Siamo arrivati al giorno più triste dell’anno, l’ultimo dei tre giorni del Primavera Sound 2025. La giornata inizia nel migliori dei modi, grazie alle Horsegirl (trovate qui la nostra intervista alla band) con la loro energia fresca e spontanea: grazie al loro indie-rock, sospeso tra dolcezza e intensità, riescono a catturare il pubblico fin da subito. Una performance diretta e vibrante che conferma la crescita di una band tutta da seguire.

A seguire i Glass Beams nelle terre di Mordor. Il trio mascherato, circondato da un’aura di mistero mescolata a grandi aspettative, regala una performance sicuramente ipnotica grazie al loro psychedelic rock con influenze jazz e funk. La qualità della loro musica è indiscutibile, unica nota personale, il live tende a diventare leggermente ripetitivo superata la prima mezz’ora.

Il tempo di fare appena due passi verso destra dal palco dove si sono appena esibiti i Glass Beams, e ci si ritrova tra le prime file dello stage Revolut dove stanno per salire sul palco i Fontaines D.C.. La band irlandese non ha bisogno di presentazioni: le loro performance live hanno sempre una carica di energia incredibile, anche grazie ad una scaletta perfetta che ripercorre tutti i migliori brani dei loro quattro album. Nient’altro da aggiungere, probabilmente ad oggi Grian Chatten e soci sono tra le band con la resa live migliore di questo festival, senza dimenticare gli IDLES e Turnstile (a loro ci arriveremo).

Ci spostiamo, per la prima volta in questi tre giorni, sul palco Schwarzkopf, sì l’ex Testanera, il marchio di prodotti per capelli. Dopo le numerose date mancate in Italia, questa è la volta buona per ascoltare dal vivo gli Squid. Purtroppo il risultato non è dei migliori: la band inglese è sicuramente sul pezzo, ma vuoi un’acustica non proprio delle migliori e alcuni problemi tecnici, la performance di fatto è stato uno spezzatino di brani slegati, senza alcun tipo di flow. Peccato.
La sorpresa del giorno sono sicuramente i Cap'n Jazz, vederli dal vivo è come assistere a un’esplosione punk-emo in formato grezzo e viscerale. La band di Tim e Mike Kinsella porta sul palco tutta l’urgenza adolescenziale e il caos poetico che ha definito il loro culto negli anni ’90. Ogni brano è una scheggia impazzita di emozioni, con cambi di ritmo imprevedibili e una tensione che non accenna mai a calare. Nota di merito al momento karaoke con la cover di Take On Me, lo storico pezzo degli a-ha.
Intanto, sul palco Amazon c’è ancora tempo per assistere agli ultimi 40 minuti di Anohni and the Johnsons. A mani basse l’esperienza più profonda ed emotiva del festival, quasi spirituale. La voce di Anohni, intensa ed androgina, attraversa il Parc del Fòrum come un lamento celestiale, capace di scuotere e confortare allo stesso tempo. Sul palco, ogni gesto è misurato, ogni nota è carica di significato, mentre gli arrangiamenti orchestrali dei Johnsons avvolgono il pubblico in un abbraccio sonoro delicato e struggente. Magnifico è il termine che racchiude perfettamente quello a cui abbiamo appena assistito.
Il tempo di raccogliere le ultime energie rimaste da questa maratona no-stop durata 3 giorni e siamo pronti e carichi per gli ultimi due set, forse quelli più attesi dal sottoscritto di questa edizione del Primavera Sound: LCD Soundsystem e Turnstile.

Si parte dal palco Revolut con la band di James Murphy. Il frontman si muove tra sarcasmo e pathos con naturalezza disarmante, mentre il pubblico si abbandona a un flusso sonoro fatto di groove elettronici, accenti punk-funk e un’elegante malinconia metropolitana. Brani come Dance Yrself Clean e Someone Great deflagrano in scariche di pura energia, trasformando lo spazio del live in una pista da ballo emotiva. Il risultato è una performance calibrata e carnale al tempo stesso, dove ritmo, sudore e introspezione si fondono in perfetta armonia.

Il tempo di battere il record olimpico di mezza maratona, per spostarsi dal main stage al palco Amazon, e ci ritroviamo nelle prime file in attesa dei Turnstile. La band di Baltimora, fresca di pubblicazione del loro ultimo album Never Enough, si ritrova a calcare l’Amazon stage ad un orario che solitamente decreta la chiusura del festival, ossia le 3 del mattino. L’anno scorso era toccato a Charli XCX dando ufficialmente inizio alla Brat Summer, mentre ora è il momento della Turnstile Summer.

L’attimo di cantare tutti insieme Never Enough che si scatena la qualunque sottopalco, moshpit, crowd surfing, balli scatenati e spallate, il tutto mentre si viene travolti da quell’onda d’urto travolgente che sono i Turnstile dal vivo. Un’esplosione di hardcore contaminato da groove moderni e attitudine positiva. Brendan Yates domina il palco con energia febbrile, tra salti e un’intensità che non concede tregua. Ogni brano è un detonatore emotivo che trasforma il pubblico in un corpo unico in movimento. Nel pit siamo tutti fratelli e c’è spazio per chiunque.
Ci si asciuga, si cerca di riordinare lo zaino e di strizzare le magliette sudate, si beve l’ultima birra di rito e ci si lascia alle spalle la scritta luminosa Primavera Sound. Al prossimo anno: è stato bellissimo, come sempre.
Fotogallery (in ordine cronologico) a cura di Renato Anelli.