If You Asked For A Picture Blondshell
8.0

Un boato sempre più grande per raccontare tragedie sempre più intime. Dal 2022, ogni qualvolta lasciamo che Sabrina Teitelbaum, in arte Blondshell, ci accompagni alla fine di una sua canzone l’istinto ci fa tirare un sospiro di sollievo: assieme alla sua voce abbiamo attraversato uno scenario incendiario e, se non se siamo usciti vincitori, almeno ne siamo usciti. Ma le fiamme, il bruciore, l’odore di plastica sciolta erano già tutti lì, in quel “Burn” ripetuto all’infinito in quel singolo d’esordio meravigliosamente grunge e rallentato che è stato Olympus. In If You Asked For A Picture gli stessi elementi non hanno intenzione di abbandonarci, anche se, tra urla liberatorie e domande esistenziali, sarà tutto amplificato.

Se il suo album di debutto era incentrato sulla voglia di urlare la mal sopportazione per chi la circondava, nelle 13 tracce di If You Asked For A Picture, la Blondshell 28enne mette in discussione principalmente se stessa, facendo i conti con dei loop di pessime scelte nei quali si vede intrappolata (T&A, Two Times). Musicalmente Teitelbaum non si stravolge ma acquisisce profondità, e sotto la sapiente guida da Yves Rothman, si addentra in un sound più rimbombante rispetto al rock minimalista dell'album d'esordio, scegliendo, tra le altre cose, un utilizzo più abbondante di background vocals (Thumbtack, 23’s A Baby).

Blondshell
Blondshell | (c) Daniel Topete

Iperdettagliata e iperpersonalistica, talvolta grottesca e decadente, Blondshell compone la scaletta di questo album nell’ordine in cui le canzoni sono venute alla luce. Thumbtack, letteralmente “puntina”, è in apertura, una ballad a cavallo tra folk e grunge che ci introduce in punta di piedi nell’universo autodistruttivo di If You Asked For a Picture (You're a thumbtack in my side / A dog bite / You distract / From what's worse so I will let you). È un incipit piccolo di un album che diventerà traccia per traccia sempre più grande. In T&A, pubblicata come singolo a gennaio 2025, il volume si alza, le chitarre elettriche cominciano a grattare e su un ritmo stonato Blondshell racconta la delusione di un amicizia ha lasciato degenerare in sesso: “Letting him in, why don’t the good ones love me?”.

Molto più che nel suo esordio Blondshell si mostra cruda, senza risparmiarsi vocaboli e descrizioni esplicite, a suo dire necessarie, per buttare fuori il marcio. Mentre nei visuals di T&A vediamo i gancetti di un reggiseno che si slacciano, in What’s Fair, urlo a perdifiato contro le ingiustizie della vita, dove risuonano velatamente accuse alla madre assente, sputa fuori dai denti sprazzi di un’adolescenza sregolata: “I grew up fast without you / Did my lashes in the bathroom / And some things you’d like to skip / Sixteen, sucking dick / In the bathroom”.

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Con Two Times, un respiro di chitarra acustica in una tracklist che sta diventando sempre più frenetica che, Blondshell raggiunge il picco di ironia autocommiserativa. Intersecandosi con la sua stessa doppia voce, elenca tutti i pregi del bravo ragazzo che la vuole, ma di cui lei si annoia subito (“Once you get me I get bored”). L’incapacità di trovare gioia in una situazione di equilibrio è un tema ben più grande di una singola canzone, una sindrome generazionale di chi è cresciuto spendendo ore davanti ai trope delle serie televisive. Se nello scorso album scomodava l’educazione sentimentale ricevuta da Veronica Mars (o meglio dal suo partner in crime: “Logan's a dick / I'm learning that's hot”), a questo giro la quota citazioni televisive è riservata a Tony Soprano, nel brano Events Of Fire (il fuoco, come vedete, centra sempre). Quest’ultimo è un brano rock pensieroso, dove un già flebile arpeggio di basso quasi scompare sovrastato da un flusso di coscienza: sembrerebbe quello di chi attraversa in macchina un paesaggio che conosce bene e mistificando un passato che sul momento sembrava banale ed ora è eccitante rispetto alla noia della vita adulta.

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Superando velocemente 23’s A Baby, un pop-rock allegretto e un po’ ruffiano dove il bridge carico di rancore è la parte forte, arriviamo alla coda dell’album. Change è uno sbalorditivo delirio di onnipotenza ed autodistruzione che parte lento, ancestrale, per diventare più serrato ed inquisitorio man mano che la personalità di chi canta si disvela, dichiarando con la crudezza che caratterizza tutto l’album, quanto sappia essere orrenda.

You thought you married somebody's friend
But I stay at home
Unless I feel like giving you hell
Falling in love
A slut
An uppercut at all of the parts

I tried and can't
Romance
It's not my fault it's who I am

-Change, Blondshell

Blondshell
Blondshell | (c) Daniel Topete

L’ennesima e conclusiva esplosione la troviamo in Model Rocks. Una Blondshell che ha buttato fuori di tutto e non ha risolto niente, rimane immersa nell’immobilismo dell’indecisione, frastornata dalle luci delle serie tv, è convinta che “Life may be happening somewhere else” e allora sulle note di questo blues rallentato fa una strana richiesta: se qualcuno si diverte a giocare coi modellini dei razzi potrebbe farli esplodere nel suo appartamento. Ancora il fuoco che risolve tutto.

Con questo secondo album Sabrina Teitelbaum infittisce il mistero su se stessa e cristallizza gli elementi del suo stile, che potremmo definire gothic-grunge e che ricorda tanto il realismo sporco dei romanzi di Ottessa Moshfegh. Che sia tramite suoni taglienti o una psichedelia rallentata, Blondshell racconta quegli attimi di marcio che ritornano in mente come un’istantanea e fanno storcere il naso, per poi bruciare tutto e non chiedere nessuna assoluzione.

Blondshell
Blondshell | (c) Daniel Topete