"That rock’n’roll, eh? That rock’n’roll, it just won’t go away. It might hibernate from time to time and sink back into the swamp. I think the cyclical nature of the universe in which it exists demands it adheres to some of its rules. But it’s always waiting there, just around the corner, ready to make its way back through the sludge and smash through the glass ceiling, looking better than ever”.
Era il 2014 e alla cerimonia di premiazione dei BRIT Awards, un frizzantino Alex Turner ritirava il premio come British Album Of The Year regalandoci un discorso che sarebbe rimasto nella storia del premio. A distanza di ormai otto anni queste parole potrebbero comunque essere la sintesi perfetta del concerto dei Fontaines D.C. di questo mercoledì all’Alcatraz di Milano. I cinque ragazzi cresciuti sotto la pioggia della capitale irlandese, regalano infatti quasi un'ora e un quarto di rock dritto senza alcun intermezzo, capace di fare alzare il pubblico dalle sedie sin dal primo attacco di chitarra, con qualche comprensibile sforzo da parte dello staff dell'Alcatraz per contenere il crescente entusiasmo. L'energia e la sincerità che sono alla base del fascino dei Fontaines D.C. vengono subito alla ribalta, ed il frontman Grian Chatten è la perfetta rappresentazione di tutto questo, con il suo accento marcato (tutt'altro che pulito ma personalissimo e incredibilmente espressivo) e con una presenza scenica magnetica come poche. Nel corso di tutto il concerto sbatte con violenza l'asta del microfono, si tira la maglietta, scatta sulle note dei suoi compagni con slanci irregolari e con un fare scomposto che quasi ricorda il compianto Ian Curtis. Allo stesso modo anche il resto della band va di pari passo, tenendo la scena con la freschezza irriverente e rumorosa di chi sembra nato per stare su un palco.
Quello che colpisce è l'aver consolidato una personalità tanto definita nel giro di solo un paio d'anni. I Fontaines D.C. hanno infatti dato prova di aver saputo costruire in brevissimo tempo un suono personalissimo, nonostante le prossimità stilistiche a gruppi come Cure e Joy Division ne rendano chiari i riferimenti e le radici. Sul palco dell'Alcatraz il quintetto irlandese ripropone parte dei suoi due album, Dogrel e A Hero's Death, dando prova di essere riusciti a costruire in questi anni un equilibrio tra vecchio e nuovo, tradizione e contemporaneità, aprendosi al grande pubblico ma proponendo al tempo stesso un racconto di energia, sesso, spensieratezza, istinto e inopportuna spregiudicatezza. That rock’n’roll, eh?