31 marzo 2020

Qualche foto carina dal concerto di Passenger a Bologna

Ormai da qualche anno a questa parte mi sono inevitabilmente arresa all'avanzare degli anni e della vita adulta e il mio mantra è diventato: "Federica, sei troppo vecchia per fare la fila ai concerti, è così comodo arrivare mezz'ora prima dell'inizio del live e godersi il tutto comodamente dal fondo". Nonostante questo, una manciata di volte all'anno, la me adolescente torna a farsi prepotentemente sentire e mi spinge a prendere un flixbus/treno/aereo (a seconda delle disponibilità economiche del momento), prenotare un alloggio di fortuna e a un'ora più o meno accettabile della mattinata, spingermi fino alla venue. Il tutto pur consapevole che almeno fino al primo pomeriggio non si paleserà anima viva oltre alla manciata di matti che ho conosciuto nel corso degli anni e con cui ho perso il conto dei chilometri macinati. Tutto questo succede esclusivamente per colui che considero il mio artista del cuore, ovvero Passenger, che il 7 aprile è approdato a Bologna per l'unica tappa italiana del suo Runaway Tour.

Il concerto doveva inizialmente andare in scena all'Estragon Club, ma una volta registrato il sold out è stata presa la decisione di spostarlo all'interno del nuovo e adiacente PalaEstragon; mossa non troppo felice, considerando che si tratta di una sorta di tendone con una capacità di ben 6000 persone. Come lo stesso Mike ha fatto notare scherzando appena salito sul palco ("the other venue held 1500 people while, as you can see, 2 million people can get in here"), la venue era decisamente esagerata per un concerto del genere, per natura strutturato in modo da essere il più intimo e raccolto possibile e ha rischiato di far diventare tutto troppo dispersivo. Inoltre, per un artista non deve essere il massimo avere la sensazione di suonare davanti a un pubblico che arriva a fatica a metà sala. Tutto sommato, però, dopo lo sconcerto iniziale, nessuno è sembrato farci troppo caso, incantati dalla magia che il cantautore britannico è riuscito a portare sul palco.

Prossimi concerti di Passenger

Quella di Passenger è una formula semplicissima, che presenta da sempre i medesimi elementi e, proprio per questo, non smette mai di funzionare. Nonostante una carriera decennale e la fama raggiunta ormai in tutto il mondo, Mike rimane lo stesso di sempre: un vero e proprio cantastorie che con una dose enorme di umiltà, un gran senso dell'umorismo e gli occhi che brillano di sincera emozione impugna la sua chitarra e, con appena qualche accordo, è in grado di far sentire il proprio pubblico a casa. Fra una riflessione sulle gioie e le difficoltà che il mestiere del musicista comporta, fatta poco prima di regalare una dolcissima e toccante esecuzione di Rolling Stone, qualche battuta salace riguardante l'avere all'attivo un'unica canzone famosa (l'ormai celeberrima Let Her Go, cantata a squarciagola e con l'immancabile torcia del telefono alzata da tutti i presenti), diversi racconti di vita (a dir poco commovente il momento in cui, poco prima di intonare To Be Free, Mike ha raccontato la storia di amore, immigrazione e sacrifico della propria famiglia, iniziata con i nonni paterni, uno tedesco e l'altra polacca) e più di una frecciatina lanciata al Presidente degli USA durante la scanzonata I Hate ("have you seen Donald Trump's face, It looks like it's been hit by a truck"). Se c'è una nota dolente, mi tocca ammetterlo, riguarda certamente la durata del concerto: con ormai dieci dischi all'attivo ci si aspetterebbe un live di almeno un paio d'ore; purtroppo, invece, Mike ha augurato al suo pubblico la buonanotte dopo appena 13 brani, quando tutti noi avremmo volentieri cantato a squarciagola ancora per un bel po'. Nonostante questo, ci ha lasciati con il cuore ricolmo di gioia e la fortissima voglia di tornare a sentirlo il prima possibile.

La bellissima photo gallery è a cura del nostro Renato Anelli.