06 gennaio 2021

Cento brani per conoscere meglio Alex Turner

Tra gli argomenti per la preparazione di un esame universitario di teatro contemporaneo, non può mancare la menzione di Robert “Bob” Wilson, dramaturg americano noto soprattutto per i suoi vuoti scenici riempiti dalla sola presenza dell’attore. Nel 2013, questi allestì una riproposizione dell’Odissea accompagnato dagli istrioni del Teatro Nazionale greco, gettando il guanto della sfida alla crisi che stava devastando il loro Paese. Punta di diamante non vista sul palcoscenico, il traduttore dal greco Simon Armitage, poeta inglese. Questo piccolo invito alla rappresentazione è in parte attinente a quanto verrà esposto in questo articolo, perché in esso è riassunto lo straordinario carattere sororale delle arti.

Piccolo uomo spettinato e dalle guance ancora segnate dall’acne giovanile, a soli ventun anni Alexander David Turner era considerato da una delle menti più eccelse del Regno Unito (Armitage, per l’appunto) un ragazzino molto vicino all’apposizione “poeta”. Scrisse così l’intellettuale nel «The Guardian» qualche mese dopo l’ascolto dei primi due album degli Arctic Monkeys, Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not e Favourite Worst Nightmare:

I parolieri non sono poeti. O le canzoni non sono poemi, potrei dire. Infatti, le canzoni sono spesso delle pessime poesie. Togliete ad esse la musica, quello che otterrete è un imbarazzante brano di scrittura creativa pieno di goffe sillabe, rime kitsch, cliché consumati e metafore confuse. Ma oggi, tra tutti quelli che compongono musica, Turner è il più poetico. Il suo pervasivo uso della rima interna necessita di essere ammirato ed invidiato. Laddove alcuni compositori inabili ad affrontare altro al di fuori dei drammi della propria vita, dunque i loro diari, Turner è più che capace di scavalcare la propria esperienza, producendo e raccontando drammi piccini popolati da personaggi osservati con acume.

Armitage curò nello stesso anno un libriccino contenente i testi del giovane autore, Great Lyricists, Alex Turner, volto ad illustrare l’unicità del suo stile, cristallizzatosi durante l’età adulta: allitterazioni, uso di termini di origine latina, rima interna, metafore post-moderne, personificazione di oggetti; uno sguardo disincantato e una mente capace di produrre l’ideale nella concretezza dei “tipici nati sotto il segno del Capricorno”. Tutto questo sembra straordinario.

Eppure, il tempo scorre e lui ci guarda serafico mentre esegue piroette ebbre (o lisergiche?), sgrana gli occhi ancora lucenti e si inceppa nel bel mezzo di una conversazione perché “sta cercando il termine giusto, quello di prima non era adatto” per descrivere le sue impressioni. Respira, esegue, non osserva un punto specifico del locale in cui è stato introdotto con la forza. Non si ricorda le parole della canzone più amata dai suoi fan e ride come una capra. Però, a fine incanto, si sistema la chioma riccia e va a chiacchierare con i suoi ascoltatori. Una ragazza lo ferma e gli racconta che ha deciso di studiare musica all’università grazie a lui. Lui dice con la sua indimenticabile pronuncia nasale: “ma io non sono abbastanza bravo con gli strumenti” e si piange addosso da perfetto complessato. Pare che il ricevente dei messaggi non abbia compreso del tutto a che altezza sia arrivato nella piccola scala a pioli del successo.

In occasione del compleanno del leader degli Arctic Monkeys, ho selezionato cento brani di artisti che hanno influito sulla sua formazione musicale, un lungo accompagnamento alle vostre mansioni quotidiane che spazia dall’indie della prima generazione ai canti afro americani, dai pezzi classici del rock britannico ai lai degli yankee, senza dimenticare la sua natìa Sheffield: il romantico senza speranze Richard Hawley, gli eccentrici Pulp, gli psichedelici Moonlandingz. Durante la divertente cernita, mi sono sfuggite le mani e l’affascinante cifra tonda ha causato il mio desistere dall’aggiungere ulteriori titoli, quali quelli degli amici Dizzee Rascal e Reverend And The Makers, di cui consiglio vivamente l’ascolto. Non preoccupatevi, in alternativa c’è la sezione dedicata alle lingue neolatine più sensuali.

Fonti: interviste, racconti su Tumblr al limite dell’inverosimile, l’imbarazzante storia trash di Instagram in cui lo si vede sbardellato cantare Smooth del duo delle meraviglie Rob Thomas e Santana al suo cane palesemente disorientato, la mia (ancora) piccola esperienza personale, playlist realizzate per Spotify sotto il nome di The Last Shadow Puppets, tanta passione e poca razionalità.