportare il pubblico nel loro mondo. Ed è quello che è accaduto al Circolo Magnolia. Alla band irlandese sono bastati i primi 4 minuti di Heart in a Hole: complessità sonora, dettagli nitidi e James McGovern, il frontman che non ti aspetti. Un Alex Turner in salsa irlandese che non fa pose, ma cambia il tamburello ogni 3 canzoni e con il solo sguardo stimola il pubblico a muoversi. Se nei dischi traspare la sua anima, sul palco spiazza, almeno a un primo impatto.
Lo vedi cantare, scomporsi e non ti pare neppure possibile che possa essere lui ad aver scritto quei testi. Sembra persino arrogante quando si lancia tra il pubblico durante More is Less. E invece, con l'evolversi della scaletta comprendi ogni cosa. Una setlist che rasenta quasi la perfezione (se non fosse per qualche colpevole mancanza), durante la quale ogni pezzo è al posto giusto al momento giusto.

Return My Head tiene fede alla versione carica di Gigi's Recovery, mentre Green & Blue prepara il terreno per la titletrack del secondo album. Il resto della band, impeccabile nel look, è un contorno solo in apparenza: lo si nota soprattutto nelle canzoni più variegate a livello di effetti, ad esempio nella stupenda The Lies Become the Self o in The Stars Will Leave the Stage. Quest’ultimo è uno dei pezzi che più convincono: la tastiera, presente già nel disco, è abbinata a una componente elettronica più massiccia. Ancora una volta i dettagli fanno la differenza, senza però togliere nulla all’emotività che rimane il tratto distintivo della band: che sia emotività energetica, portatrice sana di furia, o emotività drammatica, il risultato non cambia.
Come in ogni live c'è qualcosa che stupisce e in questo caso, di positivo, c'è la batteria di Diarmuid (che abbiamo intervistato recentemente). Dal vivo risulta molto più presente e solida e si percepisce quasi un ritmo tribale continuo, soprattutto nei brani di When I Have Fears, su tutti Slowdance. Proprio l'album di debutto è l'arma in più dal vivo dei Murder Capital. Un’ennesima dimostrazione di quanto sia stato sottovalutato il loro primo disco uscito nel 2019.
Il finale è un'altalena di emozioni. Si parte con un'intensa On Twisted Ground: il centro del concerto. Il basso distorto catapulta tutto il pubblico nel dolore di James che ansima e sembra quasi commuoversi. Si prosegue con Ethel e la tripletta conclusiva. Clinge to Life, For Everything e Feeling Fades trasformano il pubblico del Magnolia e scatenano la band. James torna a immergersi nel pubblico e conclude il concerto lì, in mezzo all'affetto dei fan. Li ha guidati sapientemente solo con la voce e pochi gesti per un'ora e mezza, ora li trascina al banchetto del merchandising come un pifferaio magico. Qualcuno starà soppesando la furbizia del frontman, ma un selfie e un autografo non lo nega a nessuno. Nemmeno a chi ancora, sotto sotto, pensa che i Murder Capital siano una copia minore dei Fontaines D.C..
Di seguito la gallery fotografica della serata a cura di Maria Laura Arturi.