“Bologna vista da Ferrara è sempre stata una specie di America per me. Quei quaranta chilometri di treno regionale mi portavano in un altro mondo. Cercavo i posti che aveva disegnato Pazienza, quelli che aveva raccontato Tondelli, quella di Radio Alice. Nel settantasette erano arrivati i carri armati in piazza Verdi. Cercavo una storia già finita e ne trovavo un’altra ancora viva. L’ho sempre frequentata, ci ho vissuto, l’ho lasciata, ci sono tornato a suonare dappertutto. Per me Bologna è un sogno ricorrente.”
Le luci della centrale elettrica si sono spente da qualche anno, ma Vasco Brondi, che ora prosegue la carriera col suo nome anagrafico, splende comunque più luminoso che mai e il concerto del Sequoie Music Park di Bologna di martedì scorso è stata l’occasione perfetta per confermarlo nuovamente.
Su un palco spoglio, che si limita a raccogliere le ombre dei musicisti e dello stesso Vasco Brondi, il cantautore ferrarese riesce a costruire fin dalle prima note una sintonia immediata con il proprio pubblico con brani che lavorano per immagini interiori molto forti e su suoni che seguono il flusso costante dei testi, riuscendo a valorizzare sia i propri monologhi che i silenzi che li seguono. Quello di Bologna è stato infatti un concerto che ha vissuto per due ore sull’alternanza di musica, racconto, poesia e silenzi, accostando momenti più essenziali e minimali ad arrangiamenti molto più sontuosi e articolati. In piedi o seduto su uno sgabello Vasco Brondi propone molti dei brani del suo ultimo lavoro, Paesaggio dopo la battaglia (Ci abbracciamo e Mezza nuda) ma anche classici della sua discografia (Quando tornerai dall’estero, Le ragazze stanno bene, La Terra l’Emilia la Luna), spesso riarrangiati per sposare sintetizzatori e pianoforti, archi e chitarre elettriche, cori e percussioni sintetiche. Questo concerto non rinnega infatti niente del passato ma mostra piuttosto tante facce della stessa anima, raccontando l’evoluzione di Brondi degli ultimi 15 anni e di come da ragazzo inquieto abbia trovato la serenità di oggi.
In 26000 giorni, brano di apertura del concerto, Vasco Brondi canta «Siamo diventati adulti per tentativi» ed effettivamente questo verso racconta perfettamente gli ultimi 15 anni, suoi e del proprio pubblico. Seduti tra le sedie del Sequoie Music Park si poteva infatti scorgere un pubblico effettivamente cresciuto insieme al cantautore ferrarese, partito dalla rabbia di Canzoni da spiaggia deturpata che raccontava di una generazione in balia degli eventi e senza punti di riferimento, per poi diventare “adulta per tentativi” tra fallimenti personali e collettivi. Ci si evolve in modo o nell’altro, senza perdere la propria natura, e questo concerto ne è un perfetto manifesto.
Di seguito qualche scatto del concerto: