Parlando del più e del meno ci si chiede cosa si fa nel weekend, questa settimana mi è capitato di rispondere che venerdì sera sarei andata a vedere Weyes Blood e di rimpallo più di qualcuno mi ha detto che non sapeva chi fosse. Sospiro di rassegnazione, ci sta, magari non è il tuo, ma sappi che la ragazza ha due album classificati come "best new music" su Pitchfork: Titanic Rising con un bel 8.5, mentre l'album pubblicato l'anno scorso And in the Darkness, Hearts Aglow si è aggiudicato un altrettanto dignitoso 8.4. Insomma, qui non si scherza. Non appena è stata annunciata la data della cantautrice americana in Italia, per presentare proprio quest'ultimo lavoro, mi sono immediatamente appuntata sulla Moleskine l'evento. Diciamocelo molto sinceramente, quanto ci ricapiterà di rivederla qui da noi?
Per l'occasione l'artista suona sul palco più piccolo dell'Alcatraz: non siamo in moltissimi, ma come si dice pochi ma buoni. Tra il pubblico si intravede qualche artista della scena indie italiana. Weyes sale sul palco intorno alle 20.50 (un sogno) e si presenta come una fatina: i lunghi capelli lasciati cadere dietro le spalle, indosso un lungo abito bianco che le arriva fino ai piedi accompagnato da una mantellina simil trasparente che volteggerà a destra e a sinistra seguendo i movimenti sinuosi della cantante. Fin da subito ciò che fa rimanere a bocca aperta è la sua voce. Weyes Blood è un mix tra Enya e Joan Baez, una contemporanea Joni Mitchell, la vocalità e il sound affondano le radici nella tradizione del cantautorato americano più alto e nobile. Nei 14 brani che compongono la setlist la voce non sbava nemmeno una volta, arriva sempre calda, profonda e limpida: raggiunge picchi altissimi in brani eterei e spirituali come God Turn Me Into A Flower e In The Beginning, che arriva su richiesta per ultima.
Ad accompagnare la sua incantevole e magnetica voce da moderna crooner c'è la band: una chitarra, un organetto, un piano e una batteria, che insieme danno forza ai pezzi creando sonorità avvolgenti e cinematografiche. A Lot's Gonna Change e Something to Believe dal vivo sono due piccole gemme. La ciliegina sulla torta sarebbe stato un quartetto d'archi a dare ancora più spinta e vigore, come negli album: avrebbero reso l'atmosfera letteralmente magica.
Nonostante il concerto su piccola scala i fan sono ipnotizzati, lei sul palco sia che impugni il microfono e fluttui da una parte all'altra, sia che imbracci una chitarra acustica, sembra una sacerdotessa, e all'annuncio dei brani si sentono urla d'eccitazione e applausi vigorosi. Tra un brano e l'altro Weyes Blood ci racconta che questo è il suo centesimo concerto e ci chiede se crediamo nell'oroscopo, dal pubblico qualcuno grida e la incita a dirci di che segno è, pare sia dei gemelli, ma ora si sente dello scorpione, ed effettivamente se ci pensiamo bene il live ha quel sapore un po' mistico da ragazza alternativa con la passione per le carte astrali e i cristalli. A completare il quadretto verso la fine ci dice che spesso la sua musica viene descritta come "music to smoke weed to", ed effettivamente potrebbe avere perfettamente senso.
Ulteriore nota di merito per i visual che campeggiano alle sue spalle. Dopo aver utilizzato delle immagini di repertorio del documentarista Adam Curtis su God Turn Me Into a Flower, su Movies ci troviamo a ripercorrere la storia del cinema con un'incessante loop di scene tratte da film iconici, da Shining a La città incantata, quasi a ribadire l'atmosfera Tumblr che aleggia sul pubblico per l'ora e mezza di concerto. A coronare questa sensazione all'uscita intravedo un paio di ragazze con dei cappellini appena acquistati al banchetto del merch con su scritto "I love movies", una scena che mi fa rincasare con il sorriso e le orecchie dolcemente accarezzate che ringraziano sentitamente.
Qui sotto trovate la fotogallery del nostro Renato Anelli.