È settembre 2015. Ho un dizionario di greco in mano (no, non il Rocci, l'altro) quando un amico del liceo, mette il suo iPhone 5c in posizione orizzontale e mi mostra sul sito di Repubblica un videoclip di un bambino occhialuto mai visto prima che balla a ritmo di musica. Esattamente tre mesi dopo, il cantante si rivela in un altro video: un semplice piano sequenza mentre suona il piano in una Roma desolata, notturna. Il cantante era Calcutta e le canzoni Cosa mi manchi a fare e Frosinone.
Un cantautore che, nel recente passato, è stato capace (tutt'oggi uno dei pochissimi) ad unire un pubblico molto vasto, eterogeneo, con un'età media indecifrabile. Forse qui risiede la forza del latinense, che con Mainstream prima e Evergreen poi ha (re)inventato un genere che o era morto o c'era ma era assopito da così tanto che nessuno si ricordava più come suonasse.
Ora Relax. Respiriamo. Magari non prendiamoci un sospiro lungo di cinque anni, ma immergiamoci pur sempre con i piedi di piombo nel nuovo lavoro di Calcutta. Diverso, sì, ma che vuol dire, poi, in fin dei conti?
Nessun singolo ad anticipare il disco. Un video ASMR pubblicato due giorni prima dell'uscita ha anticipato tutti i testi, ma sfido chiunque a superare il minuto e mezzo dall'inizio, perché la voce di tale Sara risulta essere più straziante che interessante. Come dice, ritengo giustamente, uno dei commenti più di tendenza sotto al video: "Edoardo si potrà anche ergere a genio indiscusso nella storia della musica italiana, [...] Ma mi conferma al 200% che è completamente impazzito."

Anche un po' indirettamente, la maggior parte della fanbase di Calcutta (e non solo), si era fatta venire l'idea (o l'angoscia) di non poter ascoltare mai più una sua canzone cantata da lui. Effettivamente, tra tutte, Mare di guai cantata da Ariete a Sanremo dell'anno scorso è stata quella che più mi ha lasciato sorpreso: un brano talmente calcuttiano che, a tratti, mi è quasi dispiaciuto che qualcun altro l'abbia cantata per lui, come fosse stata un po' un'appropriazione indebita. E mi aspettavo fuori dall'Ariston un coro che ne rivendicasse la paternità. Il coro è arrivato, ma quasi un anno dopo e come traccia d'apertura del suo nuovo album di inediti.
E questo Coro noi vorremmo tanto vederlo live, senza alcun sample preregistrato. Un tour annunciato prima dell'album, che farà tappa in pressoché tutto lo Stivale con tutte le date già sold out sulla fiducia. Sarà difficile inserire alcuni di questi nuovi brani e farli dialogare per bene con quelli che invece sono invecchiati meglio. Ricordo anche che Briciole non aveva deluso come intro di un disco, ma a supportarla in Evergreen c'era la hit Paracetamolo. Qui abbiamo Giro con te. Una traccia easy listening ma... soltanto dal secondo ascolto in poi. Probabilmente prolissa e incredibilmente limitata da un punto di vista testuale, cosa apparsa come una novità per il cantautore, ma che si rivela una costante in Controtempo, in cui però il verso
Non ero mai finito a letto con una di destra
vale, da solo, il prezzo del vinile.
Dopo tre pezzi ci ritroviamo in mano un disco di cui non capiamo ancora effettivamente il valore. Se in 2minuti sfioriamo la banalità, in cui il ritornello cerca in tutti i modi (e a tutti i costi) di essere catchy senza rivelarlo o volerlo essere propriamente, in Tutti ritroviamo la penna caduta a terra ad Edoardo. Quella che aveva perso un po' la rotta. È uno dei due pezzi migliori del disco. E, soprattutto per uno come lui, che non voleva essere atteso, ma si è rivelato, per forza di cose, molto atteso, è un po’ poco.
Tanto lo so che lo sai che non so
is the new Mi ha detto che lei, gli ha detto che tu le hai detto di noi, però si rivela essere l'apice compositivo (assieme a SSD, che merita un commento a parte) post Se piovesse il tuo nome.

Il premio occasione persa dell'intero lavoro va a Intermezzo3, in cui credo fosse quantomeno necessario scriverci qualcosa sopra. Ed è proprio questo passaggio tra l'intermezzo e il brano successivo SSD, che dà la massima spinta alla fatica. Ricordare qualcuno, in memoria (SSD, per l'appunto) è difficile farlo a parole, figuriamoci musicarlo. Calcutta ricorda la madre con una poesia struggente. Perché "non è, non è qui". È un pugno molto forte, amaro, l'unico capace, in tutto Relax, di arrivarti ben assestato. Forse anche un po' basta con questa narrativa che ogni canzone di Calcutta debba far piangere per forza, ma mai prima d'ora Calcutta è stato così intimo. Si rivela in
Perché non volete mai restare al buio?
Io ci sarò comunque, resterò seduto
come quasi a giustificarsi per i cinque anni fuori dalle scene.
E quando proprio ti aspetti che il disco abbia finalmente una fisionomia, abbia deciso che piega e che registro linguistico-musicale prendere, arriva Loneliness. Un cambio, forse eccessivo, troppo diversa dalla canzone precedente. Chiaramente voluto, ma che lascia forse proprio a SSD quel posto di solitudine: una grande canzone in mezzo ad una marea di mediocri, comunque pensate, comunque ragionate, lavorate, ma, probabilmente, non basta. In Loneliness l'ascoltatore attento impazzisce quando ascolta il dettaglio al secondo 56 in cui basso e mormorio vocale si incrociano, dando alla canzone quella spinta in più rispetto alle molte altre simili o che sanno di già sentito, come un giro a vuoto mangiando Ghiaccioli, che sottolinea più una stanchezza che una rinascita di Calcutta, con pochi guizzi nella scrittura, che era poi la cifra che lo caratterizzava nei due lavori precedenti.
Reinventarsi sì, ma forse dovrei Preoccuparmi, perché questo brano prova a dare una carica emotiva cantilenante, riuscendoci poco. O non come il brano vorrebbe e si prometterebbe di fare.
Ininfluente ai fini del giudizio finale Allegria…, che con "Spezzandomi come pane carasau" tocca anche un po’ le vette auto-ironiche di chi ha provato, in questi cinque anni, a scimmiottare Calcutta e il suo birignao. Forse la meno riuscita dell’intero album, per di più piazzata alla fine. Credo si possa fare un po' di più. Anche un po' più che di più.
Finito il disco ho rimesso su Rai. Provateci anche voi. Quasi stride.
Ma lungi da me fare un elogio dei bei tempi andati. Non crogioliamoci troppo. L'iPhone 5c aveva una marea di bug di sistema e infatti è stato tolto dal commercio.
Comunque Calcutta, in un modo o nell'altro, è tornato. Lo ha fatto a modo suo. E gliene si deve dare atto.
Come si deve dare atto del fatto che l’indiepop per come lo conoscevamo è finito da un pezzo ed è necessario abbracciare, anche magari un po’ controvoglia e storcendo il naso, un'evoluzione come lo è Relax.
Fine del sospiro.